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 2025  novembre 23 Domenica calendario

I file segreti di Epstein blindata la sede dell’archivio L’Fbi: «Alto rischio di furto»

L’Fbi ha inviato agenti armati a presidiare il Central Records Complex, la struttura in Virginia dove sono custoditi i documenti relativi al caso Jeffrey Epstein, il finanziere pedofilo morto in carcere nel 2019. La decisione è arrivata dopo che, su Reddit e altri social network, sono comparsi commenti che ipotizzavano proteste davanti all’edificio e, in alcuni casi, azioni più dirette per ottenere l’accesso ai file. Alcuni utenti hanno suggerito che se i documenti venissero modificati o «ripuliti» da nomi politicamente sensibili, «la protesta potrebbe non bastare». Un altro utente ha scritto: «A che punto si passa dalla protesta all’azione successiva?». Su altri canali social, alcuni hanno ipotizzato di «prendersi i file Epstein da soli». La sorveglianza è stata rafforzata per proteggere sia la struttura che il personale presente, sostiene l’Fbi. Secondo fonti interne citate da Bloomberg, gli agenti assegnati di solito al quartier generale di Washington sono stati spostati temporaneamente in Virginia. Il Central Records Complex è un archivio di 23.000 metri quadrati che contiene circa due miliardi di pagine cartacee.
Qui, tra marzo e maggio, agenti dell’Fbi, funzionari dell’Ufficio Foia (curano l’accesso ai documenti pubblici negli Usa) e addetti del centro di verifica interna hanno lavorato a una revisione completa dei documenti raccolti nell’indagine su Epstein, applicando le nove eccezioni previste dal Freedom of Information Act per decidere cosa potesse essere rilasciato. Il contenuto dei file copre quasi vent’anni di indagini federali: testimonianze, atti di procura, documenti riservati, email, comunicazioni interne e materiali provenienti dal gran giurì. L’intero pacchetto, una volta analizzato, è stato inviato al segretario alla Giustizia, Pam Bondi, che in estate, con una dichiarazione congiunta con l’Fbi, ha comunicato che non sarebbero stati pubblicati altri materiali, ritenendo concluso l’esame. La settimana scorsa, però, la Camera ha approvato con 427 voti favorevoli e uno contrario l’Epstein Files Transparency Act, una legge che impone al dipartimento di Giustizia di pubblicare tutti i documenti non classificati relativi all’indagine, in formato digitale e consultabile, entro trenta giorni.
Donald Trump ha firmato il testo mercoledì. La legge autorizza comunque il governo a trattenere documenti nel caso in cui la loro pubblicazione possa compromettere indagini ancora in corso. Poche ore prima del voto, Mark Epstein, fratello di Jeffrey, ha dichiarato a NewsNation che i file sarebbero stati manipolati per rimuovere «nomi repubblicani». Ha detto di averlo saputo da una «fonte affidabile» e ha indicato direttamente il direttore dell’Fbi come responsabile. Nonostante non ci siano elementi per sostenere la tesi del fratello di Epstein, le sue parole sono state riprese su internet, alimentando le teorie del complotto che da anni circondano la questione. Sempre la settimana scorsa, l’House Oversight Committee ha diffuso migliaia di email recuperate dall’archivio personale di Epstein. Alcune mostrano contatti con politici sia repubblicani che democratici, tra cui Bill Clinton e l’ex segretario al Tesoro, Larry Summers: ci sono diverse email in cui Trump viene citato e nelle quali Epstein sostiene di essere «l’unico che può distruggerli». In questo contesto, la deputata Marjorie Taylor Greene, figura centrale nella destra Maga e in passato molto vicina a Trump, ha annunciato che non si ricandiderà al Congresso nel 2026. Greene è stata tra le promotrici della legge sulla trasparenza dei file Epstein e da anni sostiene diverse teorie del complotto sulla presenza di un rete criminale pedofila internazionale. Inoltre da mesi denuncia possibili censure e interferenze. Greene non ha spiegato le ragioni della sua uscita. In un messaggio sui social ieri mattina, Trump ha definito ancora una volta Taylor Greene una «traditrice», commentando il suo annuncio di dimissioni, aggiungendo che «è peggiorata» dopo che lui «si è rifiutato di rispondere alla sua raffica infinita di telefonate».