La Stampa, 26 novembre 2025
"Travolto dal successo e dalla solitudine di Milano Riparto dalle cose Storte"
«Non puoi deluderli. Non puoi fermarti. O ti dimenticheranno». Oggi quella vocina – così presente, così assidua per tantissimi anni – è diventata solo un’eco lontana per Lorenzo Fragola: è ancora lì, da qualche parte nella sua testa, alla stregua di una paura ancestrale ma ormai non comanda più lei. Non detta più il passo delle sue giornate, né delle sue scelte. Toglierle quell’enorme potere che si era conquistata non è stato facile: ci sono voluti anni di terapia, il dolore del lutto, l’amore di tutti quelli che lo circondavano («l’affetto dei cari ha fatto molto la differenza»). Per questo non lo vedevamo da un po’. Fragola ha scelto di prendersi il suo tempo – quello giusto, che era necessario – per occuparsi di Lorenzo: non il personaggio sotto i riflettori, che aveva vinto X factor (nel 2014) e, appena ventenne, calcato per ben due volte il palco dell’Ariston, ma il ragazzo che nel rincorrere i suoi grandi sogni aveva finito per perdere di vista se stesso. Così lo è andato a cercare, anche perché senza di lui non riusciva più a comporre: «Ho avuto un blocco creativo piuttosto lungo – commenta -. Avrei potuto cantare brani scritti da terzi, per restare comunque sotto i riflettori, ma ho preferito tornare sul palco solo quando avevo tutto chiaro. E ora ce l’ho». Da oggi è disponibile il suo nuovo singolo Storte. «Una canzone sulla maturità emotiva, sul sapersi lasciare andare senza distruggersi, sul riconoscere le crepe senza smettere di volersi bene».
Nemmeno la musica leniva il dolore?
«Le canzoni sono uno specchio dell’anima e quindi mi buttavano addosso tutta la mia inadeguatezza, bloccandomi. Inoltre ci mettevo del mio, perchè entravo negli studi di registrazione avendo come unico pensiero il lancio di una nuova hit: il brano che doveva piacere, che potesse avere un percorso radiofonico. Dovevo inanellare successi, per non trasformarmi in una meteora: era la mia grande paura. Deludere e sparire. Oggi invece entro in studio senza pretese: scrivo la cosa più sincera che posso, bella o brutta che sia. Spero che il pubblico apprezzi proprio questo: il fatto che non prenda scorciatoie. Come ho fatto con Storte».
Qual è la cosa più difficile quando il successo ti esplode in faccia a 19 anni?
«Gestire i rapporti, sia lavorativi che personali. A 19 anni uno dovrebbe fare i primi lavori, farsi le ossa e capire come ci si muove invece, vincendo X factor, sono entrato dalla porta principale del professionismo. Ho avuto a che fare con figure come l’avvocato o il commercialista che un adolescente di base non frequenta. Ero chiamato a prendere delle decisioni importanti, quando ero ancora acerbo. E poi c’è la difficoltà delle relazioni personali: vivevo una dicotomia tra personaggio pubblico e privato, finendo per concentrarmi sul primo. Così nel momento in cui mi sono fermato mi sono trovato drammaticamente solo».
I suoi genitori non le consigliavano di rallentare?
«Se io, che c’ero dentro, non avevo gli strumenti per capire come fosse cambiata la mia vita, figurarsi loro che erano lontani, in Sicilia, e del tutto estranei a questo contesto. Tuttavia sentivo che dovevo proteggermi così coinvolsi nel mio team persone a me vicine: promossi ad agente un amico di famiglia, e lo stesso feci per la gestione dei social. Sapevo che i loro consigli sarebbero stati disinteressati: se dovevo crescere in fretta, lo avrei fatto insieme a loro. Forse fu un errore: in certe situazioni mi consigliavano non sulla base dell’esperienza, che non avevano, ma della vicinanza emotiva».
Oggi cosa direbbe al Lorenzo di X Factor?
«Lo abbraccerei, poi gli direi che anche le cose difficili saranno utili. La maturità è questo: leggere occasioni di crescita in ciò che non va come vorremmo».
Dopo X factor, le propongono subito Sanremo: il primo pensiero?
«Mi dico: “Non sono pronto”. Quella che portavo a Sanremo era la seconda canzone che scrivevo in tutta la mia vita... e mi chiamavano Big. Qualcosa mi stonava: è inevitabile chiedersi se sia giusto essere lì, ma la voglia di sfondare e la paura di perdere dei treni sono tali che ho accantonato le remore e sono andato. Il sistema musicale sarà malsano, perché ti spinge a cavalcare il successo e non ti aiuta, ma anch’io ci ho messo del mio»
Quando le cose sono andate storte?
«Dopo due album e due Sanremo, mi sono fermato e lì, nel cuore di Milano, la solitudine mi ha travolto: non avevo coltivato molti legami extra lavoro e passavo il tempo chiuso in casa. Risultato: non riuscivo a scrivere. In fondo era inevitabile: solo se vivi la vita – tutta quanta, non solo il lavoro – hai qualcosa da dire».
Poi cosa succede?
«Ho cercato di tenere duro un paio d’anni finchè, stremato, sono tornato in Sicilia: ero convinto che lì, nella mia terra, tra gli amici di sempre, mi sarei ritrovato in fretta. Invece il malessere era più profondo di così perchè ero cresciuto a livello anagrafico ma non come persona: non sapevo chi ero, quale artista volessi diventare. Poi mio papà si è ammalato di cancro, è morto, e con il lutto sono arrivati gli attacchi di panico: mi assaliva un’ansia assoluta che mi impediva di fare cose banali come prendere la macchina, andare a fare la spesa. L’ansia stava occupando la maggior parte della mia vita».
Era depresso?
«Sì, ma ancora non lo sapevo. Solo andando in analisi ho capito che gli attacchi di panico erano legati alla depressione. Ci ho lavorato, è stato un lavoro lungo, ma mi ha aiutato l’amore delle persone e anche tornare a fare le cose normali, come la spesa o una passeggiata».
La lezione più importante?
«Chiedere aiuto: prima non lo facevo mai. E che non è mai finita, finchè non è finita».
Ha anche detto: “La vittoria ha tanti padri, la sconfitta è orfana”. Si è sentito tradito dal suo team?
«Chi deve capire, capirà. Preferisco non aggiungere altro: quando non ho nulla di carino da dire, taccio».
La rivedremo sul palco di Sanremo?
«Ho proposto un brano a Carlo Conti. Domenica sapremo se sono nei Big…».
Oggi c’è spazio anche per l’amore?
«Lo canto in Storte. Parlo di un amore finito (in generale ma anche pensando a una persona in particolare…) ed esprimo il desiderio che, anche se in modo diverso, si possa rimanere nella vita dell’ex. L’amore in fondo è questo: prendersi cura dell’altro».