corriere.it, 18 novembre 2025
La Torino del 1700 e quei messaggi cuciti nelle cuffiette dei bimbi abbandonati: «Non lavoro, prendetevi cura di lei. Tornerò a prenderla»
«Confesso io sottoscritta d’aver allevato una piccola fanciulla degna di quest’Opera addì 3 aprile 1788». «Il Cerusico Fissor consegna il presente Figlio, nato in questo giorno, non hà avuto alcun Battesimo. Torino li 16 aprile 1788. Si prega di metterle nome Gioanni Batta Degiacomo». «In fede Io sottoscritto d’aver fatto battezzare Giuseppe Nicola Ardito N. quale speriamo frà anni quatro di tornarlo avere se l’Altissimo Iddio lo lascia al Mondo» (Torino 7 febbraio 1793). Lettere arrangiate, parole stentate su pezzi di carta lasciati insieme a piccoli segni di riconoscimento, una mezza moneta, un bracciale, oggetti votivi. Migliaia di messaggi trascritti nei registri dell’ospedale Maggiore di San Giovanni di Torino e che nel decennio 1736/45 hanno accompagnato altrettanti bambini, anche piccolissimi, nati da relazioni illegittime, da madri nubili o troppo povere per allevarli. Epistolari di un mondo dove anche un figlio poteva essere un lusso.
Torino città di grandi squilibri sociali
È il XVIII secolo. Torino è di moda. È una tappa per i viaggiatori da e verso la Francia, apprezzata per la sua simmetria regale, per la bellezza elegante dei suoi palazzi. Scrive Montesquieu nel 1728: «Arrivai a Torino il 23 aprile 1728. È una città ridente, piccola. Le parti aggiunte alla Città sembrano veramente tirate con la squadra. La piazza principale è una delle cose più belle che si possano vedere: vi si affacciano il Palazzo del Re e molte belle case di privati». Ma è anche una città di grandi squilibri sociali, in cui vive una umanità spesso sfruttata e senza diritti, che stenta a sopravvivere. Le case di mendicità non riescono a sostenere tutta la miseria che vi alligna e una bocca di più in una famiglia può essere troppo, tanto.
I bambini esposti e «i messaggi dell’abbandono»
Gli archivi dell’ospedale cittadino riflettono l’aumento degli abbandoni che passano da una media di 211 all’anno tra 1736/45 a una media di 322 tra 1788/1800. Bambini esposti e accompagnati da quelli che Franca Doriguzzi ha chiamato «i messaggi dell’abbandono»: un nome, l’età, la speranza di poterli recuperare. L’ospedale è un punto riferimento per lasciarli, così pure la ruota degli esposti perché riduce i rischi di una notte all’addiaccio. E poi la chiesa, una bottega, l’osteria, purché luoghi pubblici, davanti a cui passi qualcuno.
Non solo bambini orfani
Limenio, di 2 mesi, è abbandonato il 30 dicembre 1788 «nell’osteria coll’Insegna della Montagna», Fabiano, un anno, è lasciato «nella Portina del Signor Marchese di Rivarolo», il 9 novembre 1788. Non sempre sono bambini orfani. Anna Maria, per esempio, esposta il 29 dicembre 1793, una mamma ce l’ha. Però. «AnnaMaria figlia di legitimo matrimonio nativa della presente Città, d’età di mesi 18 con cuffioto di moela bleu e canella guarnito di garza bianca, ed altro cuffioto di sempiterna bianca e bleu, la veste Calanca piccato di color bleu con bochetti bianchi, e calzetti di bombace, uno nuovo e l’altro logoro, con piccol fassoletto sul collo bianco con riga rossa, ed al collo un giro di coralli falsi verdi e bianchi, capelli biondi, occhi negri, naso schiaciato, bianca di pelle, si prega questo Venerando Spedale Maggiore i farla passare allo Spedale di Carità, essendo astretta di ciò fare per essere abbandonata da mio marito, ed io priva di lavoro per sostenere me e la figlia la quale non ha più bisogno di latte».
I messaggi cuciti nelle cuffiette
Messaggi cuciti nelle cuffiette, congegnati per essere una prova, negli anni, «ritagliati in modo da poter essere incastrati nella parte che veniva conservata dal genitore come segno di riconoscimento». È così per Cattarina, esposta il 26 novembre 1788, «qual biglietto trovasi festonato in tre parti con due buchi in mezzo d’esso (ed il padre tiene un riscontro simile a questo in sue mani)».
Gli abbandoni nelle ore scure della sera
Le ore dell’abbandono sono quelle scure della sera. «È stata esposta di notte sù la porta alle h. 10 di Francia una figlia», 30 giugno 1739, Torino; «Si rimette il figlio alle ore 11 di notte del 22 del mese di Gennajo 1782».
E non sono solo infanti, perché a volte le difficoltà arrivano dopo. Il 18 gennaio 1792 «la Povera Orsola priva d’anni due circa di sua defonta madre, è abbandonata da suo padre a motivo delle gravi miserie che patisce, e senza travaglio, è costretto a partirsi da Torino». Così Anna Felicita: «Un anno, esposta il 13 aprile 1782 perché si ritrova il padre e la madre all’estrema necessità carico di altri figliuoli».
Quei bambini con una disabilità
E poi ci sono le disabilità. Iatture vere in un mondo che le considera un problema. Così Giuseppe – racconta Doriguzzi – è abbandonato il 23 maggio 1788, perché «Stroppio nelli due Ginocchia», Apollonia perché è muta, Lucia di 10 anni, è affidata all’ospedale il 15 novembre perché è «mutola, e stroppia con il gavasso». L’attenzione per l’anima supera quella per la sopravvivenza, anche nei biglietti più umili. «Alé né batezà (3 marzo 1791)», «Le batesata (7 agosto 1791)», «Io lo prego di usare quella carità di battezzarlo (24 gennaio 1788)», un comportamento – scrive Carlo Corsini – pienamente rispondente al modello ideale proposto e richiesto dalla morale del tempo».
La speranza un giorno di poterli riabbracciare
Su tutto, la speranza di poterli ritrovare, pregando che non venga cambiato loro il nome. «Il presente bambino è battezzato, onde restano pregati di imporli il nome Luigi Patria a fine di poterlo riconoscere quanto si verrà a riprendere, il che si farà al più presto che si potrà e l’ospedale sarà largamente ricompensato. Febbraio 1791». Ancora: «Mi farà piacere di ritirare questa filia. Io spero Iddio di venirla prendere al più presto, e quella Baila che la terrà sarà ricompensata e anche li bajlaggi di questo Spedale, tenetela di conto, Io prego Iddio per tutti, non cambiate il nome per poterla ritrovare perché il suo nome è Carlotta, Dio Carlotta mi fa un gran dispiacere! Dio Cara Carlotta! Torino, 21 novembre 1793».