la Repubblica, 26 novembre 2025
Le cinque età del cervello. Adolescenti fino a 32 anni, poi comincia il declino
La vita non è una strada dritta. Ai bivi e alle svolte è abituato anche il nostro cervello, che dalla nascita fino ai 90 anni attraversa cinque età, si tramuta in cinque forme e ci accompagna lungo cinque panorami diversi.
Il più significativo è l’adolescenza, durante la quale avvengono le maggiori trasformazioni. Lungi dall’essere confinati all’età dei teenager, i suoi cambiamenti iniziano intorno ai 9 anni e si concludono intorno ai 32. A quest’età l’organizzazione del cervello si stabilizza e si raggiunge l’apice delle capacità cognitive, che poi non si modificano più di tanto fino ai 66 anni e iniziano a declinare dopo in modo via via più marcato.
A fissare i cippi miliari dello sviluppo cerebrale è stata l’università di Cambridge, in Gran Bretagna. Forte dei suoi importanti studi di neurologia, ha tirato fuori dai cassetti, e da quelli delle università statunitensi con cui collabora, quasi 4mila risonanze magnetiche del cervello di persone da zero a novant’anni.
L’analisi di così tanti test (3.802 per l’esattezza) ha permesso agli scienziati di individuare i quattro momenti chiave della vita in cui l’organizzazione dei neuroni cambia, modificando anche le abilità cognitive. La ricerca è pubblicata da ieri su Nature Communications.
«L’idea che le trasformazioni avvengano a età fisse e rigidamente predeterminate per tutti va presa con estrema cautela, perché ognuno ha il suo sviluppo individuale» spiega Gabriele Miceli, neurologo e professore a contratto dell’università Cattolica di Roma. «Lo studio suggerisce però che il cervello non si modifica in modo regolare nel tempo. Al contrario ci sono momenti critici della vita in cui diversi aspetti dell’organizzazione cerebrale ondeggiano, prendono direzioni diverse, in qualche caso anche opposte rispetto al passato».
Il primo tratto di strada inizia con la nascita e arriva a 9 anni. In questa fase il lavoro principale del cervello è fare ordine fra la ricchezza di sinapsi con cui è venuto al mondo. Solo le connessioni fra i neuroni usate di più sopravvivono a quest’epoca di sintesi. Le altre, considerate ridondanti, vengono eliminate. Il volume del cervello aumenta rapidamente insieme allo spessore della corteccia, la sua parte più evoluta.
La seconda età del cervello, la tanto temuta adolescenza, può essere invece chiamata l’epoca d’oro. L’efficienza delle connessioni e le capacità cognitive continuano ad aumentare. Fra le varie aree cerebrali c’è affiatamento e capacità di scambiare impulsi in modo rapido ed efficiente.
Questa è però anche, avvertono i ricercatori, la fase in cui possono emergere le malattie mentali. «È un rischio da intendere in modo relativo», precisa Miceli. «Tutto matura in questo periodo. Si sviluppano non solo la memoria, il linguaggio, la capacità di navigare lo spazio che ci circonda, ma anche l’emotività e il tono dell’umore che ci accompagneranno da adulti».
Il termine dell’adolescenza, riconoscono i ricercatori di Cambridge, «è fissato nei Paesi occidentali attorno ai vent’anni, ma si tratta di una convenzione figlia di fattori sociali, storici e culturali, più che di una definizione biologica».
Dal punto di vista del cervello, la svolta più netta è proprio quella che segna l’ingresso nell’età adulta. Dall’inizio della quarta decade si potrebbe dire che i giochi son fatti, ma è proprio a questo punto che tutte le frecce puntate verso l’alto iniziano a invertire la direzione.
«Lo studio non tiene conto di tanti fattori», avverte però Miceli. «Le attività in cui ci impegniamo e il modo in cui esercitiamo le nostre capacità cognitive hanno enorme importanza per la traiettoria degli anni successivi. I dati di risonanza magnetica esaminati nello studio offrono una fotografia statica del cervello di gruppi di individui presi in diversi momenti della vita, ma non possono mostrare come il cervello di ciascuno si evolva nel tempo».
Né la ricerca (come riconoscono gli autori) tiene conto delle differenze di sesso o dei momenti di passaggio significativi anche per il cervello, come la gravidanza o la menopausa.
Se dai 32 ai 66 anni il cervello procede con una tranquilla navigazione, sfruttando il vento rimasto dalla gioventù, al terzo punto di svolta bisogna rimboccarsi le maniche per mantenere la nave in efficienza. Il primo consiglio dei ricercatori è controllare la pressione sanguigna, uno dei principali fattori legati alle demenze.
Il quarto e ultimo cambio di passo, fissato a 83 anni, lascia comunque uno spiraglio per vedere il bicchiere mezzo pieno. «Il cervello comincia ad avere sempre meno cellule – spiega Miceli – ma impara a sfruttarle al massimo. Già a partire dai 66 anni le sue aree non sono più riccamente collegate come durante l’adolescenza. Risolvere i problemi usando la creatività e cogliendo le dimensioni meno evidenti di una questione diventa più difficile rispetto all’adolescenza. Le strutture cerebrali che restano però, almeno nei volontari in buone condizioni osservati dallo studio, continuano a funzionare con la migliore efficienza possibile».