La Stampa, 21 novembre 2025
Fine vita le due Europe
Non fosse per la situazione incerta di Paesi come il nostro, dove la disciplina del fine vita è ancora appesa ai requisiti stabiliti dalla Consulta sei anni fa e a una proposta di legge ferma al palo, il Vecchio continente sarebbe quasi spaccato in due: nell’Europa centro-occidentale, a grandi linee, gli Stati che permettono il suicidio assistito o l’eutanasia vera e propria, nella parte orientale un muro unanime di Paesi che vietano qualsiasi pratica del genere. Quelli scandinavi poi ammettono solo il ricorso all’eutanasia passiva.
Fra gli Stati che hanno adottato una legislazione favorevole, partendo da Ovest, figurano Portogallo e Spagna. Entrambi prevedono sia il suicidio assistito che l’eutanasia a condizione, per i lusitani (la legge è di due anni fa), che il paziente sia maggiorenne, capace di autodeterminarsi e affetto da malattia grave e incurabile, o da una lesione grave che provochi sofferenze intollerabili. Segue il parere di due medici e la valutazione di un comitato entro termini precisi (20, 15 e 5 giorni). Simile la procedura in Spagna – con la differenza fondamentale, rispetto al Portogallo, che l’eutanasia è concessa a prescindere dal fatto che le condizioni del malato non permettano di attuare il suicidio assistito -, ma qui l’accesso al fine vita è consentito, oltre che ai cittadini iberici, anche a quanti risiedano nel Paese da più di un anno. La legge è del 2021, le condizioni sono la presenza di malattia grave, cronica e disabilitante e che la richiesta del paziente sia informata e consapevole. Anche qui i tempi sono brevi, due giorni per le due risposte del medico al paziente, 10 giorni per quella di un medico consulente e una settimana per la decisione di una commissione ad hoc. Le spese sono a carico del sistema sanitario nazionale, la morte avviene in strutture sanitarie o a domicilio.
In Francia attualmente il suicidio assistito è vietato, ma lo scorso maggio l’Assemblea nazionale ha approvato un disegno di legge sul «diritto all’aiuto a morire», il voto finale in Senato è previsto a gennaio 2026): la proposta consente di «autorizzare e accompagnare» una persona che ha «espresso la richiesta di ricorrere ad una sostanza letale», che dovrà somministrarsi da sola o farsi somministrare «quando non sia in grado di procedere» in autonomia. Cinque i criteri, fra cui una malattia grave e incurabile in fase avanzata o terminale, con una sofferenza fisica o psicologica costante.
Al di là della Manica, l’estate scorsa il Regno Unito si è mosso per disciplinare il ricorso al fine vita con una proposta di legge, approvata dalla Camera dei Comuni e limitata ai cittadini Inghilterra e Galles: permette il suicidio assistito, finora proibito, a persone con diagnosi terminali e aspettativa di vita non oltre i sei mesi, con il consenso espresso da due medici. Il voto della Camera dei Lord non potrà cambiare il provvedimento in modo sostanziale.
Siamo ora al blocco di Paesi che dall’Olanda, la prima nell’Unione europea a legiferare in materia di fine vita ed eutanasia nel 2002, a Belgio, Lussemburgo, Svizzera (meta come si sa di diversi pazienti che da altri Paesi, Italia compresa, sono costretti a sceglierla per l’ultimo viaggio) e Austria hanno regolamentato il suicidio assistito.
La Germania, anche se tuttora priva di una legge, si è aggiunta all’elenco nel 2020, autorizzando di fatto il ricorso al fine vita: una sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la legge che puniva i medici che praticassero il suicidio assistito, chiedendo al legislatore di intervenire. Nell’attesa di una norma, la pratica è consentita.
Spostandosi a Est, la musica cambia radicalmente: in Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria il suicidio assistito è illegale, così come in Croazia, Serbia, Bosnia Erzegovina e Grecia. Nel Nord Europa, il divieto accomuna anche Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia e Repubbliche baltiche, ma nei Paesi scandinavi l’eutanasia passiva, cioè il rifiuto delle cure, con qualche distinguo è permessa: lo è esplicitamente in Svezia e Finlandia, mentre non è regolamentata in Norvegia e Danimarca.