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 2025  novembre 15 Sabato calendario

Sessant’anni fa abitavano il pianeta Terra tre miliardi di persone. I giornali, i governi, alcuni demografi e un miliardario (John D

Sessant’anni fa abitavano il pianeta Terra tre miliardi di persone. I giornali, i governi, alcuni demografi e un miliardario (John D. Rockefeller III) di molti Paesi discutevano con grande e allarmata concitazione della bomba demografica: siamo in troppi, dicevano. Oggi siamo 8 miliardi e giornali, governi, alcuni demografi e un miliardario (Musk) dicono: siamo troppo pochi.
«Nei decenni, le donne hanno capito che fare 5 figli a testa distruggeva il loro corpo, e questo ha, progressivamente, cambiato tutto», dice a La Stampa Alessandra Minello, demografa al dipartimento di Scienze Statistiche dell’università di Padova e autrice del saggio Senza figli (Laterza).
La salute delle donne e degli uomini entra di rado nelle considerazioni e analisi che si fanno, copiose e mai neutre, sempre intollerabilmente ideologiche e identitarie, sul calo demografico nei Paesi industrializzati (il calo, in verità, comincia a riguardare tutto il mondo, anche se con entità diverse, fatta eccezione per l’Africa subsahariana). E invece è importante, cruciale, e connessa al dato culturale, che più di tutti governa la grande ritrazione riproduttiva che chiamiamo inverno demografico e che, invece, Minello suggerisce di chiamare “letargo": non ci sveglieremo estinti, o scomparsi, come secondo Musk saranno presto gli italiani, ma diversi.
Come Musk sicuramente sa, avendone fatto uso anche per l’allargamento della sua famiglia, un numero crescente di bambini viene al mondo grazie alla fecondazione assistita, che include una vasta gamma di tecniche (dalla donazione di gameti maschili o femminili fino alla gestazione surrogata). Nel 2023 sono stati oltre 16mila i bambini nati vivi grazie alla fecondazione assistita, in crescita del 33,1 per cento rispetto ai 12mila del 2013. Nel 2023, il 38,2 per cento dei nati da Pma aveva una madre over 40. In quella fascia d’età, quasi 1 nato su 5 è frutto della Pma. L’età media delle donne che si sottopongono a Pma è elevata: oltre i 36 anni. L’infertilità è una delle questioni del nostro tempo. Ne parliamo perché la scienza medica è in grado di affrontarla, e talvolta risolverla, come mai era successo, ma anche perché non c’erano mai state così tante coppie infertili. Il tempo è il fattore che più di tutti, ancora, ci rende sterili. «Un numero insospettabile ma incredibile di donne ritiene ancora che si è fertili fintanto che non si va in menopausa, mentre la fertilità comincia a calare vertiginosamente molto prima», dice a La Stampa Chiara Gregori, ginecologa, sessuologa e divulgatrice. Per buona parte di quelle donne non c’è alternativa alla pma, che è costosa, a volte costosissima, e stressante, a volte traumatica. E nessuno sembra interessato a quanto una gravidanza o la ricerca di una gravidanza possano condizionare la natalità: «Ho da poco concluso uno studio sullo spostamento della maternità in età avanzata, e mi sono resa conto che cresce il numero di donne che, dopo il primo figlio, si ferma perché il parto, la gravidanza o anche solo il concepimento sono state esperienze terribili. Moltissime donne subiscono violenza ostetrica, molte altre sperimentano una condizione di abbandono sia durante la gravidanza che durante la maternità, e quasi nessuna riceve sostegno emotivo, meno che mai quando affronta un percorso di procreazione assistita, sebbene sia particolarmente provante», dice Minello. All’educazione sessuo-affettiva scolastica sarebbe quindi necessario accludere anche un paio di moduli sul ciclo biologico degli organi riproduttivi, su come e quando invecchiano e su come prendersene cura, così come sarebbe necessario che venissero previsti insegnamenti alla gestione, da soli o in coppia, del portato psico- emotivo della genitorialità.
«Notiamo – dice Minello – che nei forum in cui le donne si scambiano le proprie esperienze di Pma, non parlano mai dei loro compagni: il carico di quella esperienza sembra essere esclusivamente loro. Quasi nessuna coppia è in grado di gestire le paure e le ansie di un percorso di fertilità: più facilmente le paure di uno si sommano a quelle dell’altra».
Dall’altra parte, esiste un problema di medicalizzazione eccessiva della gravidanza (come di quasi tutto), che trova terreno nella «scarsa conoscenza del nostro corpo», di cui parla Gregori. «La figlia undicenne di una mia paziente ha chiesto a sua madre quando potrà cominciare ad andare dalla ginecologa e le ha spiegato di volerlo sapere perché lei, da grande, vuole avere dei figli. Ho pregato la mia paziente di dire a sua figlia che, quando verrà il momento di diventare madre, il suo corpo saprà come fare, e lo farà da solo». A quelle ragazze, però, Minello auspica che venga spiegato presto che esiste la possibilità di congelare i propri ovuli, così da potersi attardare nelle scelte riproduttive. Gregori è meno entusiasta: «La Regione Puglia dà 3mila euro alle ragazze che vogliono congelare gli ovuli ma nessuno ha specificato che potranno usarli solo se avranno un compagno, quindi come sempre la cosa migliore da fare è andare all’estero, e purtroppo alimentare il turismo riproduttivo, che è l’affare del secolo». Questo Paese chiede figli e pretende di prescrivere il modello unico a cui attenersi per farli.
A complicare il quadro che Musk e i fabbricanti di bonus fingono di non vedere, ci sono poi i fattori ambientali: lo stress, l’alimentazione, il riscaldamento globale sono una minaccia di sterilità non ancora quantificata ma presente e crescente. Il mese scorso il New York Times ha pubblicato l’articolo di una ricercatrice di Harvard, Shruthi Mahalingaiah, che da due anni stava conducendo uno studio su come il cambiamento climatico stia compromettendo la capacità riproduttiva delle donne e degli uomini, anche molto giovani, ma i tagli trumpiani l’hanno costretta a interrompere tutto. Dice Gregori: «Negli ultimi anni le ipotesi avanzate sul calo della fertilità maschile sono state diverse e spesso fantasiose: oggi però sappiamo che gli spermiogrammi vengono finalmente condotti e che l’infertilità viene indagata tanto negli uomini quanto nelle donne. Il problema è che le donne sanno di doversene prendere cura, gli uomini no. Le donne sanno che nutrire bene il microbiota serve anche alla salute riproduttiva, gli uomini no».
L’inverno demografico non si combatte, si accetta: come il corpo. E, come il corpo, si ascolta, in tutte le sue parti.