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 2025  novembre 21 Venerdì calendario

Spike Lee: "Porto nei film i giovani bravi che trovo sui social Mamdani? L’ho votato"

«Amo l’Italia! Sto venendo lì proprio adesso: sai, devo incontrare questa persona che risiede in Vaticano... La conosci? Per vederla devi essere invitato». Spike Lee sta passando una settimana intensa nel nostro Paese: prima l’incontro con Papa XIV, di cui è entusiasta, poi l’appuntamento con il Torino Film Festival, arrivato alla 43esima edizione, dove presenterà il suo ultimo film Highest 2 Lowest e riceverà la Stella della Mole. Quando gli diciamo che però questo fatto del suo tifo per Alcaraz contro Sinner sta facendo arrabbiare mezzo Paese smette di sorridere e cambia discorso. Torniamo quindi sul cinema e quel sorriso inconfondibile riappare. Il protagonista di Highest 2 Lowest (rivisitazione molto libera di Anatomia di un rapimento di Kurosawa, che si trova su AppleTV) è Denzel Washington: interpreta David King, produttore musicale numero uno a New York, a cui rapiscono il figlio per ottenere un riscatto. Il suo mondo va in crisi: la richiesta di 17 milioni di dollari arriva proprio all’alba di un accordo importante.
David King si chiede in continuazione se ama ancora la musica, se ci tiene ancora che sia bella. E lei ama ancora il cinema?
«Amerò il cinema fino al mio ultimo respiro».
Un personaggio dice che oggi l’unica cosa di valore è l’attenzione. Ha ragione?
«Lo dice il personaggio di ASAP Rocky, Yung Felon, che nel film è un rapper di 20 anni. Non è che se qualcosa viene detta in un mio film io sia necessariamente d’accordo. Anche perché un’affermazione fatta a 20 anni, quando il tuo cervello non è ancora completamente formato, potrebbe non essere più vera 20 anni dopo. Sia io che Denzel la pensiamo all’opposto: oggi sembra che tutto ciò che sta su internet debba essere fatto per i clic. Ma un uomo che fa milioni di visualizzazioni ballando vestito da banana non so che valore artistico abbia. Aiuta qualcuno? Non credo».
Perché ancora Kurosawa?
«È tutta la vita che mi faccio ispirare da lui. Il mio debutto è in parte ispirato a Rashomon, che mi colpì in modo incredibile quando studiavo cinema. In qualche modo devo tutto a Rashomon. Ma ho fatto Highest 2 Lowest grazie a Denzel: è lui che era legato alla sceneggiatura e me l’ha proposta. E quando l’ha fatto ci siamo resi conto che il nostro ultimo film insieme, Inside Man, è uscito 19 anni fa. È stata una sorpresa: ogni volta che ci vediamo è come se l’ultima fosse stata ieri».
Siete come anime gemelle?
«Mio padre era un musicista jazz. E con Denzel è come se fossimo jazzisti: improvvisiamo, reinterpretiamo. E per reinterpretare Kurosawa abbiamo avuto la benedizione della sua famiglia. L’ho incontrato in passato e sono convinto che avrebbe voluto facessi questo film».
Nel film ci sono tanti nuovi talenti, come le cantautrici Jensen McRae e Aiyana-Lee, che ha scritto il brano che dà il titolo al film. È attento alle nuove generazioni?
«Non direi mai che ho scoperto qualcuno, ma posso invece dire che sono su Instagram e osservo con attenzione. Se c’è qualcosa di buono che questa tecnologia ha fatto è dare la possibilità ai giovani di poter mostrare al mondo le loro capacità. In passato Madonna è dovuta andare a New York per farsi notare, ma oggi non avrebbe mai potuto permettersi l’affitto. Ora invece puoi mettere una canzone sui social e magari finirai in un mio film».
Insegna anche: qual è la prima cosa che dice ai suoi studenti ogni anno?
«Sono professore di ruolo alla NYU, sono 30 anni ormai. E ogni volta, il primo giorno che passo con una nuova classe, dico ai ragazzi: fare, non c’è provare. Sì, si beccano Yoda».
New York è come se avesse vita nei suoi film. E la vera città in questo momento ha abbracciato un grande cambiamento. Si sente speranzoso?
«Sì, abbiamo appena avuto delle elezioni. Con Mamdani New York ha il suo primo sindaco musulmano. E io sono registrato: ho votato per lui. Molti stanno dicendo che, con un sindaco musulmano, se ne vogliono andare. Allora dico: fate le valigie e andate. Ma non penso che succederà, non credo ci sarà un esodo di massa da New York. Dove andrebbero?».
King ha successo, ma, parole sue, ricorda bene cosa significa non avere nulla e volere tutto. Lei, quando sta per cominciare un nuovo film, ripensa ancora a quel ragazzo che aveva molto meno?
«Sì, ogni tanto ripenso a quando ero al verde. Appena uscito dalla scuola di cinema, nel 1982, non avevo niente. Per tre anni, prima di riuscire finalmente a girare Lola Darling, il mio primo film, ho dovuto davvero arrangiarmi. Ma ho tenuto duro: sapevo che volevo fare solo questo nella vita. Ho pregato e pensato che, con l’aiuto di Dio, sarei riuscito a fare ciò che amo per sempre. Le mie preghiere sono state esaudite. E non lo prendo con leggerezza: è stato un regalo».