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 2025  novembre 20 Giovedì calendario

Sulle orme di nonno Helmut: l’ascesa del nipote di Kohl

Sono gli scapigliati della Cdu, i ribelli che stanno montando la fronda contro il capo. E uno dei più determinati è il nipote di Helmut Kohl, Johannes Volkmann. Ventott’anni, cresciuto in Assia, dal nonno ha ereditato l’altezza – Kohl era chiamato «il gigante nero», come il colore della Cdu – e la volontà di portare avanti le sue priorità, anzitutto l’impegno «per l’unità europea e la pace e la libertà in Europa», come disse tempo fa. Kohl fu il cancelliere della Riunificazione, un fervente europeista che convinse i tedeschi a rinunciare al marco e ad accettare l’euro. Ma suo nipote è convinto che man mano che si affermerà sul palcoscenico della politica, «la gente mi conoscerà sempre di più come Johannes Volkmann e sempre meno come il nipote di Kohl».
La sua fronda e quella dei giovani ribelli Cdu sembra l’addio alla proverbiale fedeltà nibelunga del partito al loro leader: diciotto deputati ‘under 35’ dei due partiti conservatori, Cdu e Csu, si sono associati nella «Junge Gruppe» («Giovane gruppo») e intendono affossare il cosiddetto «pacchetto pensioni». Un riordino del sistema pensionistico fortemente voluto dalla Spd che Friedrich Merz ha accettato a denti stretti. Ma che i frondisti giurano di non votare, anche a costo di sconfessare il loro cancelliere. La riforma scarica sulle nuove generazioni il costo del declino demografico. E i cristianodemocratici junior non lo accettano.
La loro ribellione, peraltro, accelera un momento di profonda crisi del governo Merz. Dai giorni, dunque, si rincorrono voci su un’ala della Cdu che spingerebbe per sganciarsi dai socialdemocratici e continuare l’esperienza di governo da soli, con un esecutivo di minoranza. Le fonti dei cristianodemocratici che hanno prefigurato alla Bild lo scenario di una navigazione solitaria accetterebbero, neanche a dirlo, sporadiche convergenze con l’Afd. Sarebbe la clamorosa rottura di un tabù, quello del cordone sanitario verso l’ultradestra. Che purtroppo vacilla da mesi.
Le indiscrezioni parlano di un senso di frustrazione crescente tra alcuni maggiorenti della Cdu per l’immobilismo del governo e i continui litigi con la Spd. E per l’Afd che continua a superarli nei sondaggi: in quello più recente di Yougov, l’ultradestra è al 27% – due punti sopra i conservatori. La rivolta del «Giovane Gruppo» contro Merz casca insomma a fagiolo per chi sta architettando nell’ombra, e da settimane, un cambio di maggioranza.
Merz insiste sull’approvazione del riordino delle pensioni: «mi auguro che questa discussione sia conclusa per la fine dell’anno». E ha detto che il governo «ovviamente» regge, smentendo ipotesi di un governo di minoranza. Ma i ribelli insistono che non voteranno il pacchetto pensioni, che non è la riforma scolpita nel contratto di coalizione.
Il riordino previdenziale definito dalla ministra del Lavoro Baerbel Bas (Spd) prevede l’introduzione di un livello minimo per garantire la cosiddetta «stabilizzazione» degli assegni pensionistici al 48% della media degli stipendi fino al 2031. Oltre quella data, ed è questa la novità indigesta per i ribelli, il livello minimo sale di un punto. E il costo, hanno calcolato i frondisti, ammonta a 115 miliardi di euro tra il 2031 e il 2040. Il governo sta decidendo, ha tuonato il leader del «Giovane Gruppo», Pascal Reddig, «la riforma sociale più costosa del secolo»: un’»ipoteca miliardaria che graverebbe sulle spalle delle nuove generazioni». E per i giovani ribelli è un fatto «inaccettabile».