il Fatto Quotidiano, 27 novembre 2025
Ah già, Gaza
Sparita dai radar dei media dopo l’accordo di Sharm el Sheikh, da un mese e mezzo la Striscia di Gaza è precipitata nel limbo. Tra la fase 1 del piano Usa-Paesi arabi (la tregua) e la fase 2 (l’improbabile disarmo di Hamas e l’arduo ritiro di Israele, da sostituire con una forza di stabilizzazione per avviare la ricostruzione), c’è l’inverno. Che i 2 milioni di palestinesi affrontano senza un tetto, al freddo, nel fango, tra liquami, detriti e rifiuti. I più fortunati hanno una tenda, quasi sempre sventrata dai nubifragi, ma le organizzazioni umanitarie ne hanno portate solo 3.600, più 129 mila teloni e 87 mila coperte. Servirebbero rifugi e prefabbricati, ma non se ne vedono. Il rapporto appena pubblicato dall’Unctad, l’agenzia Onu per i paesi in via di sviluppo, racconta che “è in gioco la sopravvivenza stessa di Gaza, sprofondata in un abisso creato dall’uomo”. Due anni di cosiddetta guerra hanno “eroso tutti i pilastri della sopravvivenza umana”: scuole, ospedali, forni, negozi alimentari, farmacie. E, “vista la distruzione sistematica subita, esistono seri dubbi sulla capacità di Gaza di ricostruirsi come spazio vitale e società”. L’economia della Striscia è decimata (-87%) e “serviranno decenni per recuperare la qualità della vita pre-ottobre 2023”. Intanto in Cisgiordania “la violenza, la rapida espansione delle colonie e le restrizioni agli spostamenti dei lavoratori hanno fatto regredire il Pil ai livelli del 2010”.
Solo chi è in malafede e non vuol dare a Trump quel che è di Trump può negare la svolta del 13 ottobre: fino ad allora Israele uccideva in media 100 palestinesi al giorno. Nell’ultimo mese e mezzo le vittime dei raid criminali dell’Idf sono scese a 345, cioè a 7 al giorno: un numero spropositato, ma pur sempre 1/14 di prima. Oggi però l’emergenza più urgente è un’altra: l’inverno all’addiaccio di 2 milioni di persone, per il 40% minori, prive di tutto. Interessa a qualcuno, ora che è finito il derby tra chi urlava al genocidio sionista e chi strillava all’antisemitismo filo-Hamas? Due mesi fa la Meloni, per polemizzare con la Flotilla, sentenziò: “Non c’è bisogno di rischiare la propria incolumità e infilarsi in un teatro di guerra per consegnare aiuti che il governo italiano potrebbe consegnare in poche ore”. Che aspetta a lanciare un ponte aero-navale a Gaza con la Protezione civile, che in tante calamità costruì in poco tempo villaggi di prefabbricati e case di legno? Si spera che non sia un problema di soldi, visti quelli che buttiamo in armi per noi (anche simpatici ordigni nucleari e al fosforo bianco) e per gli ucraini (inclusi quelli col cesso d’oro). E dove sono gl’intrepidi Volenterosi europei, sempre pronti a sperperare miliardi in bombe, missili e truppe? Guardino le immagini che arrivano da Gaza e si vergognino.