Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  novembre 25 Martedì calendario

Pensavi fosse romantico, invece era soltanto un maschio performativo

Nuovo giorno, nuova categoria che nasce e ci aiuta (?) a comprendere il mondo. La categoria di persone che nell’ultima settimana è stata al centro delle polemiche social è quella che vede protagonisti gli “uomini performativi”.
Sono uomini che vista la mal parata decidono di abbandonare i vecchi costumi machisti per approcciare un modo di vestire e di atteggiarsi più simile agli ideali femministi: mettono la matita nera sotto gli occhi, utilizzano borse di tela, leggono i libri di Michela Murgia o Judith Butler e occasionalmente bevono il matcha. Il problema, ed è il motivo per cui è scoppiata la discussione, è che i suddetti ragazzi non adottano questi comportamenti perché davvero credono nelle cause femministe o perché desiderano decostruire l’estetica patriarcale del “macho”, ma solamente per riuscire a conquistare di più. A detta di molte persone l’atteggiamento di questi uomini può essere considerato predatorio. Ma partiamo dalle origini.
La moda del maschio performativo, il “performative man”, nasce in America e come al solito nel giro di qualche mese arriva da noi, sui nostri schermi. Il trend era diventato così virale da creare in alcune città americane addirittura dei contest in cui i ragazzi avrebbero potuto sfidarsi e, alla fine, vedere il vincitore essere incoronato come il più performativo. Anche tra le figure pubbliche qualcuno è stato etichettato come tale a causa del suo stile alternativo, si veda Jacob Elordi o Timothée Chalamet. Il fenomeno qui in Italia parte come una scherzosa presa in giro della categoria, sulla scia della tendenza americana, ma da più di una settimana è polemica.
Il tema è: come si stabilisce se qualcosa sia autentico oppure una montatura? Erving Goffman, antropologo canadese, arriva a sostenere che nei contesti sociali ogni persona mette in scena una facciata appropriata alla situazione e che apparenza e realtà siano la stessa cosa. La già citata Judith Butler sostiene che anche l’identità di genere in realtà non sia altro che citazione di un modello. Forse l’idea tutta romantica dell’“originalità” è un po’ anacronistica. Dal punto di vista concreto però alcuni dubbi mi sorgono.
È giusto che un uomo desideroso di abbracciare una causa e di esprimere se stesso contrariamente ai dettami patriarcali debba trovarsi a combattere contro il maschilismo dominante e contro chi non lo crede sincero? Un ragazzo truccato per strada da chi deve difendersi? Dalle botte di chi lo considera diverso o dalle risate di chi vede la sua matita sotto gli occhi come un ridicolo tentativo di sedurre? Penso sinceramente che facciamo di tutto per capire con chi possiamo avere a che fare e chi invece è meglio evitare, ma la vita non segue le regole viziate dell’algoritmo. Le persone capitano nel nostro cammino e non sono selezionate in base a ciò che ci piace di più. Stabilire se chi abbiamo davanti ci vada bene oppure no lo si può fare, nella vita reale, solo dopo aver conosciuto il prossimo, e la matita nera non basta.
Accogliere uno stereotipo vuol dire nutrire un pregiudizio. Sono perfettamente consapevole di quanto sia debole un pregiudizio del genere nei confronti degli uomini che continuano comunque ad essere una categoria privilegiata, ma siccome stiamo vivendo in un periodo di cambiamento in cui le sensibilità delle persone stanno mutando, credo che approfittarne per lottare contro gli errori di metodo possa giovare a tutti. La stessa cosa è successa anche al contrario con il fenomeno delle “pick me girl”, ragazze con interessi socialmente ritenuti maschili che venivano accusate di fingere solo per attirare l’attenzione dei ragazzi.
Anche loro sono state rese oggetto di scherno e i social non le hanno risparmiate. Immaginate di essere una ragazza a cui hanno sempre dato del “maschiaccio” che decide nonostante tutto di seguire le proprie passioni e di ritrovarvi nel 2025 ad essere trattate con diffidenza e prese in giro perché la tua personalità sembra costruita attorno ad un obiettivo di natura sessuale. Nel 2025, anno in cui potresti finalmente essere accettata. Vale la pena identificare un’estetica da cui stare lontani per timore di incontrare una persona sbagliata? Queste stereotipizzazioni ci aiuteranno davvero a comprendere il mondo? Ai posteri l’ardua sentenza.
In definitiva: il tema è caldo.