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 2025  novembre 26 Mercoledì calendario

Bambini iperconnessi: tra 0 e 6 anni il 61,4% usa il tablet o lo smartphone ogni giorno

Bambini sempre più digitali e iperconnessi. Si incomincia già a pochi mesi: il 61,4% tra 0–6 anni utilizza uno schermo ogni giorno. Quasi la metà comincia tra i 2 e i 3 anni. Sono i dati che emergono dall’indagine nazionale “Bambini Digitali”, condotta su 6.666 famiglie dall’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullismo (Di.Te.) in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria Condivisa (Sipec). Una ricerca che segue di pochi giorni gli Stati generali della Pediatria e l’indicazione di non dare l’uso esclusivo dello Smartphone e di internet prima dei 13 anni.
È una generazione che cresce osservando lo schermo e non più il mondo reale. Nel 16,9% dei casi, i bambini restano incollati allo smartphone o al tablet per più ore nell’arco della giornata. Ma è soprattutto l’esordio così precoce a preoccupare gli esperti: il 41,5% incomincia tra i 2 e i 3 anni, in piena fase di massima plasticità cerebrale, e quasi uno su cinque (19,3%) prende confidenza con lo schermo già a 2 anni.

L’errore più comune è usare lo smartphone come ‘ciuccio digitale’ quando sono piccolissimi, come ‘baby sitter’ da bambini per poi provare a imporre divieti quando crescono. I pediatri ricordano che un uso eccessivo e precoce di dispositivi a 3-5 anni modifica la struttura cerebrale provocando problemi di sviluppo e memoria. “Si può limitare lo sviluppo del bimbo – spiega Giuseppe Lavenia, psicoterapeuta e presidente di Di.Te. –.Non dobbiamo più girarci intorno. Il cervello di un bambino piccolo ha bisogno di terra, mani sporche, sguardi, voce. Noi invece gli diamo un touchscreen. E lo facciamo in massa: 61,4% dei 0–6 anni davanti a uno schermo ogni giorno, 16,9% per più ore. Risultato? Meno linguaggio, meno attenzione, meno capacità di sopportare la frustrazione. Non è opinione: è quello che vediamo nei dati e nei comportamenti quotidiani. Se togliamo al bambino il mondo reale, cresce un bambino povero. Non nelle cose: nelle connessioni neuronali”.

Studi scientifici hanno osservato nei bambini piccoli esposti a tv, smartphone o tablet disturbi comportamentali e dell’apprendimento. Secondo i pediatri Sip, mezz’ora in più al giorno rispetto a 15 minuti di uso medio possono raddoppiare il rischio di ritardo del linguaggio nei bambini sotto i 2 anni.

La ricerca di Di.Te. rivela che nell’81% dei casi i bambini usano lo schermo da soli, senza una reale supervisione adulta. Quando il dispositivo viene tolto, il 57,7% manifesta irritabilità o rabbia e il 21,8% arriva a crisi di pianto o opposizione. Dopo l’uso, uno su cinque (20,8%) presenta iperattività o difficoltà di attenzione, mentre il 25,3% chiede insistentemente di tornare allo schermo.
“Stiamo crescendo bambini che sanno scorrere un display prima ancora di imparare a stare dentro le proprie emozioni –aggiunge Lavenia –. La tecnologia diventa il vero problema quando prende il posto della relazione. Se uno schermo calma, distrae, addormenta, il bambino non impara più a riconoscere la noia, la rabbia, la tristezza. Le spegne. Scappa da ogni frustrazione dentro uno schermo. Se ogni volta che piange gli metti un video, gli stai dicendo: “Non sei in grado di gestirti”. E lui ci crederà. Le emozioni, prima o poi, tornano a chiedere spazio. Sono la base dell’autonomia, della resilienza, della vita. La verità è semplice: se non educhiamo alla frustrazione, educhiamo alla dipendenza”.
Oggi il cellulare è uno strumento che domina la scena. Si consulta in cucina per leggere una ricetta, a volte fa compagnia a tavola, è accanto a noi sul divano per chattare con gli amici o leggere le notizie. E ci sono neo mamme che lo consultano mentre allattano il neonato. Difficile per un bimbo, vedendo i genitori sempre attaccati allo schermo, capire che si tratta di un oggetto da usare con cautela.
“Se un bambino vede ogni giorno la madre e il padre con lo smartphone in mano, impara due cose: che quell’oggetto è più interessante di lui e che la relazione passa attraverso un display. Un bambino piccolo non distingue il lavoro dal tempo libero.
Vede solo adulti ipnotizzati da un oggetto luminoso. E allora imita. E allora pretende. E allora cresce pensando che senza schermo non si possa vivere. La prima dipendenza non nasce nel bambino: nasce nel genitore che non riesce a posare il telefono. Un genitore che dice “staccati dal telefono” ma vive con il cellulare in mano sta educando al contrario di ciò che dice. I bambini non ascoltano le parole: imitano i comportamenti”, dice Lavenia.
Ogni minuto trascorso davanti a uno schermo è quindi tempo sottratto a questi pilastri dello sviluppo. Fra le conseguenze negative anche una cattiva qualità del sonno, che nei piccoli non dovrebbe essere un problema. Secondo i dati della ricerca l’11,3% dei bambini fatica ad addormentarsi dopo aver usato dispositivi digitali, il 22% ha un sonno più agitato nelle giornate di maggiore esposizione e l’11,5% dorme con un dispositivo elettronico vicino al letto. Tutto questo avviene dentro un contesto familiare altamente connesso: nel 60,3% dei casi i genitori utilizzano lo smartphone in presenza del figlio.
Ma allora quando è corretto dare lo smartphone ai bambini? “La domanda corretta non è “a che età?”, ma “per farne cosa?”. Perché a un bambino lo smartphone non serve proprio a niente. Non gli serve per crescere, non gli serve per socializzare, non gli serve per imparare. Serve agli adulti, per stare più comodi. Uno smartphone è un oggetto da adulti, punto. Serve maturità emotiva, non anni. Sotto i 12 anni: non ha alcun senso. Dai 12 ai 14 anni: solo se c’è un motivo concreto (autonomia, spostamenti). E dai 14 ai 16 si può iniziare a ragionare di responsabilità. Ma smettiamola di regalare il cellulare perché “ce l’hanno tutti”. Non si educa copiando la massa: si educa pensando al futuro di chi abbiamo davanti”, dice Lavenia.
Quindi, ricorda l’esperto, per una buona crescita diventa fondamentale smettere di usare il digitale come sedativo. “Gli schermi si gestiscono insieme, non da soli. Un bambino non dovrebbe avere un dispositivo personale, né usarlo per calmarsi, né per addormentarsi, né a tavola. Il digitale può essere utile ma solo dopo regole, relazione e competenze emotive. Se il digitale diventa la soluzione facile, allora sì: diventa una dipendenza”, aggiunge Lavenia.
Molti ragazzini oggi sono completamente dipendenti dal cellulare e lo usano in modo compulsivo. Urge quindi un’educazione alla cittadinanza digitale. “È già tardi. Serve un educazione emotiva digitale – conclude Lavenia –. I bambini entrano nella rete prima di entrare in una strada da soli. E online trovano di tutto: sfide, pornografia, odio, sconosciuti, algoritmi che li studiano. Serve insegnare: cosa si può condividere e cosa no, cosa è pericoloso, cosa ferisce, come difendersi e come chiedere aiuto. E serve farlo presto. Perché il mondo digitale non aspetta che un bambino sia pronto… lo travolge”.