Corriere della Sera, 25 novembre 2025
Ucraina, il nuovo «piano di pace». Trump: potrebbe esserci del buono
Come sono andati i colloqui di Ginevra, lo dice un post, uscito nella tarda mattinata europea, di Donald Trump: «È possibile che si stiano facendo grandi progressi nei negoziati di pace tra Russia e Ucraina??? Non credeteci finché non lo vedete, ma potrebbe davvero star accadendo qualcosa di buono. DIO BENEDICA L’AMERICA».
Non è stato fumo negli occhi, non è stato un naufragio. Ma il primo passo della diplomazia, in un percorso che può bloccarsi a ogni istante, ma che potrebbe anche portare verso la pace in Ucraina dopo quasi quattro anni di guerra. I russi hanno già fatto sapere di non gradire. «Non c’è nulla di costruttivo» nel piano europeo, ha commentato ieri il consigliere per la politica estera di Putin, Yuri Ushakov.
Le delegazioni – quella americana, quella ucraina e le varie rappresentanze europee – hanno lasciato Ginevra di mattina. È tornato a Roma l’inviato italiano, l’ambasciatore Fabrizio Saggio. «Attendo un briefing completo entro sera», ha fatto sapere Zelensky. Dalla stanza sono usciti solo due fogli di carta: uno ce l’ha Marco Rubio, il segretario di Stato Usa, l’altro Andriy Yermak, il braccio destro di Zelensky, lambito dallo scandalo corruzione. E già questo dimostra sotto quale costrizione negozi l’Ucraina.
Qualcosa, però, di come sia andata – tra la missione Usa in collina e il sottostante hotel Intercontinental, sede di storici negoziati dove alloggiavano tutti – sta filtrando. I piani non sono più due, ma è un’unica bozza. Sono state recepite alcune varianti europee ed è a questo «framework» (quadro) che poggia sulle «fondamenta» dei 28 punti, per usare le parole di Rubio, che ora lavoreranno i negoziatori da casa.
Ne è nato un nuovo documento in 19 punti, molto emendato rispetto all’originale, come ha raccontato il viceministro degli Esteri ucraino, Sergiy Kyslytsya al Financial Times. Non c’è più un limite alle forze dell’esercito ucraino, per esempio. Alcuni capitoli sono stati stralciati. Altri messi tra parentesi quadre, come si definisce nel linguaggio diplomatico il testo che non è ancora concordato.
Si tratta dei punti più controversi, a partire dalle concessioni territoriali. Non c’è traccia neanche della questione dei fondi russi congelati, i 300 miliardi depositati nelle banche Ue che oppongono l’America all’Europa. Per questo, il cancelliere tedesco Friedrich Merz ritiene che l’accordo «non si chiuderà questa settimana» e Zelensky dice che «c’è ancora molto lavoro da fare».
L’inizio dell’incontro alla missione Usa è stato molto teso. Gli americani hanno accusato gli ucraini di essere la fonte del leak dei «28 punti». Il piano Witkoff-Dmitriev, infatti, era stato comunicato a Zelensky 48 ore prima. Ed è buona regola della diplomazia, che la parte che vuol sabotare un progetto lo faccia trapelare alla stampa. «Le prime ore sono state totalmente… – ha detto Kyslitsya – appese a un filo», ci sono volute due ore a Yermak per placare gli animi.
Il Corriere può confermare che era presente nella delegazione americana – non ripreso nelle fotografie – il genero di Trump, Jared Kushner. Gli ucraini erano sorpresi. Ma è proprio lui, sta emergendo in queste ore, l’altro coautore del piano dei 28 punti, il Witkoff-Dmitriev. Ha incontrato l’uomo d’affari russo più volte a Miami nell’ultimo mese, dalla fine di ottobre. E così Gaza e l’Ucraina si saldano: hanno gli stessi «mediatori» e broker, entrambi vicini (in particolare Kushner, marito di Ivanka) al cuore di Trump.
La parte più dura è tutta da scrivere, ma ieri il sollievo è stato unanime. Meloni, Merz, il segretario della Nato Mark Rutte, hanno tutti espresso una cauta speranza. Però è da prendere molto seriamente il commento di Alexander Stubb, il presidente finlandese che a dispetto della grandezza relativa del suo Paese (cinque milioni di abitanti) è uno dei pesi massimi quando si tratta dei rapporti con i russi. «Ho sentito Zelensky. I negoziati sono un passo avanti, ma ci sono ancora questioni maggiori che devono essere risolte. Qualsiasi decisione che rientra nell’ambito Ue o Nato sarà discussa dai membri Ue e Nato in discussioni separate». Tutto quel che riguarda l’Europa – a meno di non delegare a Trump la sua dismissione e subalternità alle bizze imperiali della Russia – va ancora negoziato.
Ed è Putin, ovviamente, il convitato di pietra al tavolo. Il piano è ufficialmente americano, sebbene scritto in collaborazione con i russi: ma che succede se Putin, invece di firmarlo, lo ritenesse solo un testo «di parte» e presentasse una sua controproposta? Formalmente è libero. E le risorse e la creatività della diplomazia russa sono infinite.