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 2025  novembre 16 Domenica calendario

Gratteri "recidivo" della fake. Su Falcone sbaglia di nuovo

Cosa c’è di peggio di un magistrato che sbaglia? Uno che sbaglia, non lo ammette, scarica la colpa su altri e poi sbaglia ancora.
Sembra incredibile ma è la fedele fotografia dell’ultima settimana di Nicola Gratteri. Prima la bufala – letta in diretta tv su La7 da Floris – su Falcone e la sua contrarietà alla separazione delle carriere. Poi la toppa peggiore del buco con tanto di scarico della colpa: “Me l’hanno mandata persone serie e autorevoli dell’informazione, me l’hanno riportata come autentica e io l’ho letta”. Ora, invece di cospargersi il capo di cenere come hanno fatto Repubblica, Marco Travaglio e Peter Gomez, ecco che il procuratore di Napoli si esibisce in un altro capolavoro.
"Il senso delle mie parole è stato frainteso e strumentalizzato. Generalmente non mi piace tirare in ballo chi non c’è più, soprattutto se si tratta di uomini di grande spessore culturale e giuridico”, ha affermato il procuratore. Ma qui sorge subito spontanea una domanda: ma se non è di suo gradimento tirare in ballo i morti, come mai ha letto una falsa intervista proprio di Falcone senza un minimo di verifica? Una scelta quantomeno avventata.

Non contento, Gratteri ha aggiunto un’altra gaffe invitando a rileggere quello che Falcone disse l’8 maggio del 1992 all’Istituto Gonzaga dei Gesuiti di Palermo. E strumentalizzando in modo errato la seguente citazione: “Io credo che prima o poi si riconoscerà che non è possibile una meccanicistica separatezza, perché ciò determina grossi problemi di funzionamento e di raccordo”.
Peccato però che, come ha subito analizzato il Dubbio ripescando l’intervento integrale, Falcone facesse riferimento alla distinzione tra poteri dello Stato. Non solo: spiegava pure di essere stato attaccato per essersi espresso a favore della separazione delle carriere.
Ma Gratteri non si è nemmeno accorto che in quello stesso intervento il giudice assassinato dalla mafia affermava: “Il pubblico ministero è sì un organo giudiziario, ma, non essendo titolare della potestà di giudicare, neppure può dirsi giudice in senso tecnico () Il pm deve avere un tipo di regolamentazione differente da quella del giudice, non necessariamente separata. E ciò non per assoggettarlo all’esecutivo, come si afferma, ma al contrario per esaltarne l’indipendenza e l’autonomia”. Insomma, un giudizio a favore della separazione delle carriere.
Se non bastasse, per venire in soccorso di Gratteri, aggiungiamo che nel libro “Interventi e proposte, 1982-1992”, edito da Sansoni con la Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, il giudice scriveva: “Ho la faticosa consapevolezza che la regolamentazione della carriera dei magistrati del pubblico ministero non può più essere identica a quella dei magistrati giudicanti, diverse essendo le funzioni e, quindi, le attitudini, l’habitus mentale, le capacità professionali richieste: investigatore il pm, arbitro della controversia il giudice”. E, ancora, in un’intervista su Repubblica nel 1991, diceva: “Chi, come me, richiede che giudici e pm siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato”.

Ma Gratteri continua a pensare di aver ragione. E a dargli sostegno è arrivato pure Sigfrido Ranucci che ha scritto: “Basta attacchi a un grande magistrato e a un grande uomo come Nicola Gratteri () ha immediatamente condiviso quella frase che gli è stata inoltrata da altri per generosità, non per ingannare ma per condividere con il pubblico un concetto importante su una norma che rischia di minare l’indipendenza della magistratura”.
Un giornalista di inchiesta come il conduttore di Report che invece di indagare sui mandanti della bufala e capire chi siano (sarebbe anche questo servizio pubblico) difende colui che questa bufala l’ha diffusa per un presunto fine nobile di generosità e per informare il pubblico in merito alla sua opinione sulla separazione delle carriere. Adesso, speriamo solo che si lascino davvero in pace i morti.