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 2025  novembre 21 Venerdì calendario

Fabio Caressa e Benedetta Parodi: “Il nostro matrimonio inossidabile tra cravatte gialle e motel”

Un po’ Cip e Ciop, un po’ Sandra e Raimondo. Una coppia da film, quasi trent’anni insieme, tre figli, l’anno scorso hanno festeggiato 25 anni di matrimonio indossando gli stessi abiti. Chi, se non Benedetta Parodi e Fabio Caressa, autori anche di un libro in cui raccontano a due voci il loro amore (Calcio e pepe, Sperling & Kupfer) potevano condurre il reality o – come lo definisce Netflix – l’esperimento sociale, L’amore è cieco? Dunque 28 concorrenti si chiudono nei pod – capsule collegate tra loro in cui si può comunicare, ma non vedersi – e si raccontano. Confidenze, gusti, affinità, differenze, poi la scelta: il primo incontro e un matrimonio al buio. Folle, ma visto il successo nel mondo (Germania, Gran Bretagna, Francia, Giapponese), forse anche questo format (dal primo dicembre su Netflix i primi 4 episodi), altri quattro l’8, il nono il 15 e l’ultimo il 19, spiega come è cambiato tutto, anche il modo di innamorarsi.
I Caressas conduttori in coppia: com’è andata?
Parodi: «Non vedevamo l’ora. E poi ci è piaciuta l’idea che i rapporti nascano senza curarsi dell’aspetto esteriore. Insegna alle generazioni più giovani a conoscersi bene e a cercare nel proprio cuore».
Caressa: «È così. Il nostro rapporto è cresciuto parlando, siamo usciti un paio di mesi senza neanche baciarci. Qui comunicano, divisi dal muro delle capsule».
Vero amore divisi dalla parete ma seguiti dalle telecamere?
P: «Perché no? Scatta la curiosità».
C: «Meno male che l’amore è cieco, perché sono riuscito a prendere Benedetta».
P: «In amore non c’è solo l’estetica».
C: «In un mondo dominato dall’immagine, toglierla di mezzo è interessante. Questi ragazzi si mettono in gioco così, perché non aveva funzionato la via normale».
Nel reality l’approccio tra uomini e donne è molto diverso.
P: «Quello della donna è più cauto ma più solido, l’uomo si lancia di più, ma poi tentenna».
C: «Tipico».
Vi sarebbe mai venuto in mente di partecipare a un programma come questo?
P: «Se la mia vita fosse andata diversamente e mi fossi trovata in un vicolo cieco, forse sì. Una le prova tutte; certo mettersi in gioco per il matrimonio è una cosa forte».
Fabio: «Neanche io avrei potuto escluderlo, se non avessi trovato l’anima gemella».
Invece l’ha trovata. Vi siete conosciuti alla mensa di Tele+. Si favoleggia di una cravatta tremenda indossata da Fabio.
P: «Orribile. Hanno fatto un documentario sul Milan del 1994, e si vede».
C: «Vabbè, era gialla, con i cani della Carica dei 101».
Spiritosa, c’è di peggio.
C: «In realtà ne ho anche altre. Comunque non le metto più».
La prima cosa che l’ha colpita di Benedetta?
C: «Le unghie. Erano dipinte di blu con i pois bianchi. E poi che camminava in redazione come un giannizzero, in posizione difensiva. Al settore sport, l’80% erano uomini».
P: «In quegli anni, le manicure era importante. Passavo per un lunghissimo corridoio che tagliava la redazione sportiva: come dice Fabio, in prevalenza maschile. Sì, camminavo con un certo piglio».
Fabio, alla fine come ha conquistato il giannizzero?
C: «Parlando. Inventavo qualunque cosa, leggevo anche la mano».
P: «Oggi non ci sarei più cascata, ma all’epoca ci sono cascata».
Sembrate usciti da una commedia romantica, litigherete anche voi.
P: «Grazie a Dio, non sui massimi sistemi: sulla quotidianità e sul disordine. Lui è disordinatissimo»
C: «È così, lascio tutto in giro».

P: «Poi discutiamo sull’educazione dei figli, mai in maniera drastica».
Cosa vi divide?
P: «Faccio molta fatica a dire di no. Fabio si accende, tiene punto. Poi fa marcia indietro».
C: «Io alzo di più la voce, sono incazzoso. Ma ci scontriamo poco su altro, perché parliamo. È capitato, a turno, quando uno dei due, travolto dagli impegni di lavoro, in certi periodi avvertiva meno interesse nei confronti dell’altro».

P: «Io me la prendo, mi offendo; Fabio dimentica subito».
La prima volta che le ha chiesto di sposarlo?
P: «Non me sono accorta, eravamo in aereo. Ho paura di volare, e ero tramortita dai farmaci. Non l’ho mai saputo, l’ho scoperto quando abbiamo scritto il libro e lui ha raccontato che non gli ho risposto. Gli ho detto: “Sei scemo? Non me l’ha mai chiesto”».
C: «Invece gliel’ho chiesto, ho pensato: ne approfitto e l’ho buttata lì: “Senti, ma se ci sposiamo?”. Non ha mai risposto. E sono rimasto così, senza risposta, per mesi».


P: «Fabio, ma per me tu non me lo avevi mai chiesto. Una proposta non si fa così, se si fosse messo in ginocchio, me ne sarei accorta».
C: «In ginocchio? Ma dove le vedete ste cose? Solo al cinema».
Tre figli bellissimi, famiglia unita, andavate in motel. Una vera trasgressione andarci da sposati.


C: «Per trovare un po’ di privacy, era un modo per poter stare insieme».

Sarete circondati da amici separati. Che consiglio dareste a chi è in crisi?

C: «Di parlare, per evitare che le cose sedimentino. Anche le più piccole, quando non si affrontano, diventano un problema. Se c’è una difficoltà, bisogna sedersi e tirare fuori tutto, chiedere subito cosa non va. Ci vuole coraggio, lo so. Ma se non fai così, dopo tutto si ingigantisce ed è un disastro».

P: «Uno cerca di posticipare, ma diventa troppo tardi per chiarirsi».
Oltre a parlare, cos’è importante?
C: «Lasciare libertà all’altro di esprimersi, e sostenerlo nella crescita. Molte coppie non sono portate a aiutare. Zavorrano il partner per tenerlo più in basso».
Dopo “L’amore è cieco” cosa vi augurate?
P: «Speriamo sia finalmente l’inizio di una carriera insieme».
C: «Lavorare con lei è bellissimo».