Il Messaggero, 20 novembre 2025
La tutela delle aree militari «Competenza solo allo Stato»
Ruota tutto intorno a due precisazioni. La prima: tutto ciò che riguarda la difesa nazionale è di esclusiva competenza dello Stato. La seconda: l’attività addestrativa e l’individuazione di poligoni possono bypassare, per esigenze di sicurezza, le norme ambientali adottate dagli enti locali. Entrambe fanno da assi portanti alla proposta di legge a prima firma della deputata meloniana Paola Chiesa, che ha iniziato il suo iter di esame alla Camera. Paletti necessari, si spiega tra le righe, «alla luce dell’autonomia delle regioni». Mentre la riforma cara al leghista Calderoli fa nuovi passi avanti, con la stipula delle prime pre-intese, il partito della premier – con un una proposta che gode del supporto del ministero guidato da Guido Crosetto – corre ai ripari. Per mettere in salvo almeno la difesa.
La relazione illustrativa lo dice senza giri di parole: «Occorre evitare che l’attuazione dell’autonomia differenziata regionale possa intralciare la gestione della difesa e della sicurezza nazionale che deve restare una materia di competenza esclusiva dello Stato centrale». Tant’è: il testo, con un ritocco al Codice dell’ordinamento militare, specifica che i compiti e le funzioni della Difesa, nonché, l’organizzazione, la preparazione e l’addestramento delle unità degli enti e tutto ciò che riguarda la difesa e la sicurezza nazionale, «sono di competenza esclusiva dello Stato, al pari della dislocazione delle unità militari e delle aree addestrative». Ma i crucci non si esauriscono qui. L’altro è quello di evitare che le «leggi regionali in materia ambientale possano automaticamente applicarsi alle aree militari»: questo per «prevenire contenziosi tra lo Stato e le Regioni» e per impedire che «possano ritardare o minacciare la prontezza operativa della struttura militare» che, invece, deve essere al passo con le evoluzioni del quadro geopolitico internazionale. Come scongiurare questo pericolo? La proposta meloniana inserisce una sorta di clausola di compatibilità: le misure ambientali adottate da regioni e comuni si applicheranno ad attività addestrative e logistiche militari, ma anche alla gestione dei terreni e dei poligoni militari, «compatibilmente» con le esigenze di sicurezza e difesa nazionale. Ma non solo. Le aree militari verranno equiparate ad ex siti industriali, in modo che per loro valgano gli stessi criteri di valutazione dell’inquinamento e le stesse procedure di controllo. In più, per sottoporle a vincoli ambientali e paesaggistici, sarà necessario «il previo consenso dello Stato maggiore della difesa».
Un mix di misure che ha fatto saltare sulla sedia, al momento della presentazione in commissione Difesa, il deputato M5S, Marco Pellegrini: «Da un lato, con l’autonomia, rafforzano i poteri delle regioni e, dall’altro, avanzano proposte di legge che vanno nella direzione opposta. Una schizofrenia normativa», dice al Messaggero l’esponente pentastellato, ricordando che «la modifica costituzionale apportata nel 2022 ha rafforzato il principio della protezione ambientale».
I mugugni e le perplessità, c’è da dire, non sono confinate a Montecitorio. A storcere il naso, fin da subito, alla notizia della proposta di legge, è stata Alessandra Todde, la governatrice della Sardegna, l’area in cui insiste il maggior numero di comuni che hanno protestato, in passato, contro esercitazioni e poligoni militari realizzati in zone limitrofe. «Le aree militari non possono essere trasformate in zone franche sottratte a ogni pianificazione, né tantomeno destinate a usi diversi eludendo le normative regionali», tuona la presidente della regione, seguita a ruota da parte della maggioranza di centrosinistra: «Se lo Stato decidesse di collocare un deposito di scorie nucleari all’interno di un’area militare, questa legge renderebbe impossibile per la Regione opporsi».
Da qui, la richiesta messa nero su bianco dal consigliere pentastellato Gianluca Mandas: «Chiedo pubblicamente ai colleghi consiglieri regionali del partito di Giorgia Meloni di prendere posizione e chiedere immediatamente il ritiro di questa proposta di legge». Un piccolo cortocircuito innescatodell’autonomia differenziata, per una volta sostenuta dalla sinistra ed osteggiata a destra.