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 2025  novembre 25 Martedì calendario

Trump e Rubio vogliono i dati dei governi europei sui crimini commessi dai migranti: «Sono una minaccia esistenziale alla civiltà occidentale»

Giovedì scorso, il 20 novembre, il dipartimento di Stato americano ha inviato un cablo alle sue ambasciate e consolati in Europa, Canada, Australia e Nuova Zelanda, chiedendo loro di iniziare a «raccogliere dati su crimini legati ai migranti e agli abusi dei diritti umani facilitati da persone con background migratorio». Ieri un funzionario del dipartimento di Stato – sotto anonimato – ne ha parlato in un briefing con un gruppo di giornalisti tra cui noi del Corriere. Lo stesso 21 novembre, sul profilo social del dipartimento di Stato su X, era apparso il seguente messaggio: «Le migrazioni di massa costituiscono una minaccia esistenziale alla civiltà occidentale e minano la stabilità degli alleati-chiave americani». 
La vostra corrispondente del Corriere ha chiesto se ci sia stata una collaborazione con il governo Meloni in Italia: il funzionario ha risposto che «l’amministrazione Trump ha una grandissima opinione della premier Meloni e in particolare del fatto che sia pronta a chiamare le migrazioni di massa per quello che sono». 
Gli americani comunque non hanno coinvolto preventivamente gli altri governi, prima di inviare il cablo. «La speranza è che attraverso questo cablo incoraggeremo il dialogo. E abbiamo indicato alle nostre ambasciate di contattare i governi per comunicare le nostre preoccupazioni e la nostra disponibilità ad individuare alcuni casi di cui magari non hanno mai sentito parlare, senza alcuna colpa perché sono molto impegnati». 
I dati racconti da ambasciate e consolati Usa andranno nel rapporto sui diritti umani del dipartimento di Stato, che in passato era concentrato su minoranze, donne e comunità Lgbtq. Ma non è questa l’unica finalità della raccolta di queste informazioni: l’obiettivo è anche quello di sottolineare che le migrazioni di massa sono un problema di diritti umani. Non si tratta solo di immigrazione illegale. «Le migrazioni di massa sono una preoccupazione in sé stesse, anche se sappiamo ovviamente che ci sono brave persone... l’America ha una storia di gente fantastica arrivata legalmente e assimilata nella cultura americana».
L’Italia, continua il funzionario, è uno di «un paio di governi in Europa che hanno avuto il grande coraggio di contrastare la narrazione prevalente, le bugie dell’apertura radicale dei confini, e la premier Meloni è una di questi insieme al premier Orban e ad alcuni nostri amici in Polonia». 
«Sappiamo che l’Italia sta iniziando a fare passi concreti per affrontare da sola la crisi delle migrazioni – ci dice ancora il funzionario-. E siamo pronti, desiderosi e capaci di appoggiare i nostri amici in Italia e nei Paesi europei che vogliono agire. Uno dei punti indicati nel cablo era di far sì che i governi in vari Paesi sappiano che siamo davvero preoccupati per il Patto per la migrazione e l’asilo della Ue, in particolare per la questione della sovranità: avete una istituzione a Bruxelles che determina le politiche di immigrazione per gli Stati sovrani, che è un problema in sé, ma c’è anche la possibilità che questo patto possa esacerbare le preoccupazioni attuali legate alle migrazioni di massa. In Italia però siamo grati alla premier Meloni e programmiamo di lavorare con lei quanto più possibile, per aiutarla a realizzare i suoi obiettivi sull’immigrazione». 
I dati sulle violazioni dei diritti umani che il governo americano vuole raccogliere in Europa, Canada, Australia e Nuova Zelanda includono le violenze e aggressioni sessuali «particolarmente contro donne e ragazze», «da parte di persone con un background migratorio e di origini islamiche estremiste». Il funzionario ha aggiunto: «Vediamo casi di traffico di esseri umani, attacchi antisemiti e anti-cristiani, in gran parte per mano di persone con background islamico radicale». E ha aggiunto che c’è un problema di alloggi: «I grossi flussi migratori spesso hanno un impatto sui alloggi che vengono comprati dai governi per collocarvi i migranti. E questo ovviamente può causare lo spostamento delle persone o la degradazione del valore della proprietà per i cittadini di quei Paesi».
Ma non si tratta solo di osservare. Venerdì, in un messaggio social condiviso da Marco Rubio, il dipartimento di Stato diceva di «chiedere ai governi azioni coraggiose per difendere i cittadini dalla minaccia delle migrazioni di massa». Il presidente Trump è stato critico delle politiche europee sull’immigrazione e il vicepresidente J.D. Vance a Monaco all’inizio di quest’anno ha accusato le democrazie europee per le loro politiche sui migranti e sulla libertà di espressione. 
«Vediamo i Paesi in Europa e in Occidente come i nostri più grandi alleati – ci spiega il funzionario del dipartimento di Stato – ma allo stesso tempo questa amministrazione non ha paura di criticarli quando vediamo problemi seri e quando nutriamo preccupazioni serie. È così che si fa quando hai un rapporto stretto». 
E aggiunge: «C’è una direttiva nel cablo che spinge a interagire direttamente con i governi per trasmettere idee e preoccupazioni, che è qualcosa che i governi fanno continuamente l’uno con l’altro, ma anche per indicare che siamo pronti ad aiutare. In parte si tratta di raccogliere dati che i governi possono fornire sul fenomeno della criminalità. Queste statistiche non vengono rese pubbliche, quindi speriamo che siano state registrate dai governi nel passato, e forse il nostro coinvolgimento può spingerli a raccoglierli. O forse lo fanno già e quindi parte del lavoro sarò cooperare con loro».
La lettura degli Stati Uniti del Patto per la migrazione e l’asilo come di una serie di leggi imposte da Bruxelles non è corretta. Né è corretta l’immagine di un’Unione europea invasa dai migranti. Secondo i dati preliminari di Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, gli ingressi irregolari in Ue sono diminuiti del 22% nei primi dieci mesi del 2025, attestandosi a 152.000. Il Mediterraneo centrale è rimasto però la rotta più trafficata, registrando quest’anno due ingressi irregolari su cinque in Ue. La Libia è il punto debole: rimane il principale punto di partenza, rappresenta il 90% di tutti gli arrivi su questa rotta. Mentre sono calate le partenze dall’Africa occidentale e che passano dai Balcani occidentali a dal confine terrestre orientale. Gli ingressi irregolari sulla rotta del Mediterraneo occidentale sono invece aumentati del 27%. Le nazionalità più frequentemente segnalate sono bengalese, egiziana e afghana.
Come in ogni processo legislativo europeo, la Commissione propone delle norme che poi vengono modificate dagli Stati membri nel negoziato con il Parlamento. Il risultato finale è quello che gli Stati hanno accettato. Ad esempio le regole sulla migrazione proposte dalla Commissione Juncker nel 2018 non sono mai state approvate perché i Paesi Ue non si sono mai messi d’accordo sul loro contenuto. Il nuovo Patto per la migrazione e l’asilo è stato approvato a maggioranza qualificata come prevedono i Trattati per questa materia ed entrerà in vigore a giugno 2026. Gli Stati si stanno preparando. L’Italia è tra i Paesi che hanno votato a favore del nuovo Patto, mentre Ungheria e Polonia hanno votato contro, ribadendo che non intendono applicarlo. Le nuove regole prevedono un meccanismo di solidarietà per andare incontro ai Paesi che stanno vivendo una pressione migratoria di un «livello sproporzionato».
Il report della Commissione pubblicato l’11 novembre scorso ha riconosciuto questo status a Italia, Grecia, Cipro e Spagna. Questi Paesi possono chiedere di accedere al nuovo strumento di solidarietà previsto dal Patto quando entrerà in vigore. Gli Stati potranno scegliere tra il ricollocamento (sempre facoltativo), un contributo finanziario compensativo oppure un sostegno alternativo, attraverso ad esempio la fornitura di personale per gestire le operazioni di frontiera. Tuttavia anche i Paesi destinatari dei movimenti secondari sono stati riconosciuti «a rischio di pressione migratoria»: Belgio, Bulgaria, Germania, Estonia, Irlanda, Francia, Croazia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia e Finlandia. Dunque potranno far valere questa condizione quando dovranno calcolare la solidarietà da offrire e potranno scomputare l’accoglienza che già offrono. In più avranno accesso prioritario agli strumenti di solidarietà.
C’è poi una terza categoria che riguarda i Paesi che si trovano ad affrontare «una situazione migratoria significativa» a causa delle pressioni degli ultimi cinque anni: Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Croazia, Austria e Polonia che potranno chiedere di essere esentati dal contributo di solidarietà. Nessuna categoria speciale invece per Ungheria, Romania, Danimarca, Portogallo, Lussemburgo e Malta. La Commissione ha anche presentato il primo «pool di solidarietà» con i numeri dell’aiuto che gli Stati membri negozieranno in seno al Consiglio: base di partenza un minimo di 30 mila ricollocamenti o 600 milioni di euro di contributi (20 mila euro per ogni migrante non accettato). 
Per l’Olanda, ad esempio, pagare 20 mila euro a migrante è molto più conveniente che sostenere il costo dell’accoglienza, che all’anno è di oltre 33 mila euro (91 euro al giorno) a migrante in caso di trattamento regolare, che sale a circa 67 mila euro in caso di appoggio a strutture d’emergenza come hotel (184 euro al giorno). Non sarà facile il negoziato tra gli Stati, tanto più che i partiti populisti nazionali fanno campagna contro il Patto come l’AfD in Germania, il Rassemblement national in Francia, la Lega in Italia, il Pis in Polonia o Fidesz (il partito di Orbán) in Ungheria. Tutti partiti che vengono elogiati dal movimento Maga. (Il funzionario del dipartimento di Stato ha dichiarato comunque che non c’è stato alcun coordinamento con alcun partito). 
È anche vero però che la sensibilità in Europa nei confronti della migrazione irregolare è cambiata. Ora le «soluzioni innovative» di cui ha iniziato a parlare l’Italia con il modello Albania non sono più un tabù. E le colazioni sull’immigrazione organizzate da Italia e Danimarca prima dei vertici Ue sono sempre più affollate, adesso contano una ventina di partecipanti: l’obiettivo è trovare soluzioni europee nella gestione dell’immigrazione irregolare concentrandosi sulla dimensione esterna, attraverso accordi di rimpatrio e partnership economiche con i Paesi terzi. Più di recente è stata sdoganata anche l’espressione «deportazione» per i migranti di Paesi terzi che non hanno diritto all’asilo in Europa. La commissaria Ue al Mediterraneo Dubravka Šuica, croata del Ppe, in un intervento pubblico ha detto che «chi è arrivato in Europa illegalmente dovrebbe andarsene, dovrebbe essere deportato, giusto per essere chiari» e ha argomentato che va fatta «una netta distinzione tra migrazione legale e illegale»: «Stiamo lavorando al regolamento sui rimpatri – ha specificato —. Chi è arrivato illegalmente in Europa deve andarsene». L’amministrazione Trump può stare tranquilla.
Il briefing è indicativo di come questa amministrazione vede gli alleati europei. «Ci stanno a cuore i nostri amici in Europa…. Ma per poter avere una alleanza forte, abbiamo bisogno di una cittadinanza forte... E così gli Stati Uniti sono pronti, desiderosi e capaci di porre fine alla piaga delle migrazioni di massa». Si tratta di un progetto che va al di là dell’Europa, ma «la ragione per cui abbiamo iniziato dall’Europa è che sono i nostri più grandi alleati, Paesi democratici, con cui abbiamo valori condivisi, una eredità occidentale comune, una cultura occidentale comune. L’America in molti modi viene dall’Europa e quindi abbiamo un debito di gratitudine».