Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  novembre 27 Giovedì calendario

Il vulcano etiope Hayli Gubbi si risveglia dopo 12mila anni. “In Italia tanti attivi ma monitorati”

Decine di voli di linea cancellati, o dirottati su percorsi alternativi. È questo, al momento, il bilancio dell’eruzione, iniziata domenica mattina, del vulcano etiope Hayli Gubbi, le cui ceneri sono salite in cielo per migliaia di metri, prima di essere trasportate dalle correnti verso oriente. Dopo aver sorvolato il Mar Rosso e l’Oman, hanno raggiunto perfino Delhi, causando non pochi problemi al traffico aereo indiano.
Il vulcano sorge in un’area desertica e sostanzialmente disabitata, forse anche per questo non si hanno notizie di eventuali danni locali riconducibili all’eruzione. Ma se l’Hayli Gubbi ha fatto notizia, non è tanto per le conseguenze delle sue ceneri, quanto per essersi risvegliato dopo ben 12mila anni.
L’eruzione etiope non ha però sorpreso gli scienziati. “Molto dipende dalla conoscenza che si ha di questi vulcani”, spiega Raffaello Cioni, professore di vulcanologia all’Università di Firenze. “Quelli come l’Hayli Gubbi, che si trovano in aree molto remote, sono poco studiati e monitorati. Niente a che vedere rispetto ai vulcani italiani. Io ho partecipato a spedizioni sul campo a sud di Addis Abeba, ma mi risulta che nelle vicinanze del vulcano che ha eruttato domenica (800 km a nord-est della capitale etiope, ndr) non ci siano piste su cui atterrare: per gli studiosi anche solo raggiungerlo è un’impresa”.
Ma occorre andare sul posto, per capire come sta un vulcano? Non esistono osservazioni che è possibile fare da satellite? “Per comprendere la storia geologica passata e recente, l’unico mondo è andarci fisicamente”, risponde Cioni. “Le notizie che abbiamo dell’Hayli Gubbi dicono che ha eruttato l’ultima volta 12mila anni fa, ma forse studiando in dettaglio la geologia dell’area potremmo scoprire che ha avuto episodi più recenti, e saremmo meno sorpresi dagli eventi di queste ore. Per quanto riguarda le osservazioni via satellite, è possibile osservare dal cielo le deformazioni del terreno che possono precedere un’eruzione. Però si deve decidere di dedicare un satellite, nel suo passaggio su un certo territorio, al monitoraggio di uno specifico vulcano. Ma nella Rift Valley africana ce ne sono centinaia…”.
Per convenzione si definiscono “estinti” i vulcani la cui ultima attività eruttiva risale a più di 10mila anni fa. “Ma anche dopo tanto tempo è possibile che si risveglino”, avverte Cioni. “L’età dell’ultima eruzione non è per forza quella che determina se un vulcano è da considerarsi ancora attivo o meno. Si tratta di una convenzione, appunto”.
Succede anche in Italia? “Certo. L’esempio classico sono i Campi Flegrei. Ci fu una grandissima eruzione 15mila anni fa, poi l’attività vulcanica è stata discontinua e concentrata in periodi di centinaia di anni, con intervalli anche di 3-4000 anni tra un ciclo e l’altro”. Altri esempi sono più lontani nel tempo: “I vulcani laziali, come Bolsena o i Vulsini, che ormai non eruttano da 150mila anni, in un lontano passato hanno avuto cicli di attività intervallati da decine di migliaia di anni di quiete”.
“I vulcani attivi in Italia sono tanti”, continua lo scienziato. “Le Eolie, con Stromboli attualmente in attività, Vulcano (1888) e Lipari (1300). Rimanendo al Sud, Pantelleria, con la sua eruzione sottomarina a fine Ottocento. L’Etna non se ne parla nemmeno... A Ischia l’ultima eruzione del Monte Arso c’è stata nel 1302. Ai Campi Flegrei nel 1538, e ora come sappiamo sono in una fase di risveglio. L’ultima eruzione del Vesuvio è del 1944. Quella dei Colli Albani, vicino Roma, è invece di circa 20mila anni fa, e in questo caso siamo all’interno della definizione di vulcano estinto. Anche se in generale preferisco il termine dormiente, più usato dagli anglosassoni. Dormiente ma all’origine di grandi rischi è per esempio il vulcano sottomarino del Monte Marsili, al largo delle coste calabresi e siciliane, la cui ultima attività risale a 3000-5000 anni fa”.
La differenza, rispetto all’etiope Hayli Gubbi, è proprio lo stretto monitoraggio a cui sono sottoposti i crateri italiani. “Li teniamo tutti sotto controllo”, conferma Cioni. “Ma le reti di monitoraggio dipendono anche dai segnali che i vulcani ci mandano. I Campi Flegrei che erano già ben monitorati a partire dal 1982, in questa nuova crisi sono stati messi ancor più sotto osservazione”.
Per ora Hayli Gubbi non desta preoccupazione, se non per chi si appresta a volare su quei cieli. “Ma l’interferenza con il traffico aereo è abbastanza scontata in caso di eruzione”, conclude Cioni. “Quando una colonna eruttiva si alza fino a 10-15 chilometri, viene poi dispersa dai venti di alta quota. E le regole dell’aviazione civile sono molto severe: bastano pochi milligrammi di cenere per metro cubo di aria per bloccare i voli”.