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 2025  novembre 25 Martedì calendario

Piantedosi espelle l’imam di San Salvario: “Nega la strage del 7 ottobre, difende i terroristi”

«Sono d’accordo con quello che è successo il 7 ottobre». Mohamed Shahin, imam della moschea Omar Ibn Al Khattab di via Saluzzo, l’ha detto il 9 ottobre scorso nel cuore di Torino, davanti a un centinaio di persone riunite in piazza Castello per festeggiare il cessate il fuoco a Gaza. Una frase che gli è costata il decreto di espulsione dal territorio nazionale per «motivi di sicurezza dello Stato e di prevenzione del terrorismo».
Nato in Egitto, Shahin è in Italia da oltre vent’anni. Qui a Torino ha cresciuto due figli e, da più di un decennio, era alla guida della moschea nel cuore di San Salvario. Per la comunità musulmana un «punto di riferimento». Una persona «di cuore, per bene», a cui potersi affidare.
In questi ultimi due anni più volte è sceso in piazza guidando i cortei pro Palestina: davanti allo striscione, con il microfono in mano, a rappresentare un’intera comunità. Così è stato anche il 9 ottobre scorso quando, al presidio in piazza Castello, ha elencato i numeri delle vittime palestinesi nelle guerre che si sono succedute dal 1948. E ha sottolineato: «Noi non siamo qui per essere con la violenza, ma quello che è successo il 7 ottobre 2023 non è una violenza». Una posizione ribadita anche il giorno dopo, interpellato da La Stampa all’interno della sua moschea: «Condanno sempre la violenza. Ma il 7 ottobre è stata una reazione ad anni di occupazione». Seduto su un divano, su un tappeto persiano rosso davanti a una libreria, ha spiegato: «Il popolo palestinese ha il diritto di difendere la sua libertà. Ha dovuto iniziare tutto questo per cercare di svegliare il mondo perché prestasse attenzione alla sua causa». Non è stato un attentato terroristico quello che è successo il 7 ottobre? «No». E i civili? «Sicuramente non hanno voluto andare contro ai civili».
Frasi che hanno innescato polemiche nel mondo della politica, con la deputata di FdI Augusta Montaruli che ne ha chiesto l’espulsione: «Le parole dell’imam, che minimizzano l’attacco terroristico del 7 ottobre, sono gravissime e inaccettabili». Lui, su Facebook, ha replicato la condanna a ogni forma di violenza, senza però tornare indietro sul 7 ottobre: «Il supporto alla violenza e al terrorismo non ha mai trovato spazio né nella mia vita né in quella della comunità islamica di San Salvario. Anzi, mi sono sempre fatto promotore dei valori sanciti dalla Costituzione italiana, con incontri in moschea dedicati alla lettura della stessa e con iniziative rivolte a condannare gli attentati compiuti negli ultimi decenni».
Poi, il silenzio. Fino a ieri, quando Shanin è stato prelevato da casa sua dagli agenti di polizia. Gli hanno notificato la revoca del permesso di soggiorno e il provvedimento di espulsione dal territorio nazionale proprio per le frasi dette in piazza il 9 ottobre, «un’oratoria» con cui «ha difeso i terroristi di Hamas e legittimato lo sterminio di inermi cittadini israeliani commesso il 7 ottobre» di due anni fa.
Nel 2023 gli era stata negata la cittadinanza italiana perché «erano emersi elementi che non consentivano di escludere possibili pericoli per la sicurezza dello Stato». Lui aveva fatto ricorso, che tutt’ora sarebbe pendente. A maggio scorso era stato denunciato per blocco stradale per aver preso parte alla manifestazione pro Gaza che aveva invaso il raccordo autostradale Torino-Caselle, bloccando il traffico in entrambe le direzioni. Ma, a parte quell’episodio, pare che Shanin non abbia mai avuto guai con la giustizia.
Ieri è stato portato in Questura dove c’è stata la convalida: assistito dall’avvocato Fairus Ahmed Jama, ha fatto richiesta di asilo politico. E ora, nell’attesa che una commissione valuti la richiesta, è stato trasferito in un Centro di Permanenza per il Rimpatrio fuori Regione, perché nella struttura di corso Brunelleschi non ci sarebbe posto.
Nella moschea di via Saluzzo ieri pomeriggio ancora nessuno aveva notizia dell’espulsione dell’imam. Lo attendevano per la preghiera della sera: «È sempre gentile con tutti» dice un fedele, ristoratore di 51 anni. «È troppo bravo – aggiungono un 67enne e un 84enne, l’uno ex macellaio e l’altro operaio in pensione – Questa è una casa per tutti noi e Shanin è un punto di riferimento».