corriere.it, 18 novembre 2025
Stefano Bettarini: «Non devo lavorare, ho investito e mi godo la vita. Dicevano che ero troppo bello per fare il calciatore, ho lasciato Milano dopo una rapina da 50.000 euro»
«Non ho bisogno di lavorare, ho saputo investire nel mattone e mi godo la vita». «Le partite di calcio? Le guardo senza audio perché certe telecronache e commenti non li sopporto». «La tv? La facevo quando gli ascolti erano veramente alti e non ho più voglia di essere usato». Stefano Bettarini a 53 anni rimane uno che regala titoli quasi a ogni frase. Tipo questa: «Dicevano che ero troppo bello per fare il calciatore». O quando racconta di aver lasciato Milano nel 2015 «dopo la seconda rapina che ho subito in poche settimane, se non era sicura in quegli anni figuriamoci adesso».
Oggi il difensore romagnolo vive a Viareggio con la compagna Nicoletta Larini, più giovane di lui di 22 anni (figlia dell’ex pilota di Formula Uno, Nicola Larini). Ma glissa sulle domande di vita privata, d’altronde ha già spiegato in altre occasioni «Abbiamo messo a tacere i gufi. Ci dicevano che saremmo durati sei mesi, stiamo insieme da otto anni. È un dono».
Mentre con l’ex moglie Simona Ventura conferma di aver mantenuto «buoni rapporti, i figli (Niccolò e Giacomo, 27 e 25 anni ndr) ormai sono grandi e non dobbiamo più fare la famiglia allargata» dopo aver raccontato di aver scoperto dei suoi tradimenti.
Scomparso dai riflettori da un po’, dopo il bagno di popolarità dei campi di calcio e delle numerose apparizioni televisive. Volto notissimo dei reality, dal «Grande Fratello Vip» a «L’Isola dei Famosi» e «Temptation Island Vip», Bettarini spiega che il calcio e la televisione non gli mancano.
Bettarini come descriverebbe questo momento della sua vita?
«Posso ritenermi più che soddisfatto per essere arrivato a giocare per 17 anni tra i professionisti negli anni in cui esistevano “mostri veri” in Serie A e B. E poi essermi divertito nelle mirabolanti avventure del mondo televisivo e dello spettacolo per altri 17 anni quando ancora la tv veniva guardata davvero facendo ascolti in termini di share al 32%, ben lontani dalla tv odierna a cui ci hanno ormai abituato. Come descrivo quindi questo mio momento? Mi godo ciò che negli anni ho seminato e mi diverto tanto. Non mi stancherò mai di questo».
A quali progetti sta lavorando?
«Sarò sincero, l’unico vero progetto, il più importante che mi preme seguire è mia madre e fare sì che possa stare al meglio possibile, il resto, è solo un contorno in questo momento. Anche se, qualcosa che bolle in pentola c’è sempre, ma ripeto la priorità adesso è la mia mamma (nel dicembre 2024 è venuto a mancare il padre Mauro Bettarini, ndr)».
«Secondo alcuni dirigenti del calcio ero troppo bello per fare il calciatore», frase detta in una recente intervista alla Gazzetta dello Sport. Ce la spieghi.
«Non c’è molto da spiegare, quando nel lontano ‘96 (ero alla Fiorentina ) feci una sfilata a Milano per Carlo Pignatelli, il mondo del calcio e degli addetti ai lavori ne dissero di tutti i colori, diedero spazio a qualunque fantasia. Oggi le società di calcio sono le prime ad acquisire diritti di immagine ed utilizzano i calciatori per pubblicità e tutto il resto. E allora io mi chiedo, tutta quella diffidenza e quell’additare un uomo che fine hanno fatto?».
«Oggi non lavoro e mi godo la vita», il copyright è sempre il suo. Conferma?
«Fossi stato più diplomatico e favorevole agli inchini sarei ancora nel calcio ma ancora di più in tv, ma “Quello che ho in pancia ho in bocca” si dice dalle mie parti e questo non me lo toglierà dalla testa nessuno. Molti mi stimano ancora per essere “dannatamente vero”. Potrei rispondere alla domanda “curo i miei interessi”. La mia voleva però essere una provocazione alle domande troppo spesso scontate e poco interessanti».
