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 2025  novembre 21 Venerdì calendario

Sangalli: 140 mila negozi chiusi in città e periferie

Circa 104 mila spazi commerciali sfitti da tempo, oltre ai 140 mila negozi chiusi in 12 anni, tra centri città e periferie. I numeri sono stati ribaditi ieri dal presidente di Confcommercio Carlo Sangalli a Bologna durante la prima giornata di «InCittà – Spazi che cambiano, economie urbane che crescono», a cui hanno partecipato, tra gli altri, il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue Raffaele Fitto e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
«Il sistema distributivo italiano – ha dichiarato Sangalli – continua a pagare un prezzo alto per la fragilità della spesa delle famiglie: la domanda interna resta vulnerabile. Le attività economiche di prossimità sono parte dell’identità delle città e dei territori, generano lavoro, relazione sociale, qualità della vita. Bisogna reagire alla desertificazione commerciale, perché il declino urbano non è una battaglia di categoria, ma è una responsabilità condivisa tra territori, imprese, istituzioni. Serve una visione strategica e coordinata che consideri commercio, turismo e servizi nelle città come “bene comune”. Chiediamo al governo un’agenda urbana sul modello di altri Paesi».
«Il 3 dicembre – ha detto Fitto – presentiamo la nuova agenda europea delle città» in vista della programmazione 2028-2034. Nel frattempo «abbiamo la possibilità nella fase di completamento del Piano nazionale di resilienza e della programmazione modificata della politica di coesione di proseguire il lavoro».
Avere meno negozi significa meno qualità della vita e meno economia. Perché non avere nel proprio quartiere un negozio sottrae spazi di socialità e fa abbassare il valore degli immobili. L’equazione può sembrare evidente, ma a metterla nero su bianco con quanto ne pensano gli italiani a riguardo è un’indagine sulla desertificazione commerciale nelle città, realizzata da Confcommercio in collaborazione con Swg e presentata ieri. La qualità della vita urbana è data dalla presenza di bar e ristoranti (78% del campione), seguiti dagli spazi verdi (66%) e dai negozi (65%). Le attività di quartiere sono riconosciute come presidi di comunità: per il 64% favoriscono la socialità, per il 62% migliorano la cura e la pulizia degli spazi pubblici, per il 60% aumentano la sicurezza e per il 57% tutelano le persone più fragili. Nonostante la crescita dell’e-commerce, il 67% degli italiani dichiara di volere più negozi nel proprio quartiere per minimizzare gli spostamenti e il 68% vorrebbe un mix di negozi piccoli e medi per avere maggiori possibilità di scelta. La presenza di negozi – analizza Confcommercio – incide anche sul valore immobiliare delle aree urbane. Un appartamento in una zona ricca di negozi vale mediamente il 23% in più rispetto a un immobile in un’area mediamente servita, mentre nei quartieri colpiti dalla desertificazione commerciale il valore degli immobili scende del 16% con una differenza che arriva al 39% rispetto ad abitazioni in zone commerciali.
La chiusura dei negozi preoccupa gli italiani: l’80% prova un senso di tristezza, il 73% collega la chiusura dei negozi al calo della qualità della vita. Rispetto a dieci anni fa le attività scomparse che gli italiani hanno notato maggiormente sono i negozi di libri, giornali, articoli sportivi e giocattoli (55%), abbigliamento, profumerie, fiorai, gioiellerie.