Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  novembre 24 Lunedì calendario

La Russa e il caso Pasolini: da sinistra la solita spocchia, abbiamo già i nostri nomi

È un convegno organizzato per domani al Senato dalla fondazione Alleanza nazionale su Pier Paolo Pasolini nel cinquantenario della sua morte, e fa già molto discutere. Perché si intitola «Pasolini conservatore», perché c’è chi ci vede una appropriazione del grande intellettuale nelle file della destra, e perché – dopo il dibattito con interventi di esperti bipartisan – a concluderlo sarà Ignazio La Russa.
«Che c’entra lui con Pasolini? Che titolo culturale ha per parlarne?», si è chiesto lo scrittore e giornalista Fulvio Abbate, su Repubblica. E questo ha fatto irritare non poco il presidente del Senato. Non tanto perché, da padrone da casa a Palazzo Madama, si sente di poter intervenire ad un evento per chiudere i lavori, ma perché in atteggiamenti di questo tipo vede un «problema» vecchio e uno nuovo, ancora più «malizioso e fastidioso».
Il primo è più generale: «Che ci si possa sorprendere o anche infastidire perché la destra partecipa ad un dibattito culturale su chiunque indipendentemente da come la pensi, come se fosse una prerogativa e un diritto solo della sinistra, come fossero gli unici a potersi esprimere, ci dice molto sulla presunzione di un certo mondo, sulla spocchia di certi ambienti nutriti di “amichettismo”».
Ora in più, si lamenta La Russa «c’è questa sorta di accusa di volerci noi appropriare di figure che ritengono loro, perché siamo al governo e – dicono – ci servirebbe in qualche modo a rafforzarci, a renderci più credibili agli occhi dell’opinione pubblica, a conquistare più consensi. E questo è veramente fuori dal mondo».
Però chiedersi cosa c’entri la destra con Pasolini, che è stato considerato in vita un deviato per la sua omosessualità, insultato, messo all’indice, e che certo non si è mai dichiarato di destra, questo sarà lecito? «Di Pasolini a destra abbiamo sempre parlato – premette La Russa —, chi male e chi bene. Non c’è dubbio che una parte importante del nostro mondo non accettava le sue scelte di vita privata, ma ricordo anche che nel 1949 Pasolini fu espulso dal Pci per indegnità morale. Personalmente – aggiunge l’esponente di FdI – per fortuna, forse perché ho studiato all’estero dai 13 ai 18 anni, ho sempre avuto su questi temi un’apertura maggiore rispetto a molti altri italiani dell’epoca – e dico italiani, non solo di destra appunto —, quindi non ho mai giudicato una persona per le scelte sessuali. Ma al di là di questo, cosa c’entra poter dibattere o no su un grandissimo intellettuale?».
Il punto è proprio che molti pensano stiate strumentalizzando figure non «vostre» per allargare un Pantheon in cui grandi nomi mancano. «Accusa insensata. Ripeto, se vuole le elenco i tanti nomi del nostro Pantheon. Poi le do due motivi. Il primo è che dibattere e cercare quello che piace e interessa anche a chi non è strutturale al proprio movimento politico è sempre stato esercizio diffuso nella destra, soprattutto della mia generazione. Io leggo e leggevo di tutto, come ora, ascoltavo le canzoni di De André, di De Gregori (peraltro una bellissima, Il cuoco di Salò...). Proprio perché non avevamo molti artisti o scrittori che si dichiaravano di destra, cercavamo cultura ovunque, ci mescolavamo, ci interessava tutto. Più di loro che comunque il tentativo di parlare da sinistra di Gentile, D’Annunzio e perfino del controverso Celine a volte lo hanno fatto».
Poi, nel merito, «Pasolini è stato mirabilmente descritto in un articolo di Veltroni sul Corriere della Sera: più che un conservatore, che non ritengo fosse, era un irregolare. Nella vita come nella creazione artistica. Gli Scritti corsari, che io ho letto a differenza di altri che ne parlano senza averli letti, sono un inno alla irregolarità del pensiero, alla complessità delle posizioni, una rivolta contro schemi pre-costituiti».
Basta pensare alla famosa critica nei confronti degli universitari borghesi di Valle Giulia, quell’«“io sto con i poliziotti” perché figli di proletari», o perfino il ritorno alla natura («Che è un tema molto caro alla destra ecologista, come scelta praticata prima che come vessillo politico»), la rivolta contro il consumismo che si affacciava assieme al ’68, l’elogio di Ian Palach, e «il no all’aborto». E «non trascurerei l’assassinio del fratello antifascista da parte dei partigiani rossi». Ma La Russa non arriva a fare di Pasolini una bandiera: «No, perché non lo era. Era comunista, antifascista, ma appunto fuori dai dogmatismi schematici e dal concetto pietrificato di amico-nemico. Una figura estremamente interessante, che credo vada anche studiata dai giovani, soprattutto gli Scritti corsari».
Resta la domanda: lei che titolo ha per parlare di Pasolini? «Posso parlarne da persona che nell’85 da direttore di Radio University, la seconda radio politica nata in Italia dopo Radio popolare, organizzò un ampio dibattito su Pasolini. Sicuramente ne posso parlare almeno quanto il “signor Abate” (non so se con una o due b), del quale ricordo forse alcuni articoli sull’Unità ma non conosco i libri e non credo di essere il solo...».