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 2025  novembre 25 Martedì calendario

«Dirigerò per Leone in Vaticano. Non servono tenori che gridano. La musica si ascolta con l’anima»

Maestro Muti, sei mesi fa, in un’intervista al Corriere, lei chiese a Papa Leone di riportare la musica sacra in Vaticano.
«E il Papa mi ha invitato a dirigere un concerto in Vaticano il 12 dicembre».
Il Papa legge il Corriere.
«E conosce la straordinaria importanza della musica per il cristianesimo, e della Chiesa per la storia della musica».
Cosa dirigerà?
«La Messa per l’incoronazione di Carlo X di Luigi Cherubini: uno dei più grandi musicisti del suo tempo, ammirato e venerato da Beethoven e, come accade troppo spesso, quasi ignorato nel nostro Paese. Dirigerò l’orchestra di giovani che porta il suo nome, e che ho fondato vent’anni fa. Con il coro della Cattedrale di Siena».
Carlo X è un re della Restaurazione. Non teme di passare per reazionario?
«No. Non esiste musica di destra o di sinistra. Nei tempi bui è stato fatto uso di certa musica da parte di certe dittature, pompandola, sforzandola, amplificandola per dare un senso di potenza. Ma questo non c’entra nulla con la musica. A Firenze, per i cinquant’anni del Maggio, dirigerò la Messa da requiem in do minore che Cherubini diresse a Saint-Denis per la sepoltura dei corpi di Luigi XVI e Maria Antonietta. Restaurazione anche lì? No. Beethoven disse che, se un giorno avesse mai scritto una Messa da requiem, avrebbe avuto Cherubini come esempio».
Lei quando ha diretto in Vaticano l’ultima volta?
«In Sala Nervi, alla presenza di Benedetto XVI, grande amante della musica ed eccellente pianista e organista».
Papa Francesco non amava la musica?
«Non lo so. Certo, con il suo avvento non ci sono più stati concerti in Vaticano. L’ho incontrato una sola volta, quando venne in visita ufficiale allo Stato italiano. Il presidente Napolitano mi invitò. Gli dissi: “Santità, non dimentichi quanto la Chiesa nei secoli ha fatto per la musica”».
E lui cosa rispose?
«Niente. Sorrise».
Cos’ha fatto la Chiesa per la musica?
«Tutti i grandi musicisti hanno composto musica sacra. La Chiesa ha dato un contributo enorme alla letteratura musicale per secoli. I martiri cristiani andavano incontro alla morte cantando. Papa Leone è un agostiniano, e uno dei motti di sant’Agostino era “cantare amantis est”: fare musica è proprio di coloro che amano, di coloro che sanno amare, che credono nell’amore. L’estate scorsa a Ravenna abbiamo invitato i cori non professionali: sono arrivati 3316 coristi (poi abbiamo dovuto bloccare le iscrizioni, di più non ci stavano) da tutte le regioni d’Italia, si sono pagati viaggio e albergo, non hanno chiesto nulla se non la gioia di riunirsi e cantare insieme, nel palazzetto dedicato a De André, per due giorni: cori verdiani, Macbeth, i Lombardi, Nabucco. Lo ripeteremo ai primi di giugno del 2026».
Lei però dà una lettura severa del «Va, pensiero» del Nabucco.
«Di come viene eseguito. Dovrebbe essere grave, sommesso, solenne, drammatico. Diventa veloce, concitato, compiaciuto. Fa venire in mente un altro “va…”. Lasciamo perdere. È come l’acuto del vincerò: non se ne può più
. La nostra musica, nel nome del “popolare”, viene vilipesa. Dieci tenori messi insieme che gridano… Se l’opera è patrimonio dell’umanità, dovremmo rispettarla. Per questo ho fondato un’Accademia per giovani direttori d’orchestra, ora ospitata dalla Fondazione Prada, dove 600 persone al giorno per due settimane sono venute ad ascoltare le “lezioni” in cui preparo giovani direttori allo studio dell’opera italiana. In questo caso, Don Giovanni: la ritengo un’opera profondamente italiana, non solo per il testo di Da Ponte ma per l’ispirazione di Mozart».
Papa Leone l’ha conosciuto?
«Non ancora. Lo incontrerò nel giorno del concerto. È nato a Chicago, e dell’orchestra di Chicago sono direttore emerito a vita: è qualcosa che ci unisce».
Lei è credente?
«Sì. Non baciapile. Credo che esista un creatore e che esista un’energia spirituale nell’universo. Non avrebbe senso dirigere una Messa da requiem, Cherubini Mozart Verdi, senza credere che l’invocazione “libera me de morte” abbia un significato molto profondo. Devi credere in questi testi, che indicano l’eternità dell’energia spirituale che Dante chiama Amore, con la A maiuscola: l’Amor che move il sole e l’altre stelle».
Dante dà una celebre definizione della musica.
«Paradiso, canto 14: “E come giga e arpa, in tempra tesa/ di molte corde, fa dolce tintinno/ a tal da cui la nota non è intesa,/ così da’ lumi che lì m’apparinno/ s’accogliea per la croce una melode/ che mi rapiva, sanza intender l’inno».
Come gli strumenti vibrano e producono un suono dolce anche per chi non distingue le note, così dai lumi che appaiono a Dante si raccoglie in croce una melodia che lo rapisce, anche se non la intende.
«La musica non è comprensione; è rapimento. La musica è insondabile. Si va nel mistero. La musica non è un quadro, una statua, un libro. Non si vede, non si tocca. Non possiamo spiegarla e non possiamo comprenderla. La musica ci avvolge, ci stordisce, ci arricchisce. Penetra dentro di noi e ci rapisce. Non è importante conoscere. L’ignaro, il semplice, prova emozioni che magari il professionista o il critico musicale non prova. Sono nemico del “competente”. Spesso mette a disagio e intimidisce il non competente, che crede di trovarsi in una posizione di inferiorità perché “non capisce”. Non c’è nulla da capire, solo da ricevere. La musica non si ascolta con le orecchie, si ascolta con l’anima».
Qual è il vertice della musica sacra?
«Palestrina, il Virgilio della musica. Verdi cita Palestrina di continuo, anche perché usa il contrappunto non come i contrappuntisti fiamminghi, che arrivano sino a 15 voci, ma con una cantabilità tutta nostra, tutta italiana. Le Alpi sono una delle due prove dell’esistenza di Dio».
Perché?
«Perché hanno preservato una mediterraneità che ci appartiene».
Qual è l’altra prova dell’esistenza di Dio?
«Mozart. Ma io adoro anche Scarlatti, che ebbe grande influenza su Bach. Oggi noi conosciamo Bach, e non conosciamo Scarlatti. Ricordo quando eseguii il Salve Regina di Niccolò Porpora, uno dei padri della musica sacra, nella Sistina vuota, con Giovanni Paolo II collegato in tv nella sua stanza».
Porpora?
«La prima volta che lo eseguii a Vienna, i filarmonici si domandavano: chi è questo Porpòra? Risposi che innanzitutto si dice Pòrpora, e poi c’è una lettera in cui Haydn padre dice: io devo molto agli italiani, in particolare a Porpora. Mi sembrò di vedere i viennesi drizzare la schiena sulla sedia, assumere una posizione di rispetto. I musicisti italiani hanno dominato l’Europa: Cherubini a Parigi, Spontini a Berlino, Cimarosa e Paisiello a San Pietroburgo, Mercadante a Madrid. I musicisti italiani furono i primi a dare un’idea di Europa unita nel nome della musica».
Oggi l’Europa è divisa. I grandi direttori russi vicini a Putin dovrebbero dirigere in Occidente o no?
«L’arte è al di sopra di tutto. Se una persona è apertamente e tenacemente in favore di una dittatura, non lo si deve punire, ma lo si ascolta con un certo imbarazzo».
La sua famiglia ha aiutato musicisti ucraini.
«All’inizio della guerra mia moglie Cristina andò con due autobus ai confini dell’Ucraina, per portare a Ravenna musicisti e coristi del teatro di Kiev. Alcuni sono ancora qui, hanno cantato con me, altri hanno suonato il violino o l’oboe. Sia ucraini sia russi hanno una grande tradizione corale, la musica li accomuna. Il coro di Kiev ha chiesto di poter cantare in chiesa, e l’arcivescovo di Ravenna ha aperto loro la cattedrale. Mai stata tanto piena di fedeli come da quando la domenica gli ucraini intonano i loro cori meravigliosi. Questo dimostra il potere della musica, per credenti e non credenti».
Lei però non è un grande estimatore della messa beat.
«Per carità, si può fare tutto e il contrario di tutto. Ma lei vorrebbe paragonare il canto gregoriano a una strimpellata? (Muti esprime un’espressione di disgusto). Le composizioni liturgiche sono un’offerta a Dio. Ti elevano verso di Lui. Musiche superficiali, testi dozzinali, schitarrate non credo giovino molto all’elevazione. Papa Benedetto non le amava. Mentre una pagina di Palestrina, di Luca Marenzio, di Orlando di Lasso, oltre ovviamente al sublime gregoriano, può aiutare i fedeli a immergersi nell’atmosfera spirituale e mistica che ci avvicina a Dio».