La Stampa, 27 novembre 2025
Roberto Bolle: "A 50 anni devo fare i conti con i limiti del mio corpo Ma non toglietemi la Sacher"
«Oggi mi concentro molto sul sentimento della gratitudine, anche perché a 50 anni, poter continuare a vivere queste esperienze non è scontato. C’è sempre l’adrenalina, l’emozione ma cerco di assaporare ogni istante sul palco». Roberto Bolle vive un momento felice, mentre parla persino la sua voce sorride. Ha incantato dai palcoscenici più importanti del mondo con la sua danza, un singolare mix di precisione, carisma, grazia ed eleganza. Da 35 anni l’étoile della Scala di Milano affascina il pubblico, sperimentando e raccontando a suo modo storie. L’ultima è quella di Caravaggio, pittore iconico che ha cambiato la storia dell’arte. È lui in un balletto in due atti, con la coreografia di Mauro Bigonzetti, musica di Bruno Moretti, scenografia e luci di Carlo Cerri. Andrà in scena al Teatro Regio di Torino da oggi a sabato 29 novembre.
Perché Caravaggio?
«Il balletto è concepito come un ponte tra la pittura e la danza. Porto in scena l’essenza di Caravaggio, non la sua storia. Lo interpreto duettando con figure che rappresentano la luce, la bellezza, l’ombra. Si scava nell’interiorità in maniera profonda. Il secondo atto, in particolare, è molto introspettivo con momenti drammatici, delicati e forti. La parte in cui c’è il sangue, l’assassinio è un viaggio nelle emozioni. La sua vita è molto lontana dalla mia, questo ha reso ancora più interessante interpretarlo. Dopo Torino saremo a Genova e, a inizio 2026, a Hong Kong».
Questo 2025 cosa le ha regalato?
«Un anno intenso, ricco di eventi, momenti belli in palcoscenico. Molto emozionate è stata OnDance, con migliaia di ragazzi in piazza. L’entusiasmo e la gioia che hanno mi commuove. Vale la pena lavorare contro tutti e tutto per essere un esempio, un riferimento per loro».
Cosa le chiedono i ragazzi che si avvicinano alla danza?
«Molti sanno che non diventeranno mai dei ballerini professionisti nei teatri italiani. Allo stesso tempo reputano la danza come un momento di felicità, libertà, crescita e benessere. Gli dona equilibrio, cosa preziosa in un mondo sempre più digitalizzato».
Da due anni porta la danza tra la gente anche con la Fondazione che porta il suo nome.
«L’idea della Fondazione nasce dall’esigenza di voler fare qualcosa in più per i giovani, per la danza, per rendere quest’arte più inclusiva. L’abbiamo portata in undici scuole medie di Milano. È un esperimento che credo li aiuterà a livello di crescita personale oltre ad avere più fiducia in sé stessi».
Aveva la voce rotta, quando le hanno conferito la laurea magistrale honoris causa in Pratiche, linguaggi e culture della comunicazione. Cosa l’ha più emozionata?
«C’era mia mamma in prima fila e, ricordando gli inizi, le difficoltà e i sacrifici fatti dai miei genitori, mi sono emozionato a tal punto che ho dovuto interrompere la lectio. La famiglia è sempre stata un punto di riferimento importante, loro mi hanno trasmesso i valori per combattere per quello che si reputa importante. Oggi, sapere di poter ripagare le loro fatiche, è una gioia».
Cosa ricorda di quegli inizi?
«Lo stress e le insicurezze erano tante, soprattutto, appena promosso primo ballerino a La Scala. È successo tutto velocemente: opportunità, ruoli, responsabilità e non mi sentivo all’altezza. Non le ho vissute benissimo ma il mantra è sempre stato di cercare di dare il massimo, focalizzandomi sull’impegno e sul risultato».
Il corpo è lo strumento con cui si rapporta da tutta la vita. Oggi cosa le dice?
«Si lavora spesso sul dolore, le difficoltà aumentano. La quotidianità della lezione è, a volte, frustrante perché devi confrontarti con i tuoi limiti e, oggi, a quasi 51 anni, sono molti più che a 20. La parte bella è la scena, dietro c’è un percorso in cui ci vuole grande determinazione e forza di volontà».
Doti che non le mancano, quindi continuerà a danzare?
«Sì. Ho progetti già programmati fino a dicembre 2026».
L’ipotesi di vederla alla direzione della Scala?
«Non c’è una scadenza imminente. Se n’è parlato per un futuro, senza una data. Adesso c’è Frédéric Olivieri direttore del corpo di ballo, di cui tutti sembrano soddisfatti. Al prossimo cambio e giro di valzer, forse, ne riparleremo».
La sua quotidianità è un esempio di disciplina all’ennesima potenza. Sgarra ogni tanto?
«Sgarro nel cibo perché mi appaga. Mangio tanto e, per fortuna, consumo altrettanto. Tutto ciò che contiene il cioccolato fondente mi piace: gelato, torta caprese, Sacher. Quando torno a casa mi cucinano sempre i risotti. Lo scorso anno, in vacanza in Costiera, ricordo una pasta alla Merano e dei ravioli capresi, da perdere la testa».
Si allena sempre sette ore al giorno?
«Dipende dai periodi. A volte tre ore, quando devo preparare uno spettacolo, almeno sei o sette, tra lezione e prove».
A febbraio si esibirà alla cerimonia di Chiusura delle Olimpiadi Milano Cortina 2026.
«Dopo Torino 2006 ritorno alle Olimpiadi. Inizieremo le prove a gennaio. Sono felice perché lo spirito olimpico è coinvolgente, positivo e fa bene in questo tempo così oscuro. Unisce i valori dello sport come fratellanza e lealtà. Parla più di pace che di guerra e ne abbiamo bisogno».
Restando in tema sport, ne pratica qualcuno?
«Il nuoto. Mi piacerebbe giocare a tennis, per divertimento. È uno di quegli sport che non annoiano. Vedere un tennista che gestisce lo stress, la pressione, come ad esempio ha fatto Cobolli l’altro giorno in Coppa Davis, è incredibile. Ha dimostrato grande personalità e carattere».
Tanti lutti hanno segnato questi ultimi mesi. L’ultima grande artista ad andarsene è stata Ornella Vanoni. Che ricordo ha di lei?
«Era venuta in trasmissione a Danza con me, nel 2021. Ricordo una donna divertente, libera, spontanea, andava a ruota libera e, a volte, diceva anche delle parolacce. Allora dovevamo ripetere la registrazione. Tante risate. Abbiamo perso un monumento della musica italiana».
La moda italiana, invece, ha perso Giorgio Armani. Lei lo conosceva da molto tempo.
«Il primo incontro risale a quando ero a scuola di ballo, avevo partecipato come paggetto a Borgo Nuovo, a Palazzo Armani, a una festa con Sofia Loren e le top model. Tutto molto glamour io ero intimidito sullo sfondo. Poi, a 22 anni, sono stato invitato alla prima sfilata, accolto dalla porta principale. Giorgio Armani era elegante, gentile, attento a tutto, ha lasciato un segno indelebile».