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 2025  novembre 24 Lunedì calendario

C’è anche Chomsky negli «Epstein files»

«Mi auguro che tu abbia festeggiato a dovere! Io e Noam speriamo di rivederti presto e di brindare per il tuo compleanno». A inviare questo messaggio a Jeffrey Epstein, nel gennaio del 2017, fu Valeria Wasserman, e il «Noam» citato è suo marito, il celebre linguista e filosofo statunitense Noam Chomsky. Che, da quanto emerge dalle migliaia di pagine di documenti sul finanziere pedofilo pubblicate lo scorso 12 novembre dal Congresso, aveva rapporti con Epstein molto più stretti di quanto non abbia mai ammesso: il professore ha sempre circoscritto i suoi scambi con il finanziere – morto in carcere a New York nell’agosto del 2019 – a brevi conversazioni di carattere politico o accademico.
Ma il suo nome, nei 23 mila nuovi «file» divulgati, compare decine di volte. In alcune mail, Chomksy discute con Epstein di musica e vacanze insieme. L’accademico, che oggi ha 96 anni, sembra anche ammettere di aver ricevuto 270.000 dollari da un conto bancario collegato al finanziere, mentre stava gestendo l’erogazione di fondi comuni relativi al suo primo matrimonio. In passato, però, aveva smentito di aver incassato «anche un solo centesimo» dal finanziere.
E ancora: c’è la bozza di una «lettera di raccomandazione» per Epstein vergata da Chomsky, con l’intestazione: «A chiunque può interessare». Non è datata, ma il filosofo si firma come «professore all’Università dell’Arizona», una carica accademica che ricopre dal 2017. Nel testo, Epstein è lodato dall’autore per averlo istruito sul «groviglio che è il sistema finanziario globale» in un modo che «la stampa specializzata» non è mai riuscita a fare. Segue un aneddoto, che una volta di più dimostra quanto in alto arrivassero i contatti del finanziere: «Un giorno discutevamo degli accordi di Oslo. Jeffrey alzò il telefono e chiamò il diplomatico norvegese che aveva coordinato i lavori». In un’altra occasione, Epstein organizzò un incontro tra Chomsky e l’ex premier israeliano Ehud Barak. La chiosa delle lettera è eloquente: «L’impatto della curiosità sconfinata di Jeffrey, della sua vasta conoscenza, delle sue intuizioni penetranti e delle sue valutazioni ponderate è ulteriormente accentuato dalla sua disinvoltura informale, priva di qualsiasi traccia di pretenziosità. È diventato rapidamente un amico molto apprezzato e una fonte costante di scambio intellettuale e stimoli». Riassunto: per Chomsky l’aver «mantenuto contatti regolari» con Epstein – che si offrì anche di ospitarlo nelle sue magioni a New York e in New Mexico – si è rivelata «un’esperienza preziosissima».
Il linguista non è il solo accademico che abbia frequentato Epstein. La nutrita lista comprende anche l’economista Larry Summers, ex segretario del Tesoro statunitense ed ex rettore di Harvard, che pochi giorni fa si è dimesso dal board di OpenAI e si è autosospeso dall’insegnamento nel celebre ateneo dopo che è venuto a galla il suo rapporto di strettissima amicizia con il finanziere.
Donald Trump ha firmato giovedì una legge che obbliga il dipartimento di Giustizia a divulgare entro trenta giorni tutti gli «Epstein files» di cui è in possesso. Ma ha anche garantito al ministero, guidato dalla sua ex avvocata Pam Bondi, ampia libertà nella selezioni dei documenti da diffondere.