il Fatto Quotidiano, 23 novembre 2025
Zelensky, B. e Churchill: cessi d’oro o democratici
Il cesso è potere. Una questione politica e finanziaria più che artistica. Come certificato, ohibò, dal controverso (e un po’ paraculo) Maurizio Cattelan – l’artista italico più quotato nell’orbe terracqueo – che a New York ha venduto ad appena 12 milioni di dollari la sua tazza d’oro intitolata America e in tinta coi capelli di The Donald: “America si è venduto come oro, non come mito. Il valore culturale svanisce e resta solo il metallo”. In pratica, il water di cento chili d’oro a 18 carati, all’asta di Sotheby’s, è stato aggiudicato in base al peso e al costo del metallo usato. E basta. Stavolta l’arte non è stata premiata, avrebbe sentenziato Totò, principe napoletano.
In realtà, Cattelan ne aveva fatto anche un altro, di cesso d’oro. Venne rubato nel 2019 e mai più recuperato, da Blenheim Palace, sontuosa e immensa dimora di campagna nei dintorni di Oxford. In quella residenza, magnifica coincidenza, era nato Sir Winston Churchill buonanima, il premier britannico che seppe coniugare il suo gabinetto di governo con il water in maniera poco british e molto sanguigna. Un giorno venne convocato dal Lord del Sigillo Privato (carica di nomina monarchica) mentre lui era in bagno. Rispose al messaggero: “Dica al Lord che io sono sigillato nel mio cesso privato e posso avere a che fare con un solo stronzo per volta”.
La tazza tory di Churchill incarna l’essenza democratica del cesso, il luogo dove tutti sono uguali quando sono seduti. Ricchi e poveri, potenti e umili. Sempre di recente, però, si è registrato lo slittamento bellicista nonché classista del water. Ancora una tazza d’oro. Questa volta in Ucraina, e non un’opera d’arte. Bensì l’icona cafona della corruzione prosperata all’ombra di Volodymyr Zelensky, il presidente, e incarnata dall’oligarca tangentista Timur Mindich, che oltre al vaso ha pure il bidet d’oro. La scoperta ha provocato lo sdegno putiniano contro la Casta di Kiev. Ha commentato Zar Vlad: “Penso che sia chiaro a tutti che queste persone sedute su water d’oro non pensano al destino del loro Paese, dei loro soldati e della gente comune”. A consolidare la dimensione populista della tazza è stato poi uno che fu grandissimo amico dell’autocrate russo: Silvio Berlusconi. Nella toilette della sua storica residenza romana di Palazzo Grazioli in via del Plebiscito (lasciata nel 2020), B. aveva affisso il Contratto con gli italiani firmato nel maggio del 2001, prima delle Politiche di quell’anno, nel salotto tv di Prono, pardon Bruno, Vespa. Questa la spiegazione data da Berlusconi agli eccitati visitatori di Palazzo Grazioli: “Ogni mattina mi siedo, lo guardo e me lo leggo”. Promesse da gabinetto.
La toilette berlusconiana divenne infine un bagno pubblico, noto cioè a tutti, quando due ragazze pugliesi, Barbara Montereale e Lucia Rossini, si scattarono dei gioiosi selfie. Era il glorioso novembre a luci rosse del 2008, il periodo in cui Patrizia D’Addario venne ospitata nel lettone dono putiniano la notte in cui Obama venne eletto presidente degli Stati Uniti per la prima volta. Laddove poi la demagogia del cesso raggiunge il liberatorio vaffanculo, ecco lo sciacquone catartico di Stefano Bandecchi, già sindaco di Terni e oggi candidato presidente alla Regione Campania. Un anno fa rispose ai suoi oppositori con un video su Instagram. Inquadratura fissa sulla tazza e vaticinio dell’autore sull’acqua che scorre dallo sciacquone tirato: “Voi di sinistra farete questa fine. Vaffanculo a tutti. Vi saluto”. Un signorone d’altri tempi.
In compenso, la sinistra ha ristabilito il valore democratico del water grazie al suo ennesimo papa straniero, un papa però nel vero senso della parola: Francesco. Nella primavera del 2017 Bergoglio si trovava in visita in una periferia di Milano quando ebbe la necessità di fare pipì. Senza tentennare entrò in un bagno chimico e si chiuse dentro.
Ovviamente, in una fenomenologia politica del cesso, non può mancare Matteo Renzi. L’ex premier, nel 2019, denunciò il direttore del Fatto: durante un collegamento tv, nella libreria alle spalle di Marco Travaglio si vedeva un rotolo di carta igienica con il volto renziano stampato sopra. Nell’atto di citazione si valutava in mezzo milione di euro l’insieme di danni morali, esistenziali e patrimoniali. Quattro anni dopo il Tribunale di Firenze ha invece condannato lo stesso Renzi a risarcire Travaglio “perché un uomo politico deve tollerare immagini satiriche”. Il rotolo renziano aveva pure un’avvertenza di pericolo, con tanto di feci. L’ex leader del Pd scrisse nel suo atto di “feci umane fumanti”. Gira e rigira si torna sempre a quello che disse il socialista Rino Formica: “La politica è sangue e merda”. Anche fuori dal cesso.