il Fatto Quotidiano, 23 novembre 2025
Intervista a Eddie Brock
Come si sta in vetta?
(Si guarda attorno stupito). Scalo, casco, scalo di nuovo. Ricasco.
Però ora respira un’altra aria.
Mica tanto, adesso sono qui, ma tra poco, come ogni giorno, torno al lavoro.
Che lavoro?
Check-in e check-out per un bed e breakfast; (pausa) i locali non sono miei.
Comunque…
Ancora non ho capito cosa sta accadendo e forse mi piace pensarla così, come un qualcosa in divenire.
La riconoscono per strada?
A volte ed è divertente; si avvicinano con la frase “sei quello di…?” e citano la canzone.
(La canzone è “Non è mica te”. Lui si chiama Eddie Brock, ha 28 anni, è di Roma ed è un ragazzo divertito, in apparenza disincantato, nella sostanza curioso della vita; uno che ha ben chiaro come l’esistenza è unica solo per l’anagrafe, più ciclica per chi l’affronta. A 28 anni ha centrato il singolo giusto, e quel singolo gli ha regalato milioni di contatti, un bel riflettore, quindi le ospitate ad “Amici” e alle “Iene”).
Bello.
Altre volte dopo la foto m’invitano alle partite di calcetto e lì sono ancora più felice.
Calciatore provetto.
No, sono normale.
Calciatore mancato.
A sedici anni ho toccato l’agonistica; oggi sul campo da pallone sembro un rincojonito.
Low profile, sempre.
Sono così. Non per modestia.
Eppure ha trovato una hit.
Quel brano neanche lo avevo scelto.
Cioè?
Ero in studio con i miei produttori e Non è mica te l’avevo messa da parte, pensavo non fosse un granché. Arriva un ragazzo, per caso inseriscono la cassetta, lui si ferma, l’ascolta, si commuove.
E lì?
Ho pensato: forse sbaglio, è bella.
Benedetto ragazzo.
Scrivo i brani ma non so giudicarli.
Quanti ne ha nel cassetto?
Tantissimi, scrivo quasi tutti i giorni.
Come ha iniziato?
Da bambino, con il rap, lo trovavo divertente, invece ero noiosissimo.
Pure qui.
Testi lunghi cinque minuti e tutti basati su vicende catastrofiche.
A qualcosa saranno servite.
Ho capito che amo raccontare le storie degli altri.
Ha provato con i talent?
X-Factor e Amici: scartato.
Subito.
Non è stata colpa dei giudici, più mia: non ero pronto.
Anche allora lo pensava?
(Ride) In quel momento ho rosicato. Ora sono passati otto anni, mi sono rivisto, e capisco.
È la gavetta.
Ho le immagini di quando suonavo nei pub e sembravo uno scappato di casa.
Quanto pubblico?
Dieci, quindici persone; (pausa, cambia espressione) erano tutti amici e parenti.
Spesso mettono più paura i pochi.
Perché li guardi in faccia e non puoi scappare dalle loro espressioni.
Mamma e papà?
Mi hanno sostenuto e aiutato, pure economicamente. Attenzione: ho sempre lavorato.
Dove?
Pure nei call center.
È stato uno di quelli…
Sì, che rompe le palle. Che si becca il telefono in faccia.
Qualcuno rispondeva?
Chiamavo talmente tante persone che ogni tanto trovavo chi pensava “poraccio, sentiamolo”. Guadagnavo 500 euro al mese.
Si sveglia la notte e scrive?
Ma che è matto?
Ha l’ansia pre-esibizione?
Ad Amici stavo per morire, non so come mi sono tenuto in piedi. Ma quando ho iniziato a cantare, è passato tutto.
Il successo è arrivato a 28 anni. Preferiva prima?
A 21 anni mi sarei perso, sarei impazzito, poi ero fumantino, non sopportavo le critiche, non avevo la giusta maturità.
Qual è la salvezza?
Amare la propria vita a prescindere da musica o successo; se con la musica finisce, so come arrangiarmi.
Magari la chiamano per Sanremo.
Dopo tutto quello che mi è accaduto, sarebbe un sogno.
Perché si chiama Eddie Brock come un personaggio dei fumetti?
(Qui si illumina, parla a voce bassa, un po’ sorniona) Non mi piace tanto.
Non è possibile.
L’ho scelto da ragazzino quando suonavo rap; oggi mi è rimasto attaccato e lo sbagliano veramente tutti.
Ahi.
No, questo mi diverte.
Ha incassato qualcosa dalla canzone?
(Apre il cellulare, mostra lo schermo) Ecco il mio conto in banca: dentro c’è un euro.
Con i primi soldi che guadagnerà?
Lì do a casa, poi se avanza qualcosa compro un motorino e cambio il cellulare: è rotto (effettivamente non è ridotto benissimo). Ora vado, ho un check-in…