Lei ha anche confessato di aver saputo investire nel mattone. Saper gestire un patrimonio è un mestiere. Ci sono stati anche dei buchi nell’acqua puntando ad affari che si sono rivelati dei flop o è sempre stato avveduto?
«Come ogni imprenditore il rischio c’è e anch’io ho fatto le mie sciocchezze, però è tutta esperienza che aiuta migliorare e non ripetersi negli errori. Diffidate da chi dice di non farne mai. È un bugiardo».
Pensa di rientrare in qualche modo nel mondo del calcio? E in quale ruolo? Commentatore?
«Mai dire mai nella vita, sarei ipocrita a dire che non mi farebbe piacere, ma visti i palinsesti ed i piani editoriali, la vedo molto improbabile come possibilità. Il ruolo in cui mi vedo sarebbe quello dell’opinionista, il co-conduttore, anche l’inviato, conservo ottimi ricordi delle mie esperienze pregresse».
Molti suoi ex colleghi fanno i commentatori, addirittura la spalla tecnica ai telecronisti. C’è qualcuno che le piace di più?
«Francamente e ad essere onesto, quando guardo le partite, abitualmente tolgo l’audio, proprio perché trovo che qualcuno sia insopportabile, ripeto qualcuno. Di altri ho molta stima ma non trovo carino né elegante fare i nomi. Credo tra l’altro questa mia stessa impressione la abbiano in tanti, tra addetti ai lavori e non».
Cosa pensa dei commenti che aveva scatenato il «pranzo al sacco di Adani»?
«No comment. Non è affar mio e nemmeno mi interessa francamente».
Anche secondo lei il livello tecnico del calcio si è molto abbassato rispetto agli anni Novanta-primi anni Duemila?
«Il calcio a volte lo seguo e a volte lo guardo ma molto meno rispetto ad una volta, anche perché come dice la domanda stessa, il livello non è così eclatante. Resta comunque il mio primo amore e non posso stare senza. Siamo stati compagni nella vita per diversi decenni, abbiamo camminato insieme, non volterò mai le spalle al calcio».
Oggi Bettarini dove giocherebbe?
«Non lo so! Sicuramente in una grande squadra, quella che oggi viene definita una big».
Qual è stato il presidente con il quale ha avuto il miglior rapporto e con chi invece non è mai scattata la scintilla?
«Ho avuto con tutti i presidenti buoni ed anche ottimi rapporti. La motivazione è semplice, loro erano i primi ad essersi innamorati di Stefano Bettarini sia come calciatore che come uomo. Conciliare il rapporto personale e professionale non era facile, eppure è andata così. Ero un professionista e un tempo venivi scelto per quello che dimostravi sul rettangolo verde negli anni e non certo preso come fanno oggi con algoritmi».
Zamparini, Cellino, Cecchi Gori...Ha avuto a che fare con personalità complesse. Ma è vera la storia del mago di Zamparini e del rito con un etto di rognone sul petto per scacciare il malocchio?
«Si è vero, Zamparini aveva un mago che si occupava di lui e di tutta la squadra, che gli diceva chi far giocare e cosa dovesse fare ogni giocatore. Chiedere a Cesare Prandelli, allora allenatore, ricordo che spesso ci guardavamo per poi ridere chiassosamente».
Altri aneddoti?
«Uno mi balza alla memoria, era l’anno in cui Zamparini comprò il Palermo e trasferì tutti giocatori dal Venezia al Palermo. Ma io rifiutai! Rischiando di smettere di giocare ed ignaro di cosa mi potesse accadere perché il mercato stava chiudendo ed infatti a stretto giro chiuse davvero. Per fortuna riaprì per qualche ora perché alcuni trasferimenti non si erano conclusi, per cui poi Marotta, riuscì a portarmi alla Sampdoria. Zamparini aveva capito che con Bettarini le forzature non funzionavano e che in tutto questo aveva perso anche soldi ed il valore del giocatore stesso».
Ex calciatori che ritiene amici?
«Con il tempo e l’esperienza ho imparato che il calcio così come lo spettacolo fatica ad avere amici veri. Si hanno amici di comodo, ho personalmente un concetto di amicizia un po’ diverso grazie a Dio».
Anche gli allenatori la consideravano poco professionale a causa del suo clamore fuori dal campo?
«Ho avuto molti allenatori nel mio trascorso da giocatore. Mazzone, Malesani, Prandelli, Spalletti, Trapattoni, Orrico, Scoglio, Fascetti, Bolchi, Novellino e tutti sono sempre stati prima uomini che allenatori, valutavano e vedevano quotidianamente quello che il singolo dimostrava in campo, dopodiché facevano le loro valutazioni».
Chi l’ha aiutata di più e chi invece l’ha ostacolata?
«Tutti gli allenatori che ho avuto mi hanno aiutato a diventare il giocatore che sono diventato, chi per un verso chi per un altro, cercando di evidenziare i pregi ed andando a limare ed a plasmare i difetti o le mancanze».
Lei e Simona Ventura ben prima della coppia Totti-Blasi avevate affermato l’immagine del calciatore e della donna di spettacolo nella nuova era in Italia. Come andarono le cose? Anche per voi fu complicato gestire la relazione prima e dopo il matrimonio?
«Allora non c’erano i social media ma solo i giornali e chi li sapeva gestire al meglio, in quanto proprietario del mezzo (gossip) ne usciva al meglio».
Reality e tv l’hanno stancata?
«Ciò che mi ha stancato è “essere usato” per certi meccanismi».
Tornerebbe per qualche programma?
«Solo per parlare di calcio. È la mia risposta definitiva (ride, ndr)».
Appartiene alla nuova generazione di cinquantenni che si tengono in gran forma. In estate hanno creato molto seguito delle foto di Stefano Accorsi (54 anni) a petto nudo. Che stile di vita adotta?
«Non seguo diete particolari, credo che si debba mangiare un po’ di tutto nelle giuste quantità e fare sport per il tempo che una persona ha a propria disposizione».
In passato è finito sotto i riflettori per due vicende legate alla giustizia. Un’indagine nei suoi confronti per il calcioscommesse e poi la drammatica aggressione nei confronti di suo figlio.
«Nella prima vicenda alla quale fa riferimento sono stato coinvolto e squalificato per omessa denuncia dalla giustizia sportiva. In pratica avrei dovuto denunciare un mio ex compagno avversario per qualcosa che non è mai avvenuto, perché non avevano né intercettazioni né messaggi dove provare quanto sostenuto. Perché nella giustizia sportiva basta il sospetto per condannarti, non come quella ordinaria dove puoi difenderti e basarti su prove reali ed esistenti. Morale: a mio avviso, una grande buffonata. Sono stato assolto per non aver commesso il fatto. E purtroppo furono molto bravi i giornali a pompare notizie e accuse quando mi indagarono ma molto meno quando venni assolto. Una volta scagionato sono usciti dei trafiletti».
L’1 luglio 2018 suo figlio Niccolò venne accoltellato fuori dalla discoteca Old Fashion di Milano. Per i quattro imputati condanne definitive dai 5 agli 8 anni. Uno gli disse «Ti ho riconosciuto, sei il figlio di Bettarini, ti ammazziamo».
«Dico solo che sono disgustato della giustizia e che se quegli “animali” sono liberi dopo che hanno preso tentato omicidio con 13 coltellate non mi sorprende il mondo e la direzione che sta prendendo. Pare purtroppo che in Italia, venga permesso tutto».
Come vive suo figlio dopo quell’episodio?
«Con tanta rabbia, come può vivere un essere umano dopo tanta violenza subita e non punita».
Pensare alla violenza di quella vicenda e nella società di oggi la preoccupa in relazione a quello che può succedere a lei, ai suoi figli e magari un giorno a dei nipoti?
«Ho lasciato Milano nel 2015 definitamente dopo la seconda aggressione per rapina di un orologio che avevo subito. La prima in pieno centro, corso Garibaldi, stavo andando da un’amica e due individui con pistole e incappucciati hanno provato a rapinarmi senza riuscirci ma rischiai grosso. Ne uscii fortunatamente con qualche escoriazione e basta. La seconda uscendo dal garage di casa, stavo andando a Mediaset per partecipare a un programma di Federica Panicucci. Con la classica botta allo specchietto mi rapinarono portandomi via un orologio Rolex Daytona in platino dal valore di 50.000 euro. Da lì il mio cambio di vita, il trasferimento, per me Milano non era più una città sicura. Ci sono tornato solo per toccate e fughe e per lavori sporadici, non era una città sicura in quegli anni, figuriamoci adesso».