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 2025  novembre 23 Domenica calendario

Le vittime di Epstein "Siamo più di mille Sedotte, abusate, raggirate"

«Sono una storia tra mille. Soffermatevi su questo numero: mille». Sono parole di Danielle Bensky, abusata da Jeffrey Epstein quando aveva 17 anni. Gli stessi anni che aveva Virginia Giuffre, forse la più famosa delle sue vittime. Uno in più di Annie Farmer, che ne aveva solo 16 anni quando Epstein e Ghislaine Maxwell approfittarono sessualmente di lei. Due in più di Maria Lacerda, conosciuta agli atti come “Vittima n. 1”, quella le cui dichiarazioni hanno dato via all’indagine. Le vittime del pedofilo morto suicida in carcere nel 2019 provengono da contesti diversi, hanno diversa etnia, religione, credo politico, storia familiare. Eppure tutte raccontano storie simili, accomunate dallo stesso orrore, dalle stesse parole, dalle stesse dinamiche di quello che tecnicamente viene definito grooming, un mix di seduzione e raggiramento usato dai predatori per far sentire le proprie prede importanti, accudite, persino amate. «Ho incontrato Epstein e Maxwell tramite mia sorella Maria», racconta Farmer, oggi una psicologa. «Si era trasferita a New York per diventare un’artista visiva. Le offrirono un lavoro presso una delle sue proprietà. Fu Epstein a pagarmi il biglietto per raggiungere Maria a New York e incontralo: diceva che mi avrebbe aiutato con l’Università». Da lì Farmer racconta il viaggio insieme nel suo ranch in New Mexico, Maxwell che le insegna «come a Jeffrey piace che gli si massaggino i piedi», gli abusi subiti da entrambi. «La sua casa era una porta girevole. C’erano sempre ragazze», racconta Maria Lacerda. Lei, immigrata dal Brasile, ha 14 anni quando lui le chiede un massaggio che finisce poi in un abuso durato anni fino alla maggiore età. «Non mi voleva più. Mi diceva semplicemente: sei troppo vecchia». Jess Michaels ha 22 anni quando viene violentata da Epstein, nel 1991. «Il giorno dopo, quando arrivai alla reception di una famosa scuola di danza dove stavo completando il mio percorso di studio-lavoro, la mia amica Joanne capì subito. Deve aver visto la mia espressione perché mi afferrò e mi trascinò in ufficio. Scoppiai a piangere e le raccontai una frazione di quello che era successo la sera prima: ero troppo umiliata per raccontarle tutto». Chauntae Davies ha 21 anni quando lo incontra per la prima volta. «Stavo studiando da massaggiatrice e il mio insegnante mi chiese di accompagnarlo a un appuntamento con Ghislaine Maxwell che era sua cliente». Il reclutamento avviene lì, nella villa di Palm Beach: le viene offerto un lavoro, senza aver finito il corso. Al primo massaggio con Epstein, tutto sembra normale, fino a quando «si è girato sulla schiena e mi ha chiesto se mi dava fastidio che si masturbasse. Gli diedi il permesso di toccarsi perché non sapevo cos’altro dire o fare». Un racconto simile a quello che Michelle Licata fa alla giornalista del Miami Herald Julie K. Brown, la prima a indagare sulle attività di Epstein in Florida e a mettersi in contatto con decine di ragazze finite nella rete del pedofilo. Alla fine saranno 80 le giovani sentite dalla giornalista e raccontate nella serie di articoli intitolati “Perversion of justice”. «Ricordo la scala a chiocciola, l’entrata della stanza, il lettino per il massaggio. Lui era sdraiato sulla pancia, con un asciugamano addosso. Si è girato e mi ha detto di spogliarmi», racconta Licata, una delle poche ad aver affrontato Epstein in tribunale, durante le udienze che hanno portato all’arresto del 2019. Anche Courtney Wild ha solo 14 anni quando un’amica la convince ad andare a Palm Beach e fare dei massaggi a un ricco signore. Massaggi che si sono subito trasformati in abusi durati anni e che l’hanno portata all’alcool e a fare uso di droghe, con anche tre anni di prigione. «Una delle domande che mi hanno fatto in questi anni è perché sono tornata da lui, ma quando hai 14 e vieni da una famiglia povera, 200 dollari sono tanti. Da dove abitavo io, attraversare il ponte per Palm Beach significava percepire la ricchezza e il potere che venivano da lì». Crescendo, Courtney ha iniziato a provare vergogna e senso di colpa, una caratteristica tutte le vittime hanno sperimentato. «Si sono assunte gran parte della colpa degli abusi», dice la terapeuta Randee Kogan. «Epstein era un classico adescatore. Creava con loro un rapporto, le faceva sentire speciali. Ricevevano un’attenzione che non ricevevano altrove». E questo le portava a far entrare nel giro altre ragazze, sentendosi poi ancora più in colpa. «Spesso Epstein mi diceva quello che avevo bisogno di sentirmi dire», scrive nel suo libro “Nobody’s Girl” Virginia Giuffre, la più famosa delle vittime, abusata da Epstein e da altri, tra cui il Principe Andrea. «Mi diceva che ero intelligente e piena di potenziale».