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 2025  novembre 23 Domenica calendario

Pena di morte «essenziale» per Trump, non per gli americani

Le esecuzioni sono tornate a crescere negli Stati Uniti con un’intensità che non si vedeva da oltre un decennio. Dopo un calo storico, il numero di condanne capitali portate a termine nel 2025 ha subito un’impennata: 41 persone sono già state uccise e altre cinque lo saranno entro la fine dell’anno, salvo interventi dei tribunali o dei governatori. Non si registrava un numero simile dal 2012. Secondo gli esperti, l’aumento non riflette un cambiamento dell’opinione pubblica, tutt’altro. «È soprattutto un cambiamento politico – spiega Robin Maher, direttrice del Death Penalty Information Center, istituto indipendente che monitora l’uso della pena capitale –. Non c’è alcuna prova che gli americani sostengano di più la pena di morte».

I sondaggi Gallup lo confermano: solo il 52% degli intervistati oggi è favorevole all’uso del boia e la percentuale è in calo costante dagli anni Novanta. E solo il 47% (un record storico) pensa che la pena di morte sia applicata in modo equo negli Stati Uniti.

Anche i tribunali emettono meno sentenze capitali: nel 1996 furono 316, nel 2025, fino ad agosto, appena dieci. Eppure le esecuzioni crescono, seguendo una precisa direzione politica. A imprimere l’accelerazione è stato soprattutto Donald Trump, che non appena tornato alla Casa Bianca ha firmato un ordine esecutivo che incoraggia procuratori e governatori statali a perseguire in modo più aggressivo la pena capitale, soprattutto in casi che coinvolgono immigrati irregolari o omicidi di agenti di polizia. Nel decreto la pena di morte viene definita «essenziale» per la sicurezza pubblica, nonostante numerosi studi abbiano dimostrato che non ha un reale effetto deterrente.
L’Amministrazione Trump ha anche promesso di fornire agli Stati le sostanze necessarie alle iniezioni letali, da anni difficili da reperire dopo che numerose aziende si sono rifiutate di fornire medicinali per lo scopo specifico di mettere fine a vite umane e dopo vari scandali legati a procedure fallite. Trump accusa giudici e politici che si oppongono alla pena capitale di «sovvertire la legge», e considera illegale il precedente di Joe Biden che aveva commutato numerose condanne federali a morte prima di lasciare la Casa Bianca. E, dopo aver posto fine a una pausa di 17 anni sulle esecuzioni federali, Trump ha promesso di imporre la pena di morte a tutti i casi di omicidio di competenza federale: un impegno che il nuovo procuratore generale Pam Bondi ha posto tra le priorità del ministero alla Giustizia.

Nel 2025 le esecuzioni sono avvenute in 11 Stati, quasi tutti guidati da governatori repubblicani: Alabama, Arizona, Florida, Indiana, Louisiana, Mississippi, Missouri, Oklahoma, South Carolina, Tennessee e Texas. La parte del leone la fa la Florida, con 15 esecuzioni già compiute e altre tre in calendario. Seguono Alabama e Texas con cinque; la Carolina del Sud raggiungerà la stessa cifra con un’esecuzione prevista la prossima settimana.
Un altro fattore chiave che spiega l’impennata è la fine delle moratorie che negli ultimi anni avevano sospeso la pena capitale in vari Stati, spesso per dare alle Amministrazioni statali il tempo di rivedere protocolli di esecuzione contestati come incostituzionali o crudeli. Alcuni Stati hanno dunque adottato tecniche alternative. Alabama e Louisiana hanno autorizzato l’uso dell’azoto e la Carolina del Sud ha ripristinato il plotone d’esecuzione, un metodo già usato per tre dei cinque condannati messi a morte quest’anno, anche se tre quarti degli americani lo considera «barbarico».