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 2025  novembre 24 Lunedì calendario

Tokyo vuole schierare missili vicino Taiwan. Pechino: “Tentativo di provocare confronto militare”

“Un tentativo deliberato di creare tensioni regionali e provocare un confronto militare”. Pechino torna ad attaccare Tokyo: ennesima puntata di questa crisi diplomatica tra i due Paesi asiatici – la più dura degli ultimi anni – iniziata lo scorso 7 novembre e che non accenna a placarsi. Le dichiarazioni di Mao Ning, portavoce del Ministero degli Esteri cinese, arrivano in risposta a quelle del ministro della Difesa giapponese Shinjiro Koizumi sul possibile dispiegamento di missili a Yonaguni.
In visita ieri nella base militare di Yonaguni, isola che si trova ad appena 110 km ad est di Taiwan, Koizumi ha ribadito che i piani per lo schieramento di missili terra-aria a medio raggio sull’isola giapponese procederanno. Già a gennaio di quest’anno – quindi prima di questa ultima crisi – l’ex ministro della Difesa nipponica Nakatani aveva dichiarato che Tokyo voleva installare missili Type 03 a Yonaguni (progettati per contrastare minacce aeree fino a 48 chilometri di distanza), ma finora sono stati fatti pochi progressi.
Koizumi ha dichiarato che il ministero sta ancora lavorando al piano e che condividerà i dettagli con il governo locale e la popolazione una volta che saranno stati definiti. “Il dispiegamento può contribuire a ridurre la possibilità di un attacco armato al nostro Paese”, ha dichiarato Koizumi, affermando inoltre che “l’opinione secondo cui ciò aumenterà le tensioni regionali non è accurata”.
Pechino: “Uno sviluppo estremamente pericoloso”
Pechino non la pensa così. “Se considerato insieme alle recenti dichiarazioni errate sulla questione di Taiwan del primo ministro giapponese Sanae Takaichi, questo sviluppo è estremamente pericoloso e deve suscitare grande vigilanza da parte dei Paesi vicini e della comunità internazionale”, dice Mao Ning. “Le forze di destra giapponesi stanno compiendo ogni sforzo per liberarsi dai vincoli della Costituzione pacifista, spingendosi sempre più lungo la strada del militarismo e trascinando il Giappone e l’intera regione verso il disastro”, continua la portavoce.
Yonaguni è il territorio giapponese più vicino a Taiwan. Ospita già strutture radar di sorveglianza nonché un’unità che potrebbe essere utilizzata per disturbare le comunicazioni nemiche. Nelle ultime settimane, come riporta Bloomberg, “l’esercito statunitense ha condotto un’esercitazione per trasportare rifornimenti da Okinawa a Yonaguni, simulando la creazione di una base operativa avanzata che potrebbe essere necessaria in caso di crisi regionale”.
Yonaguni si trova all’estremità meridionale dell’arcipelago delle Ryukyu. Ed è interessante notare che negli ultimi giorni i media statali cinesi hanno pubblicato una serie di articoli proprio sulle Ryukyu. L’antico regno delle Ryukyu era un regno indipendente ma con uno stretto legame tributario e culturale con la dinastia cinese dei Qing prima dell’annessione giapponese alla fine dell’800. L’arcipelago comprende Okinawa – la prefettura con più truppe americane sul suolo giapponese – e si trova in una posizione strategica nel Pacifico. I cinesi non stanno reclamando sovranità, però i pezzi usciti sulla stampa statale che chiedono ulteriori ricerche sulla “giustizia storica” alimentano le speculazioni che Pechino stia cercando di contestare il controllo di Tokyo su questi territori.
Le tensioni tra i due Paesi
Dopo le dichiarazioni della premier nipponica Sanae Takaichi dello scorso 7 novembre (sulla possibilità che il Giappone mobiliti le forze armate qualora la Cina dovesse cercare di conquistare Taiwan con la forza), le tensioni tra Pechino e Tokyo non accennano a placarsi. Pechino ha rispolverato un collaudato manuale quando si verificano crisi diplomatiche del genere: ha sconsigliato ai cinesi di andare in vacanza in Giappone, ha bloccato l’uscita di due film giapponesi, ha cancellato concerti ed eventi, ha sospeso l’import di prodotti ittici. Oltre a ciò domenica scorsa ha mandato navi a pattugliare le acque contese attorno alle isole Senkaku/Diaoyu (amministrate da Tokyo, rivendicate da Pechino).
Ieri si è fatto sentire per la prima volta anche il ministro degli Esteri cinese Wang Yi: “è scioccante che un leader giapponese in carica invii apertamente un segnale sbagliato di tentare di intervenire militarmente nella questione di Taiwan, dicendo ciò che non dovrebbe essere detto e oltrepassando una linea rossa che non deve essere toccata. La Cina deve reagire con determinazione”.
Nel weekend era intervenuto pure Fu Cong, ambasciatore cinese alle Nazioni Unite, che in una lettera inviata al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres scrive: “Se il Giappone osasse tentare un intervento armato nella situazione tra le due sponde dello Stretto, sarebbe un atto di aggressione. La Cina eserciterà con determinazione il proprio diritto di autodifesa ai sensi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale e difenderà con fermezza la propria sovranità e integrità territoriale”.
La Cina considera Taiwan parte del proprio territorio e ha promesso di riprendersi l’isola in futuro, se necessario anche con la forza. Un eventuale tentativo cinese di portare Taiwan sotto il completo controllo di Pechino utilizzando navi da guerra e forze militari potrebbe costituire una “situazione che minaccia la sopravvivenza” del Giappone, come disse Takaichi il 7 novembre, e dunque, in base ad una legge del 2015, scatenare il potenziale dispiegamento delle truppe nipponiche: Taiwan si trova a poco più di 110 km dal territorio giapponese e le acque che circondano l’isola costituiscono una rotta marittima fondamentale per il commercio da cui Tokyo dipende. Il Giappone ospita anche il più grande contingente militare statunitense all’estero.
Un’occasione per risolvere la disputa sarebbe potuta arrivare dal G20 in Sudafrica, ma non c’è stato nessun incontro tra il premier cinese Li Qiang e Takaichi.
Pechino chiede che Takaichi ritratti i commenti su Taiwan. Tokyo risponde che le parole della premier si riferivano ad una situazione ipotetica, che la posizione del governo non è cambiata, che il commento di Takaichi non era una novità. Nessuna delle due parti sembra voler cedere. La dichiarazione di Takaichi è andata oltre quella di qualsiasi altro primo ministro giapponese in carica in passato: il Giappone ha sempre mantenuto una posizione che ricalca quella “ambiguità strategica” su Taiwan che mantengono pure gli Stati Uniti, alleati di Tokyo. Commenti che hanno fatto infuriare Pechino, nonostante siano molti gli esperti a dare per scontato che, se gli Usa venissero coinvolti in un conflitto su Taiwan, il Giappone finirebbe trascinato dentro tale conflitto.