la Repubblica, 25 novembre 2025
Stati Uniti, il Doge “non esiste più”: chiuso il Dipartimento dell’efficienza di Musk
Il dipartimento che avrebbe «mostrato al mondo come si fa» si è dissolto. Lontano dai riflettori e dai social, il governo americano ha smantellato il Doge, il dipartimento dell’Efficienza governativa, l’agenzia creata apposta da Donald Trump per il suo generoso donatore, il miliardario sudafricano Elon Musk, con il compito di tagliare gli sprechi. Il direttore dell’Ufficio gestione del personale, Scott Kupor, ha ammesso che il Doge «non esiste più» e non è più una «entità centralizzata».
Le motoseghe sono state messe via con otto mesi di anticipo. Quando Trump, in pompa magna, il 20 gennaio aveva firmato il decreto con cui istituiva il dipartimento ad personam, aveva dichiarato che il Doge sarebbe rimasto in vita fino al 24 luglio 2026. Nel frattempo, disse, avrebbe tagliato 2mila miliardi di dollari di spese federali, ridotto il personale pubblico del 75% e mostrato al mondo come si affrontano gli sprechi. I primi mesi sono stati segnati da un bullismo di Stato senza precedenti: la base Maga segnalava a Musk su X i dipendenti da licenziare e lui li trollava dal suo account seguito da 200 milioni di persone. Ogni volta comparivano foto di ex dipendenti lasciare mestamente l’ufficio dopo aver ripulito la scrivania, i fan riempivano i social di emoji raffiguranti champagne e popcorn. Il miliardario si era circondato di giovani nerd desiderosi di guadagnare la sua stima facendo a gara a chi proponeva più tagli. «Siamo la motosega della burocrazia», si era vantato lui a febbraio, imbracciando una motosega alla conferenza dei conservatori in Maryland. La platea lo aveva celebrato con la standing ovation.
Il Doge ha cancellato fondi della cooperazione internazionale da cui dipendevano milioni di persone in tutto il mondo, finanziamenti per programmi scolastici, sussidi per categorie protette. Fino a maggio erano stati licenziati 250mila dipendenti pubblici, mentre 75mila avevano accettato la buonuscita. La tumultuosa gestione, accusata di essere animata solo da incompetenza e cattiveria, aveva subito uno shock quando Musk, a fine maggio, aveva annunciato l’addio. Erano seguite tensioni con Trump, minacce incrociate e un messaggio velenoso del miliardario che aveva rivelato come il nome del presidente degli Stati Uniti fosse nei file di Jeffrey Epstein, il finanziere pedofilo morto in carcere nel 2019.
Per mesi Musk e Trump hanno vissuto in universi paralleli, fino a quando il sudafricano è riapparso a un gala della Casa Bianca in onore del principe saudita Mohammed bin Salman. Dopo aver raggiunto accordi con investitori sauditi per lo sviluppo di un super computer, Musk ha ringraziato pubblicamente Trump per «quello che ha fatto per l’America e il mondo». Del Doge nessun cenno, ma con la sua fine è terminato anche il blocco delle assunzioni federali. Il dipartimento chiude la sua breve parabola con un flop storico: i tagli, secondo i media, sarebbero pari a 40 miliardi di dollari, il 2 per cento degli obiettivi. Ma dietro quel numero ci sono centinaia di migliaia di persone che hanno perso un lavoro o un finanziamento per studiare, creare nuovi progetti o aiutare comunità in crisi.