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 2025  novembre 26 Mercoledì calendario

«Grazie a mia figlia sono uscito dal buio»

Tommaso Paradiso ha un’ossessione: quella per le case. «Sono come Nanni Moretti in Caro diario, che andava in giro per Roma a visitare case. Così faccio io. Ognuno di noi occupa nel modo che ritiene più opportuno il proprio tempo libero: io sto per ore sui siti immobiliari», racconta il 42enne cantautore romano, che ha voluto intitolare il suo nuovo album semplicemente Casa Paradiso. Esce venerdì ed è il frutto di una rivoluzione silenziosa ma radicale, che dopo i due precedenti dischi da solista, Space Cowboy del 2022 e Sensazione stupenda del 2023, ha visto l’ex leader dei Thegiornalisti cambiare casa discografica (da Universal a Sony), promoter (da Vivo Concerti a Live Nation) e pure ufficio stampa. L’obiettivo? Tornare ad essere, dopo la crisi di questi anni, il ragazzo d’oro del cantautorato italiano contemporaneo, quello che da Completamente a Non avere paura non ne sbagliò una. Le voci lo vogliono in gara al Festival di Sanremo 2026: «Per statistica, prima o poi tocca». Intanto ci sono le 10 canzoni di questo disco, che vedono Paradiso pescare a piene mani dai suoi miti, Antonello Venditti, Stadio e Luca Carboni (citato anche in un brano) su tutti. Le presenterà con il tour nei palasport al via in primavera, che passerà a Roma il 18 e 19 aprile: «Parlano di storie di vittorie e sconfitte, di chi fugge e chi resta».
Quando ha vinto, Paradiso?
«Mai. Non ho mai avuto la tentazione di sedermi sugli allori e non mi sono sentito arrivato neanche per un secondo».
Neanche davanti ai 45 mila del Circo Massimo nel 2019, apogeo del fenomeno Thegiornalisti?
«Ero talmente preso da quel concerto, dall’euforia, che non mi ricordo nulla. Neppure le sensazioni. Fu un momento strano».
Dieci giorni dopo lasciò la band. I Thegiornalisti hanno lasciato un vuoto nel pop italiano?
«A me non mancano, però a qualcuno forse sì. Io ancora li rappresento in qualche modo».
I Beatles cantavano: «Ragazzo, dovrai portare quel peso sulle spalle a lungo». Lei sente il peso della band?
«Prima sì: sembrava che non si riuscisse a parlare d’altro. Oggi sono più rilassato».
La nascita della piccola Anna, ad aprile, avuta dalla sua compagna Carolina Sansoni, non è una vittoria?
«Quella è un dono. Come la fede: ti arriva dall’alto. Un’esperienza sublime».
La paternità in cosa l’ha cambiata?
«Mi sento maturo, ormai sono un damerino. Me la godo da quando è sveglia a quando va a dormire».
Non c’è una canzone dedicata a Anna: sarebbe stata scontata?
«È nata dopo che l’ho scritto. In futuro è inevitabile che ne scriva una».
Vittorie mai. Sconfitte, invece?
«Sì. La musica, quando la scrivi, nasce anche da dolori e dispiaceri. Ci vuole un po’ di tristezza per mettersi a scrivere qualcosa».
Cosa non andava, nella sua carriera?
«Nel 2019 annunciai il mio primo tour solista nei palasport. Le vendite stavano andando. Poi scoppiò il Covid. Iniziò una discesa in un momento buio. Sono stato male a livello personale».
L’ha aiutata la terapia?
«Sì. E pensi che quando sono arrivato per la prima volta dalla mia terapeuta non riuscivo neppure a respirare».
Oggi si sente in purgatorio o in paradiso?
«In paradiso. Ho una figlia appena nata, una compagna meravigliosa e una squadra che lavora per me come non mi era mai successo prima. E in più, c’è questo disco».
Chi è Setak, con il quale duetta in “Ma come fanno i rapper”?
«Un amico cantautore, Nicola Pomponi. Ci esibivamo con le rispettive band in un locale di San Lorenzo che ora non c’è più, il Lian Club. Ci lega un’amicizia ventennale».
«Mi mancano i cani sia i nostri che I Cani, la band», canta in “Comunque splendido": intende dire che le manca quel periodo del cantautorato romano in cui il business non era ancora entrato nelle vostre vite?
«No, mi mancava proprio la band di Niccolò Contessa: avevo scritto la canzone prima della reunion e ho voluto lasciarla. Per me la musica non è mai diventata un business. Neppure quando registrai Riccione. La scrissi, con un titolo diverso, per Luca Carboni. Ma la sentivo troppo mia: ho chiesto scusa a Luca e me la sono tenuta».
Carboni lo cita in “Forse": «Farsi dei viaggi giganti ascoltando Carboni». Gliel’ha fatta ascoltare?
«Sì. Mi ha mandato un video in cui aveva gli occhi lucidi. Sarò suo ospite al concerto al Palazzo dello Sport di Roma, il 12 marzo».
A proposito di viaggi: è vero che questo disco lo ha scritto in monopattino?
«Vero. In giro per Roma. La mia via preferita è via Aldrovandi, che costeggia il Bioparco. Lì ci vive Baglioni, in una casa pazzesca. Gli ho chiesto se volesse vendermela. Ha rifiutato».
Che cosa è andato a fare a casa di Baglioni?
«Nel 2018 voleva portarmi in gara a Sanremo. Avrei portato Questa nostra stupida canzone d’amore. Ma non avevo la mentalità. Ci rimase male: “Hai fatto una cavolata"».
Si rifarà a febbraio: ci sarà, non è vero?
«Le persone del mio entourage mi guardano con aria minacciosa (ride)».
Sembra una conferma.
«Mi dicono che non posso rispondere: che le devo dire? A breve lo scopriremo. In questo momento è l’unico evento che cambia le sorti discografiche di un artista».