repubblica.it, 18 novembre 2025
Come se la passano Tinder e le altre app di dating?
Che fine hanno fatto Tinder, Grindr e le altre piattaforme di incontri, di dating per dirla all’inglese? La domanda mi è venuta qualche sera fa quando in tv mi sono imbattuto in una trasmissione che ne discuteva. Titolo della puntata: “App di dating, tutti le usano, pochi lo ammettono”. Tutti. Le. Usano. È davvero così?
Era il 2012 quando la primissima versione di Tinder, applicazione rivoluzionaria nel suo genere, venne lanciata. E, all’interno dello scorso decennio, fu un successo straordinario e internazionale. Divenne un fenomeno di costume per il modo di scorrere i profili degli altri utenti (swipe) al fine di trovare (match) quello più interessante e in linea con i propri gusti.
A più di dieci anni di distanza, possiamo parlare ancora di successo? Prima di vedere qualche numero per capirne di più, è bene ricordare che in questo lasso di tempo sono successe tante cose che hanno influito, direttamente o meno, sulla sorte di queste app (in molti hanno copiato il modello di Tinder): dal Covid alla nascita del movimento MeToo, dalle critiche nei confronti delle piattaforme di incontri – colpevoli di favorire la sessualizzazione del corpo – alla nascita di altri servizi come OnlyFans, fino all’ingresso di funzioni di messaggistica diretta dentro social network come Instagram che così diventano in parte concorrenti delle app di cui stiamo parlando.
Il panorama, insomma, è cambiato parecchio. E, dati alla mano, con impatti significativi per le aziende che operano in questo mercato. Il colosso del settore è Match Group che controlla, tra gli altri, Tinder e Hinge, un’app che si propone di far trovare l’anima gemella e non solo un’avventura sessuale. Negli ultimi cinque anni Match ha perso gran parte del suo valore: dal 2020 a oggi il prezzo per azione è passato da 177 dollari a 33, cioè -82%. Nel terzo trimestre di quest’anno i ricavi di Tinder (505 milioni di dollari) hanno registrato un calo del 2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno; e gli utenti paganti sono scesi del 7% a 9,3 milioni. L’unico segnale positivo è il ricavo per utente pagante: 17,66 dollari, +5%. In sostanza, chi resta, paga di più. Ma restano in meno.
Bumble è invece un’app che, a differenza degli altri servizi di incontri, offre una tutela maggiore per le donne: solo loro possono avviare il primo contatto con utenti uomini. Nel terzo trimestre 2025, i ricavi sono passati a 246 milioni di dollari, 10% in meno rispetto all’anno scorso. E i suoi utenti paganti sono oggi circa 3,6 milioni, in calo del 16%. Numeri che hanno portato a centinaia di licenziamenti nell’omonima azienda che la gestisce.
Infine, Grindr, la più grande app di incontri al mondo rivolta a un pubblico “gay, bisessuale, trans e queer” vale oggi un quinto dei suoi massimi storici.
“Il boom dell’amore digitale si è trasformato in un caso di studio su come un settore possa bruciare valore pur restando centrale nella cultura contemporanea”, commenta Gabriel Debach, analista di mercato di eToro, una società di investimenti.
In generale chi usava le app di dating all’inizio ci passava in media 100 minuti al giorno: oggi, secondo un sondaggio di Forbes, siamo intorno ai 50 minuti. Non solo: l’80% dei Millennial, i nati dall’inizio degli anni Ottanta a metà di quelli Novanta che sono i maggiori utilizzatori di piattaforme di incontri, ha dichiarato di essere stufo di questo genere di app.
Il calo è avvenuto a partire dal 2022, da quando, terminata la crisi pandemica, è emersa quella che gli addetti ai lavori chiamano swipe fatigue, la stanchezza da scorrimento infinito. Così, stando sempre a un’analisi di eToro, “il boom di utenti si è esaurito, i costi per acquisirne di nuovi sono esplosi, e il tasso di abbandono è diventato il vero nemico. La crescita è passata da organica a forzata, guidata da pubblicità e sconti, con impatti diretti sui margini”.
Nel frattempo, la generazione successiva ai Millennial, la Gen Z ha iniziato a rifiutare l’idea di conoscersi attraverso uno swipe, ritenendola vuota e impersonale.
Per correre ai ripari molte aziende del settore stanno annunciando il ricorso a soluzioni di intelligenza artificiale per rendere le app più coinvolgenti ed efficaci. Ma l’impressione è che sia solo una trovata di marketing, tipica del periodo che stiamo vivendo. Nel quale comunicare che si userà una spolverata di IA per cambiare le sorti di business in crisi, non risolve mai la situazione.