corriere.it, 24 novembre 2025
Il caccia Tempest, l’altra battaglia europea: primo accordo in arrivo per la società di Leonardo con Bae Systems e Jaiec
Marco Zoff è soddisfatto dello stato di avanzamento del Gcap, il Global combat air programme. È il programma italo-anglo-nipponico di Leonardo, Bae Systems e Jaiec che mira a sviluppare un sistema aereo di combattimento di sesta generazione. A L’Economia il ceo di Edgewing, l’interfaccia industriale dell’alleanza, riassume lo stato dell’arte. «In queste settimane – dice – siamo alle battute finali di negoziazione del primo contratto internazionale tra la Gcap International Government Organisation (Gigo, l’organizzazione internazionale per la gestione politico-governativa del programma, nata nel 2023, ndr.) ed Edgewing», la joint venture lanciata a fine giugno. Nessuna nube all’orizzonte, secondo il manager di Leonardo. «La rapidità con cui il programma sta avanzando – dice Zoff – non ha precedenti nel panorama della difesa. Edgewing assumerà la piena responsabilità contrattuale ed eserciterà un ruolo primario nella progettazione e nello sviluppo della piattaforma Gcap, operando come integratore di sistema con autonomia industriale e capacità proprie».
L’orizzonte finale resta al 2035. «La macchina si sta muovendo – ha detto di recente l’ad di Leonardo, Roberto Cingolani —. Penso che, se lavoriamo seriamente, la roadmap avanzerà correttamente. È molto importante perché, a quanto pare, i nostri concorrenti stanno rallentando».
Il riferimento è alla frenata subita dal programma Fcas, nato dall’alleanza tra tedeschi e francesi nel 2017. Nei giorni scorsi il futuro del consorzio tutto europeo tra Airbus e Dassault Aviation, che tiene dentro anche gli spagnoli, è stato oggetto di discussione a Berlino, tra il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il presidente francese Emmanuel Macron. A determinare l’impasse, che ha già fatto rinviare la messa a punto finale del programma dal 2040 agli anni ‘50, sarebbe l’ambizione di Dassault, forte della sua esperienza in progettazione e produzione di caccia sovrani, di prendere la guida del consorzio, contrastata dai tedeschi e dagli spagnoli.
La distanza sarebbe anche relativa alla destinazione del nuovo caccia. Con la Francia interessata a realizzarne uno leggero, destinato all’esportazione, come è il suo Rafale. E la Germania che punterebbe a un mezzo più pesante, capace di coprire lunghe distanze sul fianco orientale europeo che va difeso. In assenza di intese, si dice, i partner potrebbero considerare di ridimensionare il progetto da 100 miliardi di euro, abbandonando i piani per la costruzione del caccia e concentrandosi sullo sviluppo del «combat cloud» congiunto, un’interfaccia che collegherebbe i caccia e i loro piloti a sensori, radar e droni, nonché a sistemi di comando terrestri e navali.
Ed è davvero singolare che tutto questo succeda mentre l’Ue, incalzata dalla guerra in Ucraina e spiazzata dalla nuova linea politica degli Usa, cerca di organizzare una difesa comune. Se il programma del caccia di sesta generazione più europeo naufragasse, la diaspora potrebbe produrre un avvicinamento dei tedeschi al Gcap.
Ma se è ancora del tutto prematuro parlarne, quel che è certo, fanno notare fonti vicine al dossier Gcap, è che tutte e tre le nazioni in esso coinvolte hanno sottolineato la loro apertura a collaborare con altri Paesi sulla base di una valutazione condivisa di ciò che è meglio per il programma e di reciproco beneficio. Qualsiasi decisione in ogni caso sarà presa in modo trilaterale dai governi nazionali.
È curioso, a questo punto, ricordare come maturò la decisione italiana di entrare nel programma per il nuovo caccia Tempest con i britannici e i giapponesi. In un articolo di Lorenzo Cladi e Andrea Locatelli su Contemporary Italian Politics si ricorda come, all’epoca, nel 2019, la ministra della Difesa, Elisabetta Trenta (M5S), era sembrata propensa a scegliere il programma più europeo Fcas. A dissuaderla – si sostiene – sarebbero state le Forze armate e l’industria italiana, convinte che all’Italia sarebbe stato riservato un ruolo ancillare rispetto a Francia e Germania. Senza dire che il gruppo Leonardo, già fortemente presente in Gran Bretagna, sembrava più interessato a collaborare con un grosso appaltatore come Bae Systems che con Airbus o Dassault.
Infine le Forze armate italiane giunsero alla conclusione che «il Fcas non fosse un’opzione praticabile, sia a causa del ruolo dominante della Francia nella joint venture sia a causa della mancanza di una chiara definizione delle caratteristiche operative del progetto». Una previsione perfetta, con il senno di poi.