il Fatto Quotidiano, 23 novembre 2025
Aggressioni, estorsioni e spaccio in cella: a Prato maxi-operazione su 564 detenuti
Estorsioni, violenze e spaccio di droga, portata dentro il carcere attraverso familiari, detenuti in libera uscita, un’addetta alle pulizie connivente e addirittura con l’utilizzo di droni: velivoli equipaggiati con lenze da 20 metri, capaci di depositare pacchi direttamente alle finestre delle celle prive di rete anti-lancio. È l’affresco inquietante che emerge dal penitenziario la Dogaia di Prato, che ieri è stato al centro di una maxi-operazione: 564 detenuti perquisiti da più di 800 uomini, fra polizia penitenziaria e carabinieri. Un intervento definito dal procuratore di Prato, Luca Tescaroli, “straordinario per dimensioni e necessità” e che fotografa un quadro di illegalità diffusa nella struttura. Il blitz segue una precedente perquisizione avvenuta lo scorso giugno, che aveva già evidenziato la presenza di agenti corrotti, traffici di armi e telefoni, oltre che boss che gestivano affari, profili TikTok e carte ricaricabili mentre erano in cella.
Al centro dell’attenzione è finita anche la struttura di accoglienza Jacques Fes, considerata dagli investigatori una sorta di base logistica per l’approvvigionamento della droga destinata ai detenuti in permesso premio. Le indagini documentano anche un clima di violenza sistematica. Più detenuti sarebbero stati costretti, con minacce e aggressioni, a contribuire al traffico di droga. Chi si ribellava veniva punito. Succede l’8 aprile 2025 a un detenuto, vittima di un pestaggio. Riaccade il 16 maggio, con un secondo detenuto ferito con un punteruolo. Mentre un terzo uomo è stato vittima di un’estorsione da 1.000 euro, imposti oltre al prezzo della cocaina acquistata. Dal luglio 2024 a oggi, le diverse operazioni hanno portato al sequestro di hashish, cocaina, eroina, anfetamine, oltre a 49 telefoni cellulari, router e varie armi da taglio. Tra i reati per cui si indaga anche alcune violenze sessuali.
In questo contesto si innesta l’aggressione a Vasile Frumazache, sospetto serial killer e indagato per l’omicidio di due prostitute, Denisa Maria Adas e Ana Maria Andrei. Dopo essere stato arrestato, Frumazache era stato aggredito nel carcere di Prato, dove era detenuto un parente di una delle due vittime. Un evento particolarmente grave, perché era stato preceduto da un trasferimento di Frumazache, seguito alle proteste di un gruppo di carcerati romeni. Per questi fatti ci sono tre agenti indagati per rifiuto d’atti d’ufficio e lesioni personali.