Corriere della Sera, 21 novembre 2025
L’arrivederci dei tre «tenori»
Se per loro tre fosse davvero finita qua, se lunedì notte fosse davvero il capolinea, un cerimoniere scandirebbe la formula che un tempo accompagnava l’elezione del nuovo Papa: «Sic transit gloria mundi», così passa la gloria del mondo, ecco come evapora il potere, fugace come tutte le cose terrene. Ma visto che il potere l’hanno esercitato persino più a lungo di parecchi papi, e che il loro tutto sembra meno che un addio, lunedì sera guarderanno in tanti all’esatto istante in cui Vincenzo De Luca, Michele Emiliano e Luca Zaia – in rigoroso ordine alfabetico – lasceranno virtualmente (le tecnicalità delle leggi regionali, nel caso pugliese per esempio, imporranno tempi più lunghi) le rispettive poltrone, che occupano da un tempo che per la politica italiana rappresenta più di un’era geologica, forse anche più di due.
Tanto per dire: De Luca è l’ultimo superstite (in senso politico, s’intende) della prima stagione dei sindaci eletti direttamente dal popolo nel 1993 e da allora si è mosso senza soluzione di continuità tra il comune di Salerno, Montecitorio, il governo (è stato sottosegretario nel governo Letta) e poi la Regione Campania, a partire quindi da un’epoca in cui Diego Maradona ancora giocava a pallone; la prima campagna elettorale di Emiliano per il comune di Bari era stata all’insegna di uno slogan («Mett’a Cassano, vota Emiliano») coniato sulla scorta di un’esortazione collettiva rivolta a Giovanni Trapattoni, ai tempi commissario tecnico della nazionale italiana di calcio che da allora di commissari tecnici ne ha cambiati ben dieci; durante l’arco di tempo ininterrotto in cui Zaia ha occupato il piano nobile di Palazzo Balbi, sede a Venezia della Regione Veneto, a Roma Palazzo Chigi ha cambiato ben sette inquilini di cui solo uno, Conte, ha fatto il bis.
Ribattezzato «Doge» il veneto e «sceriffi» il campano e il pugliese – due inclinazioni diverse di un potere comunque gestito allo stesso modo, con una propensione decisamente scarsa alla mediazione e quasi nulla al compromesso – Zaia, De Luca ed Emiliano sono le tre eccezioni di una politica estremamente polarizzata e polarizzante, dove si sta di qua o di là. Il primo è un esemplare quasi unico di leghista contemporaneo apprezzato a sinistra, che ha fatto cose di sinistra (la battaglia sul fine vita); gli altri due, allo stesso modo, sono gli esponenti del Pd più apprezzati da destra, forse per quel piglio «legge e ordine» che piace soprattutto a destra. Decisamente più «tre tenori» che «tre moschettieri» – anche perché i moschettieri andavano tutti d’accordo, qua De Luca ed Emiliano qualche frizione in passato l’hanno avuta – si sono spesso confessati in privato oneri e onori, come dice uno di loro, «di aver messo d’accordo persino Meloni e Schlein» quando si è trattato di sbarrare le porte al terzo mandato, che per Zaia sarebbe stato comunque il quarto.
A chiedergli come trascorreranno il tempo libero da lunedì, in privato, Zaia evoca la possibilità di andare più spesso nella casa dei genitori a Bibano, Emiliano di seguire da vicino la figlia Maria Antonietta che ha appena compiuto due mesi, De Luca scrolla le spalle. L’unico dei tre completamente fuori dalla contesa della tornata regionale che eleggerà tre nuovi governatori al loro posto è l’ex magistrato, visto che il Doge si aspetta di fare man bassa di preferenze come capolista della Lega in Veneto e lo sceriffo salernitano ha una sua lista nel bouquet di simboli a sostegno di Roberto Fico. «Oggi sono stato all’Ilva tra gli operai e ora sono a mangiare un gelato senza lattosio. Perché nel frattempo m’è venuta pure l’allergia al lattosio», scherza, ma neanche troppo, il governatore pugliese uscente. A Roma, nel sancta santorum della politica, guardano alle loro mosse con sospetto, soprattutto dentro le coalizioni di appartenenza. Quanto questo sospetto sia giustificato o no dipenderà da quelle ambizioni nazionali che per adesso rimangono confinate in un angolino della mente. Zaia farà il consigliere regionale, mediterà sulla possibilità di entrare in Parlamento al posto del suo quasi-sicuro successore Stefani alle suppletive e forse correrà da sindaco di Venezia; Emiliano, dicono rumors locali, potrebbe a sorpresa essere coinvolto nella giunta del suo quasi-sicuro successore Decaro, che l’ha voluto fuori dalle liste; De Luca potrebbe tornare nientemeno che a fare il sindaco di Salerno, dove tutto è iniziato quando Maradona giocava ancora. Ma è tutto da vedere. Tolti i loro indiscussi indici di gradimento, il resto è tutto da capire. Dicono che ci sia su WhastApp una chat in cui ci sono tutti e tre. Da lunedì, c’è da crederci, sarà una chat ancora più bollente.