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 2025  novembre 21 Venerdì calendario

Istruzioni per vivere a Roma

Il libro che il lettore ha tra le mani potrebbe molto opportunamente avere per sottotitolo Come non poterne più di vivere a Roma ma farsene una ragione. Farsene una ragione che, bisogna convenire, ha dell’eroico, dal momento che vivere nella capitale è una faccenda così costellata da inconvenienti, disfunzioni, problemi di ogni tipo da produrre inevitabilmente un senso immediato di rivolta contro tutto e contro tutti.
Altro che farsene una ragione!
E invece no. In queste pagine Paolo Conti – che da anni sulle pagine romane del «Corriere della Sera» anima un seguitissimo quotidiano colloquio con i lettori al quale anche io ho spesso avuto il piacere di partecipare – ci impartisce un’efficace lezione di educazione civica e ci invita alla speranza. Infatti egli ci illustra per ogni questione o disfunzione di cui sopra – dal problema del traffico a quello dei dehors, a quello dei rifiuti – il come e il perché, i precedenti storici, dandoci tutte le spiegazioni del caso. Ma ci racconta puntualmente anche quanto si sta facendo per sanare la situazione: dalle forze e dai progetti in campo all’entità delle risorse impegnate. Non mancando però, ogni volta che sia necessario, di segnalare nel merito i numerosi ritardi – che fanno ormai parte del nostro patrimonio culturale —, nonché le puntuali inadempienze delle «amministrazioni precedenti», dal momento che in Italia, si sa, non solo la colpa è sempre di quelli che c’erano prima, ma la cosa straordinaria è che il più delle volte è proprio così.
Una domanda sorge spontanea dal panorama della capitale disegnato dai puntuali ragguagli che Conti ci fornisce: ma Roma alla fine a chi appartiene? Chi ne deve decidere il destino? I suoi abitanti o la città è ormai preda acquisita dei vari gruppi d’interesse (ristoratori, albergatori, tassisti, addetti dei servizi comunali, proprietari di B&b, padroncini dei risciò elettrici per turisti) che vogliono farne – e ahimè troppo spesso ne fanno! – l’uso che più gli conviene infischiandosene di tutto e di tutti? È una domanda obbligata anche se il nostro autore tende a rassicurarci, raccontandoci come da tre anni il sindaco Gualtieri, al quale va la sua simpatia neppure troppo velata, veda e provveda (forse meglio: cerchi di provvedere...) alla caterva di cose che non vanno avendo la fortuna, peraltro, di essere oggi dotato di un ammontare ragguardevole di risorse grazie al Giubileo e al Pnrr.
Dal panorama tracciato da Conti sorge spontanea una domanda: ma Roma alla fine a chi appartiene?
Mi permetto tuttavia di osservare, caro Paolo, che i soldi sono di certo importanti, alla fine decisivi, ma per governare bene, cioè a favore degli interessi della maggioranza, ci vuole qualcosa in più. Ci vuole quella particolare somma di grinta e di carattere con l’aggiunta di un pizzico di coraggio che si chiama volontà politica, e che tornerebbe utile – tanto per dire – se si volesse decidere, come avviene in mezza Europa, di vietare il carico e lo scarico delle merci in tutta la città, diciamo dalle sette e mezza alle nove e mezza del mattino, per evitare che proprio nelle ore di maggior traffico decine di migliaia di camion e furgoni occupino metà della sede stradale fermi davanti ai negozi. Ma mi rendo conto che dispiacere ai commercianti, obbligandoli a dotarsi di un magazzino e ad alzarsi una volta alla settimana alle cinque, non è proprio il massimo per chi poi deve ottenere i loro voti per essere eletto.
In ogni caso, devo dire che solo immaginare ciò che Gualtieri deve passare a vedersela ogni giorno con la struttura amministrativa del Comune di Roma, con gli impiegati dell’Ufficio Anagrafe o con gli addetti dell’Ama, con i loro sindacati, e poi ancora con tutti gli interessi che come avvoltoi sono pronti ad avventarsi sulla capitale, fa subito venir voglia di schierarsi dalla sua parte. E poi se un amministratore deve essere giudicato sulla base di quanto sono riusciti a combinare i suoi predecessori, allora, forse, si può certamente essere d’accordo con Conti: Gualtieri è il meglio che ci è capitato (con l’eccezione di Francesco Rutelli, io credo: al quale a mio avviso va il merito di alcune rotture decisive rispetto al passato). Anche se pure il nostro sindaco, secondo me, quando si tratta delle cose da fare ha troppo spesso il difetto d’indulgere alle mode piuttosto che guardarsi intorno e badare agli interessi concreti della comunità che amministra. Faccio un esempio: è proprio sicuro Gualtieri che una popolazione com’è quella romana, con un alto tasso di anziani e una quantità di giovani e giovanissimi muniti di motorino, non veda l’ora d’inforcare la bicicletta per percorrere i chilometri di piste ciclabili che con un notevole dispendio di risorse egli sta costruendo dappertutto a Roma, una città dal profilo orografico non proprio simile a quello di Milano? Non è bastata la fine miseranda che hanno fatto le piste ciclabili già esistenti lungo il Tevere, divorate dalle erbacce e lasciate nell’abbandono? Non sarebbe stato più utile, mi chiedo ad esempio, stanziare i relativi fondi e convincere la Sovrintendenza a consentire di piantare un po’ di alberi nella orribile, algida, piazza San Silvestro e nel mini-Sahara cementizio davanti alla stazione Tiburtina?
Vedete come si è subito presi, come ci piace saperne di più e dire la nostra quando ci si mette a parlare delle cose vicine che uno conosce e adopera ogni giorno, delle cose di casa propria? Bisogna proprio ringraziare Paolo Conti, dunque, per avercene offerto l’occasione con questo libro. Soprattutto per poterlo fare grazie a esso con cognizione di causa. Evitando una volta tanto di parlare (e di scrivere!) a vanvera.