Corriere della Sera, 20 novembre 2025
I pediatri: no ai cellulari sotto i 13 anni. Valditara vuole vietarli nell’intervallo
C’è un’ulteriore stretta, anche se per il momento si tratta di raccomandazioni, sull’utilizzo del digitale tra i ragazzi. Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, a margine del Salone dello studente a Roma ha chiesto ai presidi di non ridare il cellulare durante l’intervallo perché «serve una camera di decompressione, il telefono crea dipendenza».
Il ministro che aveva già vietato, con una nota ministeriale dello scorso luglio, l’utilizzo del telefono cellulare in tutti gli ordini scolastici, ha sottolineato che «la didattica sul cellulare ha delle performance inferiori rispetto a quella tradizionale. L’abuso del cellulare ha un impatto negativo sulla memorizzazione, sulla capacità di concentrazione, sulla stessa fantasia».
Di impatto del digitale sull’apprendimento e la salute di bambini e adolescenti si è parlato sempre ieri in Senato agli Stati generali della Pediatria, organizzati dalla Società italiana di Pediatria (SIP) che ha visto la partecipazione, oltre che di pediatri, di esperti del digitale. «Abbiamo creato una commissione sulle dipendenze digitali per fissare le ultime evidenze scientifiche che correlano i rischi di un utilizzo improprio dei device e dei social media in età pediatrica», dice Elena Bozzola, coordinatrice della Commissione sulle Dipendenze digitali SIP. Le nuove linee guida, che si basano sull’analisi di oltre 6.800 studi, hanno definito per la prima volta un’età digitale, tredici anni, sotto la quale è sconsigliato dare accesso autonomo al mondo digitale. Viene inoltre indicato di ritardare il più possibile l’uso dei social media, di evitare l’uso dei dispositivi durante i pasti e prima di andare a dormire e di promuovere a scuola un’educazione digitale consapevole. Le nuove raccomandazioni tengono conto anche della quantità di tempo trascorso davanti a un device: 30 minuti in più al giorno di uso dei dispositivi digitali possono raddoppiare il rischio di ritardo del linguaggio nei bambini sotto i 2 anni; ogni ora aggiuntiva di schermi riduce il sonno di circa 15 minuti nei bambini tra 3 e 5 anni; oltre 50 minuti al giorno di schermi si associano a un maggior rischio di ipertensione pediatrica e, tra i 3 e i 6 anni, a quello di sovrappeso. «L’età pediatrica è una fase di straordinaria vulnerabilità e crescita: il cervello continua a formarsi e a riorganizzarsi per tutta l’infanzia e l’adolescenza – precisa Rino Agostiniani, presidente SIP —. Una stimolazione digitale precoce e prolungata può alterare attenzione, apprendimento e regolazione emotiva. Posticipare l’accesso autonomo a Internet e l’età del primo smartphone è un investimento in salute, equilibrio e relazioni. I divieti, di per sé, non risolvono il problema ma lo portano allo scoperto, sono stimoli importanti per trovare soluzioni».
Tra le sfide più importanti c’è quella sull’intelligenza artificiale. Secondo un sondaggio di Save the Children il 41,8% degli adolescenti tra 15 e 19 anni si è già rivolto a strumenti di IA quando si sentiva triste, solo o ansioso, oltre il 42% chiede consigli su scelte importanti. «I dati di OpenAI (l’azienda che produce ChatGPT, ndr) e MIT (Massachusetts Institute of Technology, ndr) mostrano un aspetto cruciale: più tempo si trascorre con i Chatbot, maggiore è il rischio di solitudine, dipendenza emotiva, riduzione delle interazioni sociali reali. È un segnale particolarmente rilevante per i minorenni, per i quali la socializzazione offline è un pilastro dello sviluppo. In questo contesto si inserisce la decisione di character.ai (piattaforma di chatbot che utilizza l’AI per creare personaggi virtuali, ndr) di bloccare l’accesso ai minorenni dopo diverse azioni legali che denunciavano casi di suicidio e di grave impatto psicologico», commenta Luca Bernardelli, psicologo sociale. Dal dibattito è emerso che l’attenzione non deve però essere concentrata solo sui ragazzi, ma sull’intero ecosistema che ruota intorno a loro. «C’è una diffusa normalizzazione del rischio e la distanza crescente tra la velocità della tecnologia e la capacità delle famiglie e della scuola di stare al passo. Non basta vietare, non basta controllare. Serve educare», dice Marco Valerio Cervellini, responsabile della Divisione Formazione dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale.