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 2025  novembre 26 Mercoledì calendario

Maga contro Big Tech. L’ultima crepa è l’AI

Destra Maga spaccata anche sulle regole per l’intelligenza artificiale (AI) e l’uso della tecnologia. Da tempo è rivolta nel movimento che ha fin qui sostenuto Donald Trump per il tentativo del presidente di silenziare il caso Epstein dopo averlo denunciato come uno scandalo, ma anche per altro: le divisioni interne su suprematismo bianco, il sostegno a Israele e uno stile presidenziale che, tra costruzione di sontuose sale da ballo e tappeto rosso per i super ricchi, rischia di far perdere alla destra il sostegno della gente comune, i forgotten men. Trump fin qui ha reagito con durezza contro i dissidenti (fino al clamoroso divorzio della sua ex pasionaria Marjorie Taylor Greene) e ha minimizzato le difficoltà affermando di sapere meglio di chiunque altro cosa vogliono i Maga (cosa dubbia), visto che quel movimento l’ha creato lui (cosa vera).
Ora, però, il presidente deve vedersela con un’altra frattura nella sua coalizione, che fa meno notizia ma può avere conseguenze molto più gravi per il fronte conservatore e rischia di indebolire l’America nel confronto tecnologico e geopolitico con la Cina.
I Maga hanno sempre guardato con diffidenza o aperta ostilità i giganti tecnologici schierati con Trump. Dietro gli scontri spettacolari tra Elon Musk (quando era ancora a fianco del presidente) e Steve Bannon, ideologo sovranista e architetto della vittoria elettorale di Trump nel 2016, è cresciuto il malessere dei tradizionalisti per le porte spalancate dal loro leader ai tycoon della Silicon Valley: sostegno a giganteschi piani d’investimento nei data center per l’AI e adesione alle loro richieste di non regolamentare il settore, smantellando anche le norme dell’era Biden.
Sicuro di poter far ingoiare ai Maga ogni cambio di rotta, Trump ha dato carta bianca ai giganti di big tech un po’ perché convinto da loro che ogni regola è un freno nella competizione tecnologica con la Cina, un po’ perché i tecnologi entrati nel suo team l’hanno aiutato a sviluppare il business delle criptovalute col quale la sua famiglia guadagna miliardi.
Nel frattempo, però, molti Stati dell’Unione, decisi a limitare l’onnipotenza dei giganti tecnologici almeno sul loro territorio, hanno cominciato a introdurre regole su vari fronti: dalla protezione della salute mentale dei minori minacciata da un uso senza limiti dell’AI al tentativo di salvare posti di lavoro frenando l’automazione. E i più decisi sono stati i grandi Stati di destra, Florida, Texas, Missouri, Utah: i conservatori sono, infatti, i più diffidenti verso la tecnologia e sono anche i maggiori sostenitori della limitazione dei poteri federali a favore di quelli autonomi degli Stati.
A luglio Trump, spinto dalla lobby tecnologica, ha cercato di neutralizzare tutte queste leggi statali con una norma nascosta nella grande legge di bilancio, il suo Big, beautiful bill: moratoria di 10 anni per l’applicazione delle leggi degli Stati sull’AI. Tentativo votato dalla Camera ma scoperto e sventato all’ultimo minuto dal Senato. Nonostante un voto finale dei senatori piuttosto netto (99 a 1), ora Trump è tornato alla carica con un nuovo tentativo di inserire la moratoria nel Defense Bill, la legge contenente le spese militari. Il leader è uscito allo scoperto con un argomento non infondato: sarebbe caotico gestire lo sviluppo del settore industriale più strategico per il Paese con un patchwork di 50 regole diverse nei 50 Stati dell’Unione.
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Ma stavolta Trump è stato rimbeccato con l’accusa di non aver fatto nulla per creare regole omogenee a livello federale da personaggi di prima grandezza del partito come il governatore della Florida Ron DeSantis, e da suoi alleati storici come il senatore del Missouri Josh Hawley e perfino da una sua ex portavoce: l’attuale governatrice dell’Arkansas Sarah Huckabee Sanders, che ha organizzato una coalizione di 20 Stati conservatori contro il provvedimento chiesto dal suo ex datore di lavoro alla Casa Bianca. Mentre Bannon ammonisce: se Trump continua così, perderemo le elezioni del 2026 e anche le presidenziali del 2028.