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 2025  novembre 16 Domenica calendario

Barriere stradali vecchie e inadeguate. Le auto oggi sono molto più pesanti

Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ogni anno nel mondo fino a 50 milioni di persone restano ferite in occasioni di incidenti stradali e circa 1,2 milioni perdono la vita. Il modo più utile per ricordarle è affrontare le cause strutturali che rendono ancora troppo alto il numero delle vittime. Molti incidenti infatti dipendono (o sono resi più gravi) anche dalle infrastrutture inadeguate tra le quali ci muoviamo.
Le barriere stradali di sicurezza oggi in esercizio sulle nostre strade sono state progettate in gran parte negli anni ’90, quando le auto pesavano in media circa 1.200 chili. Oggi Suv e veicoli elettrici superano spesso i 1.800 chili, ma il quadro normativo resta fermo all’ultima revisione delle norme sulle barriere che risale al Decreto ministeriale 223 del 1992. In caso di urto con Suv o auto elettriche, dunque, la capacità di contenimento delle barriere può risultare gravemente compromessa.
Se distrazione, velocità e mancato rispetto della precedenza sono le principali cause d’incidente nel nostro Paese (37,8% dell’incidentalità totale con 85.339 sinistri nel 2024), sta emergendo sempre più chiaramente come la progettazione e lo stato dell’infrastruttura stradale giochino un ruolo fondamentale nel prevenire o causare questi eventi, così come nel ridurne o peggiorarne gli esiti. Lo confermano i dati sulla fuoriuscita/ sbandamento del veicolo, con 13.037 casi nel 2024, di cui 506 mortali (+2,6% rispetto al 2023) e l’urto di veicoli isolati contro ostacoli non protetti presenti sulla carreggiata che, solo lo scorso anno, ha causato 11.041 sinistri, 378 mortali (+7%).

A fine 2024, Ansfisa, l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, ha emesso una circolare diretta ad Anas, Regioni, Province e Comuni per avviare il censimento delle barriere stradali e definire le priorità di intervento, in linea con le linee guida del ministero delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili, che fissano scadenze fino al 2026. Le norme attuali però non obbligano alla loro sostituzione, creando un vuoto normativo che espone gestori e automobilisti a rischi concreti.
«Le barriere che oggi troviamo sulle nostre strade sono state pensate per veicoli molto più leggeri – commenta Ottavia Calamani, ceo di Aisco, azienda italiana che si occupa di sperimentazione, certificazione e innovazione dei sistemi di sicurezza stradale e infrastrutturale –. È come se avessimo aggiornato tutto, dai motori all’elettronica, ma avessimo lasciato indietro ciò che deve salvare le vite quando la tecnologia non basta. Le normative in vigore da più di trent’anni non sono state adeguate ai cambiamenti avvenuti nel traffico delle strade europee né alle prestazioni e alle caratteristiche dei veicoli moderni. Servono nuovi standard e strumenti digitali per censire e monitorare in modo continuo lo stato reale delle infrastrutture».
Roberto Impero, esperto internazionale di sicurezza stradale e amministratore delegato di Sma Road Safety, realtà napoletana che progetta e produce in Italia dispositivi salvavita di ultima generazione, esportati in oltre 50 Paesi nel mondo, individua tre pilastri fondamentali per invertire la rotta verso strade più sicure. «La sicurezza stradale – spiega Impero – non può più limitarsi a riparare i danni: deve prevenirli. Le nuove tecnologie ci consentono oggi di monitorare in tempo reale lo stato delle infrastrutture e intervenire prima che un problema diventi una tragedia. È necessario investire in sistemi intelligenti, in grado di dialogare con i veicoli e segnalare criticità, così da trasformare la manutenzione delle infrastrutture stradali in una pratica predittiva e non più reattiva».
Altro punto fermo: la responsabilità collettiva e la cultura della sicurezza. «La sicurezza stradale non può essere delegata: è una responsabilità collettiva. Dobbiamo promuovere una cultura condivisa che coinvolga progettisti, gestori, amministrazioni e cittadini. Ogni tratto di strada deve essere pensato per salvare vite, non solo per collegare luoghi. L’Italia ha tutte le competenze per diventare un modello di sicurezza stradale avanzata, ma serve un impegno corale e costante per tradurre la conoscenza in azione concreta», spiega Impero.
Infine, occorre una visione strategica e un piano di investimenti: «Oggi abbiamo bisogno di una strategia nazionale che metta al centro la sicurezza stradale come priorità infrastrutturale, economica e sociale. Gli investimenti in manutenzione e ammodernamento tecnologico delle strade – conclude l’esperto – non sono un costo, ma un moltiplicatore di valore e di vite salvate. Se vogliamo davvero avvicinarci all’obiettivo europeo “Vision Zero”, dobbiamo considerare la sicurezza come un indicatore di progresso del Paese. Sarebbe buona cosa partire da una mappatura puntuale dei punti stradali più pericolosi, stilando una graduatoria degli interventi più urgenti. In questo modo le amministrazioni e ai gestori avrebbero modo di dilazionare gli interventi nel tempo e distribuire le risorse necessarie in modo efficiente».