repubblica.it, 25 novembre 2025
Il Vaticano: “Il sesso nel matrimonio è più che fare figli, rafforza l’unione dei coniugi”
La Santa Sede ribadisce il valore della monogamia in una nota dottrinale dell’ex Santo Uffizio che, nata sulla scia del dibattito sulla poligamia praticata da alcuni fedeli africani emersa durante il Sinodo mondiale, riprende il filo del Concilio vaticano II e, arricchendo il ragionamento con citazioni di poeti come Pablo Neruda e Eugenio Montale, arriva ad affermare che “l’unione sessuale, come modalità di espressione della carità coniugale, deve naturalmente rimanere aperta alla comunicazione della vita, anche se ciò non significa che questo debba essere uno scopo esplicito di ogni atto sessuale”. Il documento, un “elogio della monogamia”, è intitolato “una caro”, una sola carne, “il modo in cui la Bibbia esprime l’unità matrimoniale”.
All’origine di questo testo, spiegano in introduzione il cardinale Victor Manuel Fernandez e monsignor Armando Matteo, prefetto e segretario del dicastero per la Dottrina della fede, “ci sono, da una parte, i vari dialoghi con i Vescovi dell’Africa e di altri continenti sulla questione della poligamia, nel contesto delle loro visite ad limina, e, dall’altra, la constatazione che diverse forme pubbliche di unione non monogama – a volte chiamate “poliamore” – stanno crescendo in Occidente, oltre a quelle più riservate o segrete che sono state comuni nel corso della storia”. Durante il doppio sinodo mondiale sulla sinodalità presieduto da papa Francesco nel 2023-2024, infatti, alcuni partecipanti dell’Europa del Nord hanno notato che i vescovi africani, che contestano le aperture pastorali nei confronti dei gay, difendono invece la pratica della poligamia nel loro continente. A questo fine è stato creato un gruppo di studio teologico, presieduto dal cardinale arcivescovo di Kinshasa, Fridolin Ambongo Besungu, che concluderà i lavori a fine anno. Nel frattempo l’ex Santo Uffizio pubblica la sua nota dottrinale per affrontare il tema in positivo – non contro la poligamia, o il “poliamore” occidentale, ma a favore della monogamia – andando però alla radice del dibattito, che ebbe un’accelerazione durante il Concilio vaticano II (1962-1965).
Come sancisce lo stesso codice di diritto canonico, “le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità”, ricorda la nota dottrinale, ma mentre sull’indissolubilità coniugale esiste “un’abbondante bibliografia”, e “questo tema ha avuto molto più spazio nel Magistero, in particolare nel recente insegnamento di molti Vescovi di fronte alla legalizzazione del divorzio in vari Paesi. Sull’unità del matrimonio – il matrimonio inteso, cioè, come unione unica ed esclusiva tra un solo uomo e una sola donna – si trova, al contrario, uno sviluppo di riflessione meno ampio rispetto al tema dell’indissolubilità sia nel Magistero che nei manuali dedicati all’argomento. Per questo motivo, nel presente testo si è scelto di concentrarsi sulla proprietà dell’unità e sul suo riflesso esistenziale: la comunione intima e totalizzante tra i coniugi”. La nota, dunque, non si occupa “dell’indissolubilità coniugale – un’unione che dura nel tempo fino a quando la morte non separi i coniugi cristiani – né del fine della procreazione: entrambi i temi sono abbondantemente trattati nella teologia e nel Magistero”, ma si sofferma “solo sulla prima proprietà essenziale del matrimonio, l’unità, che può essere definita come l’unione unica ed esclusiva tra una sola donna e un solo uomo o, in altre parole, come l’appartenenza reciproca dei due, che non può essere condivisa con altri”.
Un’ampia sezione della nota passa in rassegna gli svariati passaggi sul tema che si possono rinvenire nell’antico e nel nuovo testamento, gli interventi dei Papi, da Innocenzo III a Leone XIV, dei padri della Chiesa, di teologi, ma anche di poeti: a differenza di altri testi analoghi, infatti, il documento dell’ex Santo Uffizio fa ampie citazioni di Pablo Neruda, Eugenio Montale, Paul Eluard (“Noi due”, che era il titolo iniziale della nota dottrinale), Rabindranath Tagore e Emily Dickinson.
Il dicastero per la dottrina della fede, che sotto la guida di Fernandez ha autorizzato la benedizione delle coppie omosessuali ed ha pubblicato di recente una nota dottrinale sulla Madonna, conclude il ragionamento valorizzando due aspetti della “unità” matrimoniale, “l’appartenenza reciproca e la carità coniugale”. “La mutua appartenenza propria dell’amore reciproco esclusivo”, avverte l’ex Santo Uffizio, “implica una cura delicata, un santo timore di profanare la libertà dell’altro, che ha la stessa dignità e pertanto gli stessi diritti. Chi ama sa che l’altro non può essere un mezzo per risolvere le proprie insoddisfazioni, sa che il proprio vuoto deve essere colmato in altri modi, mai attraverso il dominio dell’altro. Questo è ciò che non accade in tante forme di desiderio malsano che sfociano in varie manifestazioni di violenza esplicita o sottile, di oppressione, di pressione psicologica, di controllo e infine di asfissia”. D’altra parte “l’unione affettiva, fedele e totale, si configura nel matrimonio come un’amicizia, perché alla fine la carità è una forma di amicizia”.
“Una visione integrale della carità coniugale”, scrive l’ex Santo Uffizio, “non nega la sua fecondità, la possibilità di generare una nuova vita, perché ‘questa totalità, richiesta dall’amore coniugale, corrisponde anche alle esigenze di una fecondità responsabile’. L’unione sessuale, come modalità di espressione della carità coniugale, deve naturalmente rimanere aperta alla comunicazione della vita, anche se ciò non significa che questo debba essere uno scopo esplicito di ogni atto sessuale”. Dopo aver formulato questa affermazione, il dicastero responsabile dell’ortodossia cattolica cita tre esempi fatti da Karol Wojtyla: il caso di una coppia che non può avere figli, quello di una coppia che “non cerchi un determinato atto sessuale consapevolmente come un mezzo di procreazione” e quello di “una coppia rispetti i tempi naturali di infertilità”.
È proprio quest’ultimo esempio – ma la nota dottrinale non lo ricorda esplicitamente – che Paolo VI usò per contestare, nella storica enciclica Humane vitae del 1968, il ricorso dei fedeli alla pillola (i cosiddetti metodi contraccettivi artificiali). Facendo così un mezzo passo indietro rispetto alle aperture del Concilio vaticano II che, ricorda la nota, “presenta il matrimonio innanzitutto come un’opera di Dio che consiste in una comunione d’amore e di vita che i due coniugi condividono, comunione che non è orientata solo alla procreazione, ma anche al bene integrale di entrambi”. Nel corso del Concilio, peraltro Paolo VI creò una commissione di esperti sul controllo delle nascite, e il cardinale Josef Leo Suenens, arcivescovo di Bruxelles e capofila dei progressisti, si domandò se la Chiesa non avesse sottolineato le parole bibliche “crescite et multiplicamini”, crescete e moltiplicatevi, così tanto da sottovalutare l’“erunt duo in carne una”, i due saranno una carne sola – il titolo della nota pubblicata oggi – concludendo il suo intervento con una richiesta: “Vi scongiuro, fratelli: evitiamo un nuovo ‘processo Galileo’. Ne basta uno alla Chiesa”.
La nota dottrinale va avanti tornando indietro a Pio XI, il quale, si legge, “aiuta a superare la discussione sul rapporto tra i fini o i significati del matrimonio (procreativo e unitivo) e l’ordine che esiste tra di essi, ponendo la carità coniugale al di sopra di questa dialettica dei fini e dei beni come questione centrale della vita coniugale, che a sua volta le conferisce una multiforme fecondità. Gli sposi, anche nei momenti più difficili, possono dire: “Siamo amici, ci amiamo, ci valorizziamo, abbiamo deciso di condividere tutta la nostra vita, ci apparteniamo, e abbiamo scelto liberamente questa unione che Dio stesso ha benedetto e consolidato. Se in un momento non ci sono figli, rimaniamo uniti e siamo fecondi in altri modi, se in un momento non c’è sesso, continuiamo a vivere questa amicizia unica, esclusiva e totalizzante che è anche il nostro miglior cammino di maturazione e santificazione”.
Il cardinale Fernandez ha voluto sottolineare la coincidenza tra la pubblicazione vaticana e la odierna Giornata contro la violenza sulle donne: nel testo, ha spiegato in conferenza stampa il porporato argentino, “non appare la parola femminicidio ma nella descrizione della non appartenenza reciproca avevamo certamente in mente questa questione gravissima, per descrivere la quale i Papi recenti, anche Leone, hanno usato questo nome, e che nel documento troviamo descritta nelle sue cause quando parliamo del non dominio dell’altro. È certamente – ha detto Fernandez – un tema che dobbiamo ancora approfondire”.
Nell’introduzione, peraltro, l’ex Santo Uffizio si augura “che questa Nota sul valore della monogamia, destinata anzitutto ai Vescovi, riferita a un tema così importante, e allo stesso tempo molto bello, possa essere di aiuto alle coppie già sposate, ai fidanzati e ai giovani che pensano a una futura unione al fine di cogliere ancora meglio la ricchezza della proposta cristiana sul matrimonio. È vero”, ammettono i vertici del dicastero dottrinale, “che, per molti, un tale messaggio potrà suonare strano o controcorrente, ma possiamo applicare ad esso le seguenti parole di Sant’Agostino: ‘Dammi un cuore che ama, e capirà ciò che dico’”. La nota è stata approvata da papa Leone XIV lo scorso 21 novembre.