Corriere della Sera, 25 novembre 2025
«Mi davano per morto, siamo in discreta salute». Salvini rivendica il Nord. La cautela di Fratelli d’Italia
Luca Zaia traina la Lega in alto, fino a doppiare Fratelli d’Italia in Veneto, fino a «rianimare» Matteo Salvini. Ma in Campania e in Puglia la musica è diversa, il campo largo quasi doppia il centrodestra. Che con le Regionali di ieri si scopre vulnerabile.
Se doveva essere derby tra FdI e Lega in Veneto, il risultato sul campo è clamoroso: il partito della premier non decolla, forse demotivato dalla rinuncia a un proprio candidato governatore. Mentre Alberto Stefani, il vice di Matteo Salvini, con la Lega vola fino al 36,3 per cento, con FdI al 18,7. E così, neanche due ore dopo la chiusura delle urne, il tema ineludibile delle (ancora lontane) elezioni lombarde fa battere i cuori leghisti.
Le previsioni della vigilia erano altre, come dimostra il sondaggio Swg sulle intenzioni di voto di cui dà conto Enrico Mentana nella sua «Maratona» elettorale: Fratelli d’Italia al 31,7 per cento, il massimo di sempre. Ma bastano pochi minuti e quando cominciano ad arrivare i dati delle urne sul sito del ministero dell’Interno il risultato è tutt’altro che lusinghiero per Fratelli d’Italia. Il segno forse che se il brand Giorgia Meloni a livello nazionale resta fortissimo, sui territori i problemi esistono.
È quello che dicono i capigruppo leghisti. Dal Senato, Massimiliano Romeo – particolarmente interessato come segretario della Lega lombarda – avvisa la stessa premier: «FdI deve capire che le Regionali sono un’altra cosa rispetto alle Politiche». Per dirla nettissima: «Nel Nord c’è la Lega». Anche nei numeri: «A suo tempo, con la lista di Attilio Fontana, i nostri numeri non erano lontani da quelli di FdI». Alla Camera, Riccardo Molinari è secco: «La Lega si dimostra la forza trainante al Nord, con buona pace di tutti gli altri». E le «valutazioni nazionali lasciano il tempo che trovano». Al punto che Giovanni Donzelli, il responsabile dell’organizzazione di FdI, è costretto a mettere le mani avanti: «FdI ha sempre detto che vuole dovunque scegliere il miglior candidato, a prescindere dalle bandierine». Per dire che «noi siamo generosi e lo siamo stati in Veneto con gli alleati», ma nemmeno «può esserci una preclusione nei confronti di Fratelli d’Italia». E questo «vale e varrà sempre».
Fatto sta che il segretario leghista può ironizzare sulla sua «rianimazione»: «Salvini è stato dato per morto in dotte analisi e invece siamo in discreta salute». Un promemoria anche per gli alleati e per la leader della coalizione.
Ma il risultato del centrodestra in Campania e Puglia, seppure previsto nei suoi contorni, è un risveglio brusco davvero. In Campania il candidato Edmondo Cirielli, viceministro e meloniano doc, raggiunge solo il 35,6 per cento, con Roberto Fico, uomo simbolo del Campo largo, che vola al 60,6%. FdI, penalizzata anche dai consensi alla lista Cirielli, non arriva al 12. Qui la Lega non può certo rivendicare però un buon risultato, sopra il 5%, che si rivela molto al di sotto delle aspettative e doppiato da Forza Italia che sfiora l’11%. Ancora più traumatico il risultato in Puglia, teatro delle vacanze di Giorgia Meloni, dove il candidato Luigi Lobuono guarda dal basso Antonio Decaro, quasi 30 punti più in su.
Risultati che riportano sulla scena la modifica della legge elettorale. Se ne parla da mesi, ma ieri il tema è tornato di prepotenza sulla scena. Per dirla con Giovanni Donzelli, la stabilità politica di oggi si deve sì alla compattezza del centrodestra, ma anche alle divisioni degli avversari. Antonio Tajani è d’accordo: «Sono sempre stato favorevole al proporzionale e una parte dell’opposizione è altrettanto favorevole». Ma non è detto che la Lega sia d’accordo.