la Repubblica, 21 novembre 2025
La Cgil è la più votata nella Pa. Cisl prima per iscritti. Crescita Uil
Hanno vinto tutti. La Cgil è prima per voti. La Cisl è prima per iscritti. La Uil è prima per crescita. Ma se andiamo alla percentuali finali che mescolano voti e deleghe nella Pubblica amministrazione, si conferma il solito podio: Cgil, Cisl e Uil. Tre anni fa la Cisl era arrivata a un’incollatura della Cgil, di fatto quasi un co-primato. Alle elezioni delle Rsu di quest’anno per il triennio 2025-2027 invece perde terreno. Fa il pieno tra i dirigenti e un balzo a Palazzo Chigi. Ma cede lo scettro nella scuola, non insidia la Cgil negli enti locali, tiene le “funzioni centrali” (ministeri, enti e istituti pubblici) e la sanità. Soprattutto guadagna tessere, ma non voti. Sembra passata una vita dal governo Draghi, 2022. Tre anni dopo, la strategia di contrasto al governo Meloni paga di più per Cgil e Uil.
E quindi la classifica finale – dai dati ufficiali di Aran, l’ente che in Italia rappresenta la Pa e che negozia il rinnovo dei contratti pubblici – dice che la Cgil resta il primo sindacato tra i dipendenti pubblici con il 24,67%, quasi stabile sul 2022. La Cisl si conferma seconda con il 24,09%, ma perde per strada mezzo punto (-1% nei voti). Uil sempre terza, ma guadagna lo 0,63%. Sembra un piccolo avanzamento, questo del sindacato di Pierpaolo Bombardieri: ottenuto però prima della “svolta” anti-Cgil con il no allo sciopero. Non lo è. Se guardiamo gli iscritti alla Uil nei quattro comparti, si va dal +5% nelle funzioni centrali, +7% nelle funzioni locali, +20% nella scuola, +9% nella sanità. Bene anche i voti, rispettivamente +19, +10, +6, +12%.
La Cgil di Maurizio Landini intercetta molti voti di protesta, di gran lunga superiori agli iscritti di sei punti (22 contro 28%). Mantiene il primato, supera la Cisl nella scuola e si conferma negli enti locali. Nella scuola la Cisl perde il 3% dei voti e l’aumento di iscritti dell’11% non basta per non scivolare nella percentuale finale dello 0,8%, Mentre la Cgil, grazie al 10% di iscritti e quasi il 4% di voti in più, scavalca il sindacato cattolico guidato ora da Daniela Fumarola. Se guardiamo ai voti, la protesta si è fatta sentire nelle funzioni centrali, dove sia Cgil che Uil incassano il 19% in più, contro il +10% della Cisl che fa peggio della Uil anche nelle deleghe. La sanità vede un sostanziale equilibrio, con la Cisl prima e poi Cgil e Uil. Ma a volare sono i sindacati autonomi, come Nursind. E su tutti la Fials.
La scuola da sola pesa il 56% di tutti gli iscritti pubblici ai sindacati. La sanità il 26%. Questi due comparti insieme rappresentano oltre l’80% dei dipendenti “sindacalizzati”, incluse anche le sigle autonome. In generale su 2,5 milioni di dipendenti pubblici (i comparti Aran qui considerati) gli iscritti ai sindacati sono 1 milione e 381mila, in crescita del 9,5% sul 2022. E i votanti alle elezioni della scorsa primavera sono stati 1 milione e 912mila, +5,9%, con il 75% di affluenza. I dirigenti iscritti ai sindacati sono stabili, circa 88mila. Non votano. A Palazzo Chigi ha stravinto la Cisl, sia tra gli iscritti (345, +84%) sia tra i votanti (746, +71%): rappresenta un terzo della presidenza del Consiglio.
«Il dato elettorale conferma la bontà delle nostre scelte, a partire dalla richiesta di adeguare i contratti all’inflazione rifiutata dal governo», commenta Federico Bozzanca, segretario generale Fp Cgil. «Non eravamo primi nella scuola da dieci anni. Non crescevamo così nei voti da 10-15 anni. Nelle funzioni centrali siamo primi come voto, proprio tra chi in primavera per primo ha visto la busta paga dopo il rinnovo del contratto che noi non abbiamo firmato».
Anche la Cisl Fp, con il segretario Roberto Chierchia si dice «soddisfatta per il grande consenso tra i lavoratori perché tornano ad avere potere d’acquisto e diritti». La scelta di firmare tutti i contratti «non ha scalfito la nostra rappresentanza che si pesa comparto per comparto e non nel complesso». E sottolinea «la fase storica attuale in cui chiudiamo anche il contratto vigente 2025-27, mai successo».
Rita Longobardi, segretaria generale della Uil Fpl, dice invece che i buoni risultati del suo sindacato «non arrivano dal contrasto al governo Meloni». Ma dal «cambiamento di rotta della Uil, tornata un sindacato credibile, pragmatico, senza pregiudizi, apartitico entra nel merito: non eravamo schiacciati prima sulla Cgil, non lo siamo ora».