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 2025  novembre 26 Mercoledì calendario

«Ci ha dato un diuretico durante il colloquio, per poi impedirci di andare in bagno, e vederci soffrire»: l’accusa di 250 francesi a un ex funzionario del governo

Quasi 250 donne alle quali sarebbero state somministrate sostanze stupefacenti o diuretici durante un colloquio di lavoro. In un luogo impensabile: il ministero della Cultura. Un caso che ha dell’incredibile adesso al centro di un’inchiesta penale, racconta il Guardian, riprendendo alcune dichiarazioni che le protagoniste di questa vicenda hanno rilasciato a diversi quotidiani locali, lamentandosi della lentezza della giustizia.. 
Quando Sylvie Delezenne, esperta di marketing di Lille, era alla ricerca di un lavoro nel 2015, è stata felicissima di essere contattata su LinkedIn da un responsabile delle risorse umane del ministero della Cultura francese, che l’ha invitata a Parigi per un colloquio, racconta il quotidiano britannico, ripercorrendo la storia. «Era il mio sogno». Che invece si è trasformato in incubo. 
Un giudice istruttore sta ora esaminando le accuse secondo cui, nell’arco di nove anni, a decine di donne convocate per un colloquio di lavoro da un alto funzionario pubblico, Christian Nègre, sarebbero stati offerti caffè o tè mescolati con un potente diuretico illegale, che lui sapeva avrebbe provocato loro la necessità di urinare.
Nègre suggeriva spesso di continuare le interviste all’aperto, durante lunghe passeggiate lontano dai servizi igienici, raccontano le donne. Molte di loro ricordano di aver lottato con il bisogno di andare in bagno e di essersi sentite sempre più a disagio o a soffrire fisicamente.
Alcune, in preda alla disperazione, raccontano di aver urinato in pubblico o di non aver raggiunto il bagno in tempo, bagnandosi i vestiti. Alcune hanno provato un senso di vergogna e fallimento che ha avuto un impatto sulla loro vita successiva, hanno raccontato.
«Non sapevo nemmeno che potesse esistere questo tipo di violenza», spiega Delazenne.
I primi casi sarebbero stati scoperti nel 2018 a seguito di un’altra inchiesta. Nègre infatti era stato denunciato da un collega per aver tentato di fotografare le gambe di un alto funzionario. La polizia aprì un’inchiesta e gli agenti trovarono un foglio, sul quale Nègre avrebbe annotato gli orari delle somministrazioni di droghe e le reazioni delle donne. Il foglio aveva anche un titolo: «Esperimenti».
Nel 2019, rimosso dal ministero e dal servizio civile, Nègre è stato sottoposto a un’indagine formale con diverse accuse che vanno dalla somministrazione di sostanze stupefacenti alla violenza sessuale. Ma in attesa di processo, Nègre ha continuato a lavorare nel settore privato.
Il processo non è stato ancora celebrato. Ma le recenti dichiarazioni delle vittime hanno riaperto il dibattito su abusi e violenze facilitati dalle droghe, come successo nel caso di Gisèle Pelicot ha rinunciato all’anonimato nel processo a decine di uomini che sono stati giudicati colpevoli di averla violentata dopo che era stata drogata e resa incosciente dal suo ex marito.
Le testimonianze delle vittime di Negrè sono agghiaccianti. «Sentivo un bisogno crescente di urinare», ha detto una. «Mi tremavano le mani, avevo il cuore che batteva forte, gocce di sudore mi scendevano sulla fronte e stavo diventando rossa. Ho detto: ‘Ho bisogno di una pausa tecnica’. Ma lui ha continuato a camminare».
Un’altra ha raccontato che lui le ha proposto di fare una passeggiata, poi lei ha iniziato ad avere bisogno di andare in bagno e ha chiesto di tornare indietro. Invece, lui andò nella direzione opposta. «Mi ha guardato negli occhi e mi ha chiesto: ‘Hai bisogno di fare pipì?’. Era come un adulto che parlava a una bambina. L’ho trovato bizzarro. Avevo una spia rossa nella mia testa che mi diceva che c’era qualcosa che non andava». alla fine arrivo nel bagno di un bar. Ma troppo tardi. Non appena ha visto la porta, ha iniziato a bagnarsi i vestiti.
Alcune donne hanno ottenuto un risarcimento in una causa civile contro lo Stato, in cui il ministero della Cultura non è stato ritenuto responsabile. Ma molte delle vittime devono ancora avere giustizia.