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 2025  novembre 23 Domenica calendario

Ucraina, il piano-choc. Oggi vertice a Ginevra. L’Europa si gioca tutto

Caccia il Cardinale, gli avevano detto i suoi deputati. Non mandarlo in missione, gli avevano suggerito i suoi collaboratori. Qualsiasi cosa è meglio che farcelo trovare di fronte, l’avevano avvertito da Bruxelles. Niente da fare: il Cardinale non si tocca e Volodymyr Zelensky se l’è portato in Spagna, in Turchia e ha deciso che anche oggi a Ginevra, nel conclave americano-ucraino-europeo convocato per discutere il Piano Trump, sarà proprio Andrii Yermak a guidare la delegazione di Kiev.
Troppo amico, Yermak, da quando quindici anni fa era il produttore tv del comico Zelensky. Troppo informato, da quando cinque anni fa venne nominato capo dello staff. Troppo coinvolto, ora che lo scandalo dei cento milioni di dollari – e delle villone costruite fuori Kiev coi soldi degli aiuti – infanga lui e schizza sul presidente ucraino.
«Dobbiamo unirci, tornare in noi stessi, smetterla con le cretinate, smetterla coi giochi politici», intima Zelensky: «I nostri rappresentanti devono saper come difendere gli interessi nazionali e che cosa fare per impedire alla Russia di lanciare una terza invasione». Palazzo Marinskij ha aperto un’inchiesta interna sulle spese della Difesa: le beffe di Vladimir Putin sul «water d’oro» dell’amico di Zelensky hanno lasciato il segno. Ma la squadra di questi quattro anni di guerra, per ora, non si cambia. E dunque chi meglio di Yermak, detto il Cardinale, per negoziare i 28 punti del Piano col segretario americano Marco Rubio e con l’inviato trumpiano Steve Witkoff?
L’Ucraina ha 5 giorni per dire sì. Anche se Donald Trump precisa che quella a Kiev non è un’offerta definitiva e servirà «ulteriore lavoro». Sul Piano, che sembra piacere solo a Putin, continuano a piovere critiche. Dal presidente francese Emmanuel Macron, per il quale «senza elementi di deterrenza, i russi ritorneranno». Dal cancelliere tedesco Friedrich Merz: «Se l’Ucraina perde questa guerra ed è possibile che collassi, ci sarà un impatto sull’intera politica europea».
Ma pure da molti senatori americani, repubblicani e democratici: «Non raggiungeremo una pace duratura – dicono – offrendo concessioni a Putin e compromettendo la capacità dell’Ucraina di difendersi. La storia ci ha insegnato che Putin conosce solo la forza». Venerdì sera, il segretario americano all’Esercito, Dan Driscoll, ha incontrato gli ambasciatori europei a Kiev ed è stato un assaggio del menù d’oggi al vertice ginevrino. «Nessun accordo è perfetto, – ha cercato di calmare gli animi l’inviato Usa – ma deve essere concluso il prima possibile». L’atmosfera nella sala era cupa, dice chi c’era, coi diplomatici europei che contestavano i 28 punti e il modo in cui Washington ha condotto i negoziati, senza informare gli alleati. «Un incontro da incubo, – raccontano —, la solita discussione sul “non avete carte da giocarvi”», tipico refrain trumpiano.
Il tono dell’amministrazione Usa non ammette molti spazi di trattativa: «Ogni critica al quadro di pace su cui stiamo lavorando – mette in chiaro il vicepresidente americano JD Vance – o fraintende il quadro, o travisa una realtà sul campo che è critica». Spiegando poi meglio: «C’è la fantasia che se solo dessimo più soldi, più armi o più sanzioni, la vittoria sarebbe a portata di mano. Ma la pace non sarà fatta da diplomatici o politici falliti che vivono in un mondo di fantasia. Potrebbe essere fatta da persone intelligenti che vivono nel mondo reale».
Un frammento di realtà, il funerale d’una mamma e d’una bimba a Ternopil, ieri mattina. «Mia figlia – piangeva il padre – m’ha chiamato per sapere se stavo bene. Era spaventata: “Ci sono razzi tutt’intorno a noi!”. Le ho detto di prendere la bambina e uscire di corsa. Ma era già tutto in fiamme. Allora m’ha richiamato. Gridava: “Mamma, papà, aiutateci, stiamo bruciando, aiutateci!”. Non ce l’ho fatta. Sono morte abbracciate, bruciate vive».