ilfattoquotidiano.it, 20 novembre 2025
Gestito da una donna il gruppo sessista “Mia moglie”, l’ipotesi della procura di Roma e le indagini
Era piena estate quando esplose il caso del gruppo su Facebook in cui presunti mariti e compagni diffondevano foto privatissime di mogli e compagne senza il loro consenso. Secondo la procura di Roma, dietro l’account Mia Moglie non ci sarebbe un uomo, come molti avevano ipotizzato, bensì una donna. È lei – secondo quanto riporta Repubblica – la principale indagata per la diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti, affiancata da un co-gestore, un uomo che avrebbe collaborato alla pubblicazione e al controllo dei contenuti. Le ultime analisi della polizia postale rivelano che entrambi avrebbero utilizzato telefoni intestati a terzi e sim anonime, nel tentativo di rendere più difficile la loro identificazione. Il caso aveva suscitato un’indignazione così potente da spingere molte vittime a pensare a una class action.
L’inchiesta è partita il 19 agosto, quando le autorità hanno scoperto un gruppo Facebook in cui migliaia di utenti condividevano foto delle proprie compagne: immagini scattate in casa, al mare, al supermercato, spesso rubate e pubblicate senza il consenso delle donne ritratte. Quelle foto, accompagnate da commenti volgari e fantasie sessuali esplicite, trasformavano la vita quotidiana di molte donne in una sorta di oscena esposizione forzata. Il gruppo, che aveva raggiunto i 32mila iscritti, includeva persone di ogni profilo sociale: ex politici, militari, lavoratori, disoccupati. La diffusione della notizia aveva portato a un veloce fuggi fuggi e una trasmigrazione su altri social.
Con lo scoppio del caso, molte vittime hanno iniziato a riconoscersi nelle foto circolate su Facebook e sui canali Telegram collegati. Alcune hanno raccontato storie familiari consolidate, matrimoni decennali, scoperte improvvise e traumatiche. Il gruppo Facebook è stato chiuso alla fine di agosto, ma le indagini sono proseguite su un secondo fronte: il forum “Phica”, attivo dal 2005, una piattaforma con 700 mila iscritti e centinaia di migliaia di accessi quotidiani. Anche lì gli investigatori hanno trovato enormi quantità di immagini sottratte da account privati, accompagnate da discussioni oscene, molestie digitali e veri e propri incitamenti alla violenza. Un archivio imponente che costituisce un ulteriore filone dell’inchiesta.