La Stampa, 27 novembre 2025
Carolina Rosi: "Luca De Filippo a teatro fino all’ultimo Giovani sempre stanchi, senza cazzimma"
Molti, per superficialità, sostengono che Carolina Rosi sia una donna fortunata: figlia dell’immenso regista Francesco Rosi, moglie dell’indimenticato Luca De Filippo, dunque nuora di un monumento come Eduardo, nipote prediletta della stilista Mariuccia Mandelli, in arte Krizia, che rese celebre la moda italiana nel mondo. Carolina Rosi la sua fortuna l’ha pagata cara e solo grazie a una forza irresistibile, a una grande umanità e a insegnamenti saldi, è riuscita a salvarsi integra, volitiva, positiva. Proprio grazie a questo coraggio torna in scena, a Napoli, con la Compagnia Luca De Filippo su produzione Gli Ipocriti Melina Balsamo e Teatro di Napoli-Teatro Nazionale con Non ti pago! di Eduardo De Filippo, a dieci anni esatti da quell’ultima regia di Luca De Filippo, morto il 27 novembre del 2015 a pochi giorni dal debutto. Il protagonista, interpretato da un inedito Salvo Ficarra, è il proprietario di un banco Lotto ereditato dal padre. Proprio da lui aspetta i numeri vincenti per diventare milionario. Ma il padre appare in sogno al suo impiegato creando una serie di esilaranti equivoci.
Carolina, non deve essere stato facile riprendere da dove Luca aveva lasciato. Tutto le parlerà di lui giusto?
«Ho adottato il motto di mio padre: “Andiamo avanti”. E mi è ancora più pesante seguirlo visto che siamo circondati dal nulla. Per vent’anni abbiamo voluto raccontare il Paese e dare un senso al concetto di Cultura oggi colpevolmente affossata. È pericoloso istruire, far pensare. Così la gente senza stimoli si è appiattita verso il basso. Tramandare valori è complicato».
Lei però è un’ottimista.
«In tutto ma non in questo, non vedo riscatto nelle giovanissime leve. Colpa nostra. Io ho sessant’anni e la mia generazione ha goduto del benessere in un’epoca economicamente migliore senza pensare a chi sarebbe venuto dopo».
Che vita è stata la sua, diciamocelo, privilegiata?
«Sono nata da due genitori già grandi, persone colte, di esperienza, con un vissuto ricco da tramandare. Io cerco di restare attaccata a quel senso di memoria. Mio padre mi portava in giro per musei, sui set, mi faceva scoprire le diversità e mi dava una panoramica della vita anche attraverso i libri che mi faceva leggere. Franco Rosi viveva per la Cultura. Consideri che aveva attraversato l’inferno».
In che senso scusi?
«Perse una figlia, Francesca, avuta della sua compagna Nora Ricci, (la prima moglie di Vittorio Gassman) a 15 anni in un incidente stradale nel 1969. Quell’incidente lo segnò per sempre ma rimase fermo per me, anche in seguito».
Si riferisce alla tragedia che uccise sua madre Giancarla Mandelli sorella di Krizia?
«Sì, mia madre soffriva di un inizio di demenza senile e nell’accendersi una sigaretta in casa causò un incendio e morì senza riuscire a chiedere aiuto. Mio padre la vide bruciare viva senza poter fare nulla. Fu terribile, voleva morire ma si fece forza per me».
Anche lei ha avuto una forza incredibile.
«Dovevo resistere, in un solo anno, sono morti mio marito, mio padre e mia zia. Mi sono trovata da sola a proteggere la memoria di tutti. Luca oltretutto aveva avuto un’infanzia complicata, la sorella adorata morta bambina in un incidente al Terminillo, il padre sempre in tournée. Era pieno di dolori ma sempre in scena. Vedo i giovani attori senza quella “cazzimma”, sempre stanchi, non reggono il ritmo».
Le manca non avere figli?
«All’inizio concordammo che non era il caso, i figli avuti da una sua precedente unione erano piccoli. Poi non sono venuti, ci ho provato anche con la fecondazione ma era tardi. Non ne ho sofferto troppo. Ho sempre avuto pochi parenti, senza tradizioni comuni».
Come è andata avanti?
«Tenendo le fila di tutto, restituendo la testimonianza che se non lo faccio io rischia di morire. Da questa esigenza nasce il documentario su mio padre che parla del Caso Mattei e Le mani sulla città, due film imperdibili. Spesso vado a Torino, al Museo del Cinema. Franco donò i suoi materiali al Museo, li tengono benissimo. Lì c’è un pezzo del mio cuore».
Poi?
«Ho portato avanti la compagnia di Luca fedele alla tradizione ma innovando. Ho cercato regie importanti come Marco Tullio Giordana e Roberto Andò. Per Non ti pago! ho ripreso la direzione di Luca, ritrovato scene e costumi che volle lui e usato un video delle sue prove. Eravamo tutti commossi, una scelta emotivamente dolorosa».
Dopo?
«Sto pensando a una mostra su Krizia. Poi si chiude il cerchio. Non posso essere una testimone a vita. Libera e bella sul mercato. Ho aperto un’azienda agricola con 60 ettari di ulivi, in Maremma, si chiama Scovaventi. Adoro il mio olio».
Lei è nata a Natale.
«Il mio 60° compleanno lo voglio fare in aereo».