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 2025  novembre 23 Domenica calendario

«La metà dei profitti 2025 andrà ai nostri lavoratori. La lezione di mio padre»

Un segnale che diventa messaggio e si riassume in una parola: gratitudine. Valentina Pellegrini lo annuncia così: «Ho deciso di condividere la metà dei profitti del 2025 con i nostri lavoratori. L’azienda compie sessant’anni e mi sembra importante in questo anniversario trasmettere il senso di riconoscenza che ha sempre ispirato la mia famiglia». Una decisione in continuità con lo stile del padre Ernesto, che della Pellegrini è stato il fondatore e presidente fino al maggio scorso. «Ho imparato dai miei genitori il valore della generosità e dell’attenzione alle persone», dice al Corriere la presidente e amministratore delegato dell’azienda, da anni leader nel settore della ristorazione, dei servizi integrati e nel welfare d’impresa con 11 mila collaboratori e oltre un miliardo di fatturato. Per la Pellegrini il 2025 doveva essere un anno speciale, con i festeggiamenti per i sessant’anni di attività. «Mio padre purtroppo non ci sarà, e questo è un grande dolore. Abbiamo cancellato i piani celebrativi, ma la cena di Natale con i dipendenti no, quella è rimasta come momento di condivisione, per saldare ancora di più il legame che in questi anni ha fatto crescere l’azienda».
E così ieri sera ha annunciato il premio ai lavoratori...
«Premio non è la parola esatta. È un riconoscimento economico straordinario, pensato per tutti i dipendenti, crescente in funzione del numero di anni passati in azienda. Complessivamente è pari alla metà dei profitti di quest’anno della Pellegrini spa».
Una scelta che impegna una cifra rilevante nel bilancio dell’azienda, più di tre milioni di euro, in un momento complesso per le imprese e per chi lavora.
«Considero l’attenzione alle persone che lavorano in Pellegrini un valore imprescindibile. Mio padre ha vissuto l’azienda come una seconda famiglia e non ha mai fatto mancare la sua riconoscenza, così come ha sempre dato un sostegno a chi si è trovato in difficoltà...».
...Per esempio ha creato Ruben, il ristorante solidale a un euro, una storia nella storia per la famiglia Pellegrini, un esempio di generosità ambrosiana.
«Mio padre parlava di restituzione come un obbligo morale, per aiutare le persone a risollevarsi, a superare i momenti di difficoltà. Ruben è stata una scelta condivisa dalla famiglia, con mia madre Ivana e mio marito Alessandro. Dal 2013 ha accolto e sostenuto più di 15 mila famiglie, con le quali abbiamo condiviso cene, storie e relazioni».
La sua Fondazione è un osservatorio sui nuovi poveri a Milano. Chi sono le persone a rischio oggi?
«Purtroppo, le persone economicamente fragili sono in aumento e spesso dietro a tante fragilità c’è un volto femminile. Le donne hanno il peso maggiore dei carichi di cura, dei bambini, degli anziani, dei familiari non autosufficienti. Molte rinunciano al lavoro, alla propria autonomia, alle prospettive di crescita personale. Credo che sostenere la continuità del lavoro femminile sia utile anche per prevenire il rischio di povertà e rafforzare la tenuta della famiglia».
Vede anche lei una Milano a due velocità, in cui aumentano le distanze tra ricchi e poveri?
«Amo Milano e la sua energia, è una città sfidante: da imprenditrice ne vedo i lati positivi nell’attrattività e nel ruolo internazionale. Ma dalla Fondazione ne vedo le contraddizioni, molte passano da Ruben: bisogna promuovere nuove reti di solidarietà, prevenire i disagi, far nascere un nuovo welfare pubblico-privato».
È un altro dei compiti che si è data, oltre alla direzione aziendale?
«Con la Fondazione di famiglia e il suo amministratore Giuseppe Orsi abbiamo lanciato “Futuro Prossimo”, un progetto di welfare solidale in collaborazione con altri partner impegnati nel sociale. Si cerca di intercettare non solo chi è in uno stato di povertà, ma anche e soprattutto chi rischia di entrarci, e prevenire che accada».
Ogni giorno la Pellegrini mette a tavola nei ristoranti aziendali almeno 400 mila persone. Il cibo è sempre più centrale nelle scelte e nelle abitudini degli italiani?
«Lo è diventato. E noi impattiamo ogni giorno sulla salute delle persone: far bene da mangiare non basta più. Abbiamo superato il concetto di azienda fornitrice di pasti, l’attenzione della Pellegrini è sul benessere: oggi siamo fornitori di welfare. Posso dire: siamo una welfare company».
Che cosa vuol dire per la strategia aziendale?
«Significa mettere al centro ricerca e sviluppo, investire in ogni fase della nostra catena del valore: dalla qualità e sostenibilità della filiera, ai processi, fino alle campagne di promozione di una corretta cultura del benessere. La nostra Accademia è impegnata su questi temi, in collaborazione con università e centri di ricerca italiani ed esteri».
Si andrà verso un servizio sempre più personalizzato anche nelle mense?
«Il vero cliente per noi è l’utilizzatore del servizio stesso e stiamo diventando sempre più un’azienda BtoC. Con la Fondazione Valter Longo, per esempio, abbiamo avviato uno studio scientifico con l’obiettivo di analizzare l’impatto del modello ristorazione Pellegrini sulla salute e la sana longevità dei nostri commensali. E siamo impegnati a promuovere uno stile di vita orientato alla prevenzione, a partire dai luoghi di lavoro».
Conciliare produttività, benessere e responsabilità sociale: è questo il suo modello?
«Vogliamo evolvere rimanendo fedeli ai nostri valori, tenendo presente che la rapidità dei cambiamenti nel mondo non ci permette più di guardare solo dentro casa, anche se la casa è grande. Sono affascinata dalle grandi rivoluzioni portate dai rapidi sviluppi tecnologici che riguardano anche la nostra industria: una partita che la Pellegrini giocherà per vincere».
Un po’ come l’Inter, per usare una metafora cara a Ernesto Pellegrini e alla sua squadra del cuore. Senza dimenticare il valore umano dell’impresa.
«Ricordo certe mattine di Natale passate con mio padre alla Baggina, a trovare gli anziani. Arrivava con un regalo, chiedeva di poter esaudire un desiderio, provava tristezza per chi era lì, lontano dalla famiglia, molto spesso senza una famiglia. Il forte desiderio che aveva di farli felici mi ha segnata nel profondo, è stato per me un esempio di vita. Qualche giorno fa mia figlia Ginevra, in visita al nonno al cimitero, ha chiesto a mia madre di comprarle un mazzolino di fiori per “metterne uno a chi non ne ha”. Una richiesta che mi ha commosso, ma non stupito. In lei ho rivisto il nonno la mattina di Natale...».