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 2025  novembre 20 Giovedì calendario

Vivere da adolescenti oggi: in provincia, è più difficile. I dati della ricerca italiana

C’è un’Italia che spesso gli adulti non vedono: è quella degli adolescenti che crescono in un Paese dove le opportunità non sono distribuite in modo uguale e il futuro sembra perdere luminosità. A raccontarlo è una grande indagine nazionale condotta dall’Istituto Demopolis per Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, in occasione della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 20 novembre: 3.400 adulti, 960 genitori e soprattutto 1.060 ragazze e ragazzi tra i 14 e 17 anni, sono ascoltati direttamente.
“La dimensione del contesto urbano in cui si vive”, spiega il direttore di Demopolis Pietro Vento, “pesa parecchio. La ricerca ha evidenziato le differenti opportunità e prospettive degli under 18 nel nostro Paese: le periferie e i quartieri difficili delle città italiane non sottraggono ‘solo’ servizi ed opportunità, ma anche ottimismo e fiducia”. E Marco Rossi-Doria, presidente di Con i Bambini, aggiunge: “Questa indagine è importante perché dà voce ai nostri adolescenti, troppo spesso frettolosamente etichettati in modo negativo. È una generazione che chiede più spazio di socialità e di autodeterminazione. Ascoltiamoli di più!”.
La frattura più evidente è geografica. Se a livello nazionale un terzo degli adolescenti guarda al futuro con pessimismo, nelle periferie la quota sale al 43%. Lì tutto si restringe: sicurezza percepita, occasioni di socialità, attività sportive o culturali. “Le nostre città sono divise a metà, come ai tempi di Dickens”, afferma Rossi-Doria. E i numeri lo confermano: solo il 36% dei ragazzi delle aree difficili considera adeguati gli spazi per incontrare amici (contro il 61% altrove). Non stupisce che quasi sette adolescenti su dieci passino il tempo libero in casa: non è isolamento scelto, ma mancanza di alternative.
Sport, musica, teatro – ciò che dovrebbe essere normale – diventa raro. Il 72% non frequenta attività artistiche; un terzo non pratica sport, e tra le ragazze la quota arriva al 48%. Nelle periferie la distanza si allarga: le opportunità extrascolastiche crollano di oltre 30 punti percentuali. Quando si chiede ai ragazzi cosa servirebbe per vivere meglio, le richieste sono semplici e pragmatiche: luoghi in cui incontrarsi, maggiore sicurezza, pulizia, spazi verdi. Basico, ma essenziale.

Il 43% degli adolescenti teme di essere vittima di violenza o bullismo quando è fuori casa. Per le ragazze la percentuale sale al 63%, e nei quartieri più fragili raggiunge il 59%. I genitori vivono una preoccupazione ancora più intensa: il 77% teme che possa accadere qualcosa ai propri figli.
È una percezione che comprime la libertà, riduce gli spazi, alimenta un allarme costante: quello che dovrebbe essere il tempo dell’esplorazione diventa spesso il tempo della cautela.
L’indagine smonta molti luoghi comuni: gli adolescenti non sono narcisisti o disinteressati. Mettono al primo posto famiglia (78%) e amicizia (72%), seguiti dal benessere psicologico e dall’amore (entrambi al 62%). “È una generazione che chiede di stare bene con se stessa: un messaggio utile anche agli adulti”, osserva Rossi-Doria. Eppure, un quarto dei ragazzi confessa di non essersi mai sentito ottimista nell’ultimo anno. Un adolescente su tre vorrebbe andare dallo psicologo.
Solo il 35% degli adolescenti guarda al futuro con ottimismo, mentre tra i genitori l’ottimismo scende crolla al 16%. Eppure, i desideri dei ragazzi restano limpidi: diventare medico o lavorare nella sanità (prima scelta nelle periferie, 23%), fare l’influencer (18%), diventare imprenditore, insegnante, educatore o entrare nelle forze dell’ordine. Ma il sogno più grande è universale: stare bene con se stessi (74%). Seguito da “stare bene economicamente”, “fare un lavoro gratificante” ed “essere in salute”.
Una generazione che attende il nostro sguardo
“È tempo di dare ai ragazzi fiducia, opportunità, risorse e prospettiva”, afferma Rossi-Doria, ricordando il lavoro delle comunità educanti e il progetto “Organizziamo la speranza”, attivo in 15 aree socio-educative strategiche, che corrispondono alle grandi periferie urbane e zone difficili del Paese. “È un percorso che coinvolge tutti gli attori, tra pubblico e privato sociale. Perché la crescita dei minori è responsabilità dell’intera comunità e su questo sono d’accordo oltre 8 italiani su 10, come conferma questa indagine, un dato che è cresciuto di 35 punti in soli sei anni”. Questa ricerca ci restituisce un messaggio potente: gli adolescenti non sono smarriti, sono in attesa. Di spazi, di ascolto, di adulti capaci di essere alleati. Di un Paese che abbia finalmente il coraggio di scommettere sul loro futuro.