Avvenire, 23 novembre 2025
Il tempo medio tra la condanna e l’atto finale è di 18,9 anni
Alcuni dati aiutano a dipingere un quadro d’insieme della pena di morte negli Stati Uniti, uno dei quattro Paesi sviluppati, insieme a Giappone, Singapore e Taiwan, a prevedere l’esecuzione di Stato nel proprio ordinamento.
Negli Stati Uniti attualmente ci sono circa 2.241 persone nel braccio della morte, in calo rispetto al picco raggiunto nell’anno 2000. Il numero dei condannati a morte è diminuito negli ultimi 25 anni consecutivi in seguito a condanne annullate, esecuzioni e decessi per altre cause.
California, Florida e Texas hanno le popolazioni carcerarie più numerose di detenuti nel braccio della morte, sebbene l’Alabama abbia il tasso pro capite più alto.
Nel 1972, la Corte Suprema degli Stati Uniti abrogò come incostituzionali le leggi sulla pena capitale, riducendo tutte le condanne a morte all’ergastolo.
Successivamente, la maggior parte degli Stati emanò nuove leggi sulla pena di morte e la Corte ne riaffermò la legalità nel 1976. Da allora sono state portate a termine 1.613 esecuzioni, con un tempo medio tra la condanna e l’esecuzione di 18,9 anni. Il 40% dei condannati a morte sono neri, sebbene gli afroamericani negli Stati Uniti rappresentino solo il 14,4% della popolazione. Inoltre, sempre dal 1976, almeno 200 persone condannate a morte sono state scagionate per non aver commesso il crimine loro imputato. Le ingiustizie razziali e il rischio di errori sono i motivi principali che hanno spinto negli ultimi anni 23 Stati, più il Distretto di Columbia e Portorico, ad abolire la pena di morte.