la Repubblica, 21 novembre 2025
Asset russi, scontro nel governo. Salvini: “Pericoloso usarli”
Giorgia Meloni non si espone, mentre i suoi vice la pensano all’opposto. E ci tengono a farlo sapere. Per Matteo Salvini «è estremamente pericoloso» sfruttare gli asset congelati russi a favore dell’Ucraina. Per il leghista «ci esponiamo a mille problemi in un momento in cui si legge di piani di pace, di proposte americane». Il piano Trump, inviso a quasi tutte le cancellerie europee. Di diverso avviso Antonio Tajani, titolato a parlare di politica estera a nome del governo: «L’uso degli asset russi? Siamo favorevoli – annuncia a sorpresa il ministro degli Esteri – però bisogna individuare la base giuridica che permetta di fare questa scelta e garantire la stabilità dell’eurozona». Il nodo, aggiunge, è solo quello, la scappatoia legale, «non è una questione politica».
In attesa di conoscere i dettagli del piano americano per Kiev – e alla vigilia della partenza per il G20 in Sudafrica, in agenda per sabato e domenica – Meloni si mantiene cauta. Nessuna critica esplicita a Washington, a differenza della posizione espressa da Bruxelles e dalle principali capitali dell’Unione. Ma con un piede comunque dentro il gruppo di testa continentale. Se non altro, per assenza di alternative. È sempre Tajani che diplomaticamente prova a tracciare una rotta: «Il progetto Usa? Solo indiscrezioni, difficile commentare. Quando sarà presentato faremo un’analisi». La trattativa comunque «non si può fare senza l’Ucraina e senza l’Ue».
Il capo della Farnesina dosa le parole, evita strappi. È la linea concordata prima dell’avvio del summit di Johannesburg. Al momento, si apprende da Palazzo Chigi, gli europei non hanno neanche stabilito di incontrarsi prima del vertice per il consueto coordinamento, ma è probabile che alla fine si vedranno. Per impostare un lavoro comune, nonostante la circostanza destabilizzante dovuta alla clamorosa assenza degli Stati Uniti: il G20 è infatti disertato da Donald Trump, dal suo vice J.D. Vance e finanche dagli sherpa statunitensi. C’è invece il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov.
È il problema dei problemi, per gli europei: muoversi sul dossier ucraino al buio e senza la collaborazione del principale alleato. Con la sensazione, anzi, che a Washington si stia progettando una sorta di resa soft a Mosca. Mai era accaduto, poi, di dover scrivere conclusioni senza la Casa Bianca (gli statunitensi ospiteranno tra l’altro il G20 del 2026, sempre che non si sfilino). Ecco perché sempre Tajani prova almeno a fissare un paletto: «L’Ucraina rappresenta una barriera di sicurezza per l’Europa: se cade Kiev, aumentano i rischi e non possiamo permetterlo». E ancora: «Dovrà essere l’Ucraina a decidere sui territori. Poi saranno le due parti a trovare un accordo. Noi siamo dalla parte di Kiev».
Eppure, Meloni continua a tenersi un passo indietro rispetto ai partner Ue. Ad esempio su Purl, il piano di acquisto di armi americane da destinare al Paese di Zelensky. Nell’ultimo Consiglio supremo di difesa il Colle ha spinto per ribadire la posizione di sostegno a Kiev. Ma su Purl la linea del governo, si apprende, non si è mossa di un millimetro: «Siamo in una fase di studio – fanno sapere da Palazzo Chigi – Il sostegno però continua con i generatori elettrici per l’inverno e con il dodicesimo pacchetto di aiuti militari